Torino: per mons. Nosiglia trasformare la fragilità in risorsa

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Sabato 17 novembre a Torino si è svolta l’Agorà del Sociale, che è un metodo di incontro, di lavoro, di alleanza trasversale per la costruzione del bene comune sostenuto dalla prospettiva del Vangelo, nato nel 2014 per volontà dell’arcivescovo, mons. Cesare Nosiglia.

Uno degli obiettivi principali consiste nel promuovere tra i diversi attori sociali ed ecclesiali la collaborazione, il dialogo, il confronto, la lettura e la condivisione dei problemi delle persone e dei territori, individuando strategie operative ed ottenendo una collaborazione nel formulare nuovi progetti di sviluppo e nell’attuare interventi.

Nel corso dell’anno l’Agorà ha coinvolto persone, territori, istituzioni, terzo settore, comunità… per un confronto su problematiche emergenti, risorse e servizi, nell’ottica della giustizia e della carità partendo da quattro aree tematiche: lotta alla povertà, lavoro e formazione, immigrazione, servizi sanitari e sociosanitari. Nel 2018 l’Agorà si è riunita in tre assemblee plenarie intermedie (17 aprile, 26 giugno e 24 ottobre), in cui i quattro gruppi si sono incontrati per elaborare una riflessione di ambito su quattro linee generali.

Per quanto riguarda l’ambito del ‘vivere’ il gruppo ha inteso la vita come centralità della persona, dignità, relazione, salute, spiritualità, cultura, presenza, reale accesso e fruibilità dei diritti, possibilità di esercitare la responsabilità, tridimensionalità della persona umana (psiche, soma e spirito).

Nell’ambito ‘abitare’ i componenti hanno pensato che l’obiettivo era quello di dare un senso alla terra e ai luoghi come ‘casa comune’; in questo senso l’abitare riguarda diritti, doveri, problemi e prospettive, inclusione e abilitazione alla vita insieme, protezione e promozione, luoghi, relazioni, servizi. Così il terzo ambito ha riflettuto sul tema del ‘promuovere’ per rendere protagonisti, riconoscere possibilità di autonomia, formare alla responsabilità, favorendo sempre dimensioni di interazione, presenza e coinvolgimento, centralità della persona umana.

Infine l’accompagnare ha riguardato il sostegno, l’auto-aiuto, il farsi carico e il prendersi cura, sostenendo una possibile autonomia possibile con l’obiettivo di apprendere dalle fragilità la possibile relazione tra comunità.

Nel saluto introduttivo mons. Nosiglia ha richiamato la lettera pastorale del card. Pellegrino ‘Camminare insieme’: “La povertà ci spinge a valorizzare tutte le nostre risorse; e oggi infatti siamo qui anche per scoprire come si riesca a trasformare in risorsa la fragilità delle persone, che è il nome vero della nostra povertà oggi.

Continuiamo a essere convinti che solo attraverso il lavoro si costruisce la piena dignità sociale di ogni persona, unica via per rendere anche la società degna di se stessa. Ma sappiamo bene che oggi il lavoro si conquista prima di tutto con una formazione di base qualificata, e con la consapevolezza che non possiamo più replicare gli stili di vita del passato.

Però siamo sicuri che è dal lavoro e dalla formazione, civile prima che professionale, che dobbiamo ricominciare; e che questo cammino ci deve vedere uniti, determinati, concordi. L’esperienza delle Agorà, i metodi confronto e di ascolto che abbiamo maturato sono un patrimonio che non andrebbe disperso”.

Dopo una giornata di confronto è stato lo stesso arcivescovo di Torino a trarre le conclusioni con l’invito a continuare a tessere reti: “La nostra città è uno spazio aperto. Per crescere, e non soltanto secondo gli indicatori economici più ovvi, ha bisogno di relazioni, di connessioni, di reti efficaci. E ha bisogno di generazioni nuove: gente nuova che arriva da fuori, giovani che crescono dentro.

Per questo dobbiamo portare avanti in modo coordinato una accoglienza che richiami chi cerca qui qualificazione professionale di livello, e insieme chi arriva magari con pochi mezzi da situazioni esistenziali difficili ma è ricco di iniziativa, motivato a migliorare la propria condizione economica come la propria posizione sociale”.

Ed ha introdotto il tema dell’accoglienza come metodo per comprendere che i problemi della città esistevano prima delle ondate migratorie: “L’accoglienza che chiediamo, l’accoglienza che pratichiamo come diocesi, non è un contributo a fondo perduto ma un investimento sul futuro della città intera. Ed è per la Chiesa una testimonianza indispensabile di carità, perché su quelle che il Vangelo chiama ‘opere di misericordia’ noi giochiamo il senso della nostra vita e della nostra presenza nella storia. La nostra città è anche una pagina bianca.

In questi anni abbiamo attivato, e a volte anche subìto, trasformazioni fondamentali nel tessuto urbano e nelle dinamiche economiche, demografiche e sociali. Oggi siamo alla soglia di un ‘progetto di futuro’ che abbiamo la possibilità di costruire insieme, con il metodo della condivisione e della responsabilità”.

Ed ha concluso ribadendo che c’è bisogno di welfare per lo sviluppo della città: “Il Welfare che l’Agorà ha messo al centro del proprio orizzonte è la parola che meglio di altre concentra e raccoglie ciò di cui abbiamo bisogno: si tratta infatti non solo di recuperare prospettive occupazionali, economiche e produttive soddisfacenti ma anche di individuare percorsi condivisi di giustizia e di solidarietà, con l’obiettivo, come è stato ricordato, di trasformare le nostre fragilità in ‘risorsa’ al servizio di tutti”.

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