Rapporto Agromafie: nel 2018 +59% dei reati

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Fanno registrare un balzo del 59% nel 2018 le notizie di reato nel settore agroalimentare che si estendono ai principali comparti, dal biologico al vino, dall’olio all’ortofrutta, dalle conserve ai cereali: è quanto afferma la Coldiretti sulla base dei risultati operativi degli oltre 54.000 controlli effettuati dal Ispettorato Centrale Repressione Frodi (ICQRF) nel 2018, resi noti in occasione del sesto Rapporto Agromafie 2018 elaborato da Coldiretti, Eurispes e Osservatorio sulla criminalità nell’ agroalimentare.

I settori agroalimentari più colpiti da truffe e reati nel 2018 sono il vino con +75% nelle notizie di reato, la carne dove sono addirittura raddoppiate le frodi (+101%), le conserve con +78% e lo zucchero dove nell’arco di dodici mesi si è passati da zero e 36 episodi di frode.

Nell’ultimo anno sono stati sequestrati 17.600.000 chili di alimenti di vario tipo per un valore di € 34.000.000 con lo smantellamento di un’organizzazione fra Campania, Puglia, Emilia Romagna, Sicilia e Veneto che importava zucchero da Croazia, Isole Mauritius, Serbia e Slovenia e poi lo immetteva nei canali del mercato nero attraverso fatture false per rivenderlo a prezzi stracciati a imprenditori che lo usavano per adulterare il vino.

Più di un italiano su cinque (17%) è stato vittima di frodi alimentari nel 2018 con l’acquisto di cibi fasulli, avariati e alterati ed effetti anche sulla salute, secondo l’indagine Coldiretti dalla quale si evidenzia che ben l’88% dei cittadini nel momento di fare la spesa è preoccupato dell’idea che nei negozi ci siano in vendita prodotti alimentari pericolosi per la salute. Sotto accusa sono soprattutto i cibi low cost dietro ai quali spesso si nascondono ricette modificate, l’uso di ingredienti di minore qualità o metodi di produzione alternativi ma possono a volte mascherare anche vere e proprie illegalità, come è confermato dall’escalation dei sequestri.

Le difficoltà economiche hanno costretto molti italiani a tagliare la spesa alimentare e a preferire l’acquisto di alimenti più economici prodotti spesso a prezzi troppo bassi, che rischiano di avere un impatto sulla salute. L’agricoltura e l’alimentare sono infatti considerate aree prioritarie di investimento dalla malavita che ne comprende la strategicità in tempo di crisi perché del cibo, anche in tempi di difficoltà, nessuno potrà fare a meno, ma soprattutto perché consente di infiltrarsi in modo capillare nella società civile e condizionare la vita quotidiana della persone in termini economici e salutistici.

Di fronte al moltiplicarsi dei casi di frode e contraffazione alimentare più della metà italiani (51%) chiedono che venga sancita la sospensione dell’attività: come ha affermato il presidente Prandini: “E’ necessario che tutti i prodotti che entrano nei confini nazionali ed europei rispettino gli stessi criteri, garantendo che dietro gli alimenti, italiani e stranieri, in vendita sugli scaffali ci sia un analogo percorso di qualità che riguarda l’ambiente, il lavoro e la salute…

Oltre ad applicare l’indicazione d’origine su tutti i prodotti va anche tolto in Italia il segreto sui flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero per consentire interventi mirati in situazioni di emergenza anche sanitaria che si ripetono sempre più frequentemente”.

Infatti dai ristoranti al web per finire nei piatti di mezzo mondo, è allarme ‘mafia style’ per l’agroalimentare italiano con milioni di euro di giro d’affari generati dall’uso di nomi legati alla criminalità. Il ristorante parigino ‘Corleone’ di Lucia Riina a Parigi, la figlia del defunto boss è solo l’ultimo arrivato, ma nel mondo sono numerosi gli esempi di marketing legati alla mafia.

Oltre al caso eclatante della catena di ristoranti spagnoli ‘La Mafia’, che fa mangiare i clienti sotto i murales dei gangsters più sanguinari da Vito Cascio Ferro a Lucky Luciano, fino ad Al Capone, in tutto il mondo si trovano ristoranti e pizzerie ‘Cosa Nostra’ dal Messico a Sharm El Sheik, dal Minnesota alla Macedonia, mentre a Phuket in Thailandia c’è addirittura un servizio take-away. Ma nei diversi continenti ci sono anche i locali ‘Ai Mafiosi’, ‘Bella Mafia’ e ‘Mafia Pizza’.

Ma se dai bar e ristoranti si passa ai prodotti i nomi non cambiano. In Norvegia, ad esempio, sul sito della Tv pubblica il celebre cannolo siciliano è stato presentato come ‘Mafiakaker eller cannoli’, ossia ‘Il dolce della mafia, i cannoli’. In Bulgaria si beve il caffè ‘Mafiozzo’, stile italiano, invece gli snack ‘Chilli Mafia’ si possono comprare in Gran Bretagna, mentre in Germania si trovano le spezie ‘Palermo Mafia shooting’, a Bruxelles c’è la salsa ‘SauceMaffia’ per condire le patatine e la ‘SauceMaffioso’; mentre in America, nel Missouri, si vende la salsa ‘Wicked Cosa Nostra’.

In terra tedesca si beve anche il ‘Fernet Mafiosi’, con tanto di disegno di un padrino, mentre sul collarino della bottiglia è addirittura raffigurata una pistola, sotto la scritta ‘Stop!’. Ma c’è anche il vino Syrah ‘Il Padrino’ prodotto nella Santa Maria Valley California da Paul Late ‘For those who dare to feel’ (per quelli che osano sentirsi).

In complesso il volume d’affari complessivo annuale delle agromafie è salito ad € 24.500.000 con un balzo del 12,4% nell’ultimo anno con una crescita che sembra non risentire della stagnazione dell’economia italiana e internazionale, immune alle tensioni sul commercio mondiale e alle barriere circolazione delle merci e dei capitali.

Una rete criminale che si incrocia perfettamente con la filiera del cibo, dalla sua produzione al trasporto, dalla distribuzione alla vendita, con tutte le caratteristiche necessarie per attirare l’interesse di organizzazioni che abbandonano l’abito ‘militare’ per vestire il ‘doppiopetto’ e il ‘colletto bianco’, riuscendo così a scoprire e meglio gestire i vantaggi della globalizzazione, delle nuove tecnologie, dell’economia e della finanza tanto che ormai si può parlare ragionevolmente di mafia 3.0.

Le nuove leve mafiose in parte provengono dalle tradizionali ‘famiglie’ che hanno indirizzato figli, nipoti e parenti vari agli studi in prestigiose università italiane e internazionali e in parte sono il prodotto di una operazione di ‘arruolamento’, riccamente remunerato, di operatori sulle diverse piazze finanziarie del mondo.

Il risultato sono la moltiplicazione dei prezzi, che per l’ortofrutta arrivano a triplicare dal campo alla tavola, i pesanti danni di immagine per il Made in Italy in Italia e all’estero e i rischi per la salute con 399 allarmi alimentari, più di uno al giorno nel 2018 in Italia, secondo le elaborazioni della Coldiretti sui dati del Sistema di allerta rapido dell’Unione europea RASFF.

Senza trascurare le conseguenze sull’ambiente con le discariche abusive e le illegalità nella gestione dei rifiuti che fanno registrare oltre 30.000 ecoreati all’anno in Italia. Davanti a tali numeri il presidente Prandini ha concluso che la ‘battaglia’ contro le mafie deve essere combattuta anche a tavola:

“Le agromafie sono diventate molto più complesse e raffinate e non vanno più combattute solo a livello militare e di polizia ma vanno contrastate a tutti i livelli: dalla produzione alla distribuzione fino agli uffici dei colletti bianchi dove transitano i capitali da ripulire, garantendo al tempo stesso la sicurezza della salute dei consumatori troppo spesso messa a rischio da truffe e inganni solo per ragioni speculative…

Gli ottimi risultati dell’attività di contrasto confermano la necessità di tenere alta la guardia e di stringere le maglie ancora larghe della legislazione con la riforma dei reati in materia agroalimentare. L’innovazione tecnologica e i nuovi sistemi di produzione e distribuzione globali rendono ancora più pericolose le frodi agroalimentari che per questo vanno perseguite con un sistema punitivo più adeguato con l’approvazione delle proposte di riforma dei reati alimentari presentate dalla commissione presieduta da Giancarlo Caselli, presidente del comitato scientifico dell’Osservatorio Agromafie promosso dalla Coldiretti (www.coldiretti.it)”.

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