La Chiesa è una presenza per servire

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E’ stato don Pino Alcamo, docente di Catechetica presso la Facoltà Teologica di Sicilia, a guidare la riflessione dei direttori degli Uffici regionale della Conferenza episcopale siciliana riuniti a Pergusa, insieme con il direttivo e i referenti diocesani della Commissione presbiterale siciliana.

L’obiettivo comune è quello di individuare un tema guida per il quinquennio da proporre ai vescovi di Sicilia. La relazione di don Alcamo ha avuto per titolo ‘Una presenza per servire. Convertitevi!: evangelizzazione, sinodalità, profezia’. Tutti concetti emersi all’unanimità dal dibattito dell’ultimo incontro del Consiglio regionale della Segreteria pastorale, in una riflessione che ha preso avvio dalla Lettera dei vescovi di Sicilia a 25 anni dall’appello di san Giovanni Paolo II ad Agrigento:

“Si può dire che questo grido è il frutto che scaturisce dalla celebrazione eucaristica, che Giovanni Paolo II condivide con l’assemblea che ha presieduto e, attraverso i mezzi di comunicazione, con il mondo intero. Dopo essersi nutrito del corpo di Cristo, invita coloro che tradiscono la loro fede, accanendosi contro i fratelli, a convertirsi, a scegliere la via del ritorno”.

Poi ha spiegato l’attualità della conversione: “Se la Chiesa è la prima destinataria del “Convertitevi!” non può indicare solo il non fare il male, sarebbe veramente poca cosa. Convertirsi, nella lettera dei nostri vescovi equivale, sì a prendere le distanze dal malaffare, ma soprattutto ad accogliere la santità di Dio nella propria vita. ‘Convertitevi’ è la traslitterazione del comando di Dio che attraversa tutta la Sacra Scrittura: ‘Siate santi perché io il Signore sono santo’.

I vescovi sollecitano le Chiese e in esse i cristiani, non solo a condannare le organizzazioni del malaffare e a denunciarle con coraggio profetico perché disumane e contro il Vangelo, ma ad individuare un sentiero ecclesiale che aiuti a vivere nella santità come presa di distanza dall’ingiustizia, come condivisione del dolore, come profezia da vivere dentro la storia, come progetto educativo ‘con una catechesi sistematica ed interattiva, il più possibile pratica e contestuale’.

‘Convertitevi!’ in questa accezione, significa ricentrare la vita ecclesiale su Dio, il tre volte santo. Evidentemente, assumere questo comando, ‘convertitevi!’, richiede innanzitutto una seria ed ampia verifica del modo come stiamo vivendo la nostra vita ecclesiale”.

E don Alcamo approfondisce ancor meglio il significato della conversione: “Convertirsi per porre la santità come meta della propria vita, dei singoli cristiani e di tutta la Chiesa. Potrebbe sembrare, a primo acchito, un invito scontato e generico ma, in verità non lo è, perché perdere l’essenziale, decentrarsi dal Vangelo, ridurre la vita di fede a qualcosa di intimistico e di spiritualistico oppure ad azioni da compiere, sono tentazioni sempre presenti dentro la vita della Chiesa.

A volte, il devozionismo spiritualistico o l’agitarsi con attività ed organizzazioni può essere come ‘fumo’ che nasconde la scelta di non volersi convertire, per cui l’invito dei Vescovi non solo non è scontato o generico, ma è attuale ed urgente, non più procrastinabile.

Nella continuità, la lettera dei Vescovi ‘Convertitevi!’ è una rilettura originale dell’intervento di Giovanni Paolo II, di cui si è fatto veramente interprete credibile il beato Pino Puglisi, tanto da poterlo assumere ed indicare come modello di vita pastorale e di santità vissuta nel quotidiano. Il suo essere veramente immerso nella realtà di Brancaccio e il suo stile evangelicamente povero, semplice, paziente, costante, lineare, le sue scelte educative sono oggi una provocazione per tutta la Chiesa siciliana, e non solo”.

Ed ha richiamato il valore della ‘Lettera a Diogneto: “L’esistenza della Chiesa è giustificata dunque in ragione dell’annuncio di salvezza che essa è chiamata a portare in ogni angolo della terra; nel DNA della Chiesa vi è questa missione inderogabile e totalizzante; una identità missionaria che permette di farsi prossimo anche nella vita sociale e politica.

La vita cristiana deve rendere visibile il volto di Cristo attraverso l’annuncio e l’esercizio della carità in questo mondo, che deve essere avvolto di tenerezza, compassione e misericordia. La consapevolezza di dover rendere visibile il volto di Cristo, fa maturare alla Chiesa la vocazione a vivere nella povertà; tra la Chiesa e la povertà esiste una relazione intrinseca: come Cristo si è fatto povero per arricchire l’umanità, così la Chiesa deve essere povera per far risplendere la ricchezza del Vangelo. La Chiesa è chiamata a testimoniare il Vangelo della misericordia agli uomini del nostro tempo, lasciando trasparire il volto di Cristo povero”.

Da ciò deriva un approccio ‘di vita’ per una pastorale nuova: “La pastorale, quindi, è la via ecclesiale che accompagna l’uomo ad incontrare Gesù Cristo, “Parola di vita”, misericordia fatta carne; una pastorale che coltiva la familiarità con la Parola di Dio, non per dimostrare Dio, bensì, per mostrare Dio.

Il fine ultimo della pastorale è mettere in comunione l’uomo storico, nella complessità della sua vita, con la Parola fatta carne e far maturare vincoli di fraternità tra gli uomini. Una idea di pastorale che è preoccupata di creare unità dentro la vita dell’uomo, attorno alla parola di vita che è Gesù Cristo.

L’azione pastorale, che inizia e sostiene alla vita cristiana, è impegno di tutta la comunità, non come realtà astratta a cui, in qualche modo, fare riferimento, ma, come luogo storico dove l’iniziazione avviene.

Questo richiede, da una parte, l’esigenza di una lettura coraggiosa dell’esistente ecclesiale e la capacità di attuare una vera verifica, cosa a cui non siamo abituati e su cui molto facilmente sorvoliamo; dall’altra, un ripensamento della nostra capacità, metodologica e linguistica, di annunciare il Vangelo per restare fedeli al mandato che abbiamo ricevuto; tutte le metodologie che vengono messe in atto devono essere non solo appropriate, ma anche inculturate e rispettose della fragilità dell’uomo”.

Quindi la Chiesa è un luogo di ‘connessione’: “Una Chiesa che si concepisce, quindi, come luogo di ‘connessione’ significativa tra le persone e con Dio, che offre una base per costruire rapporti veramente umani, aperti al trascendente, senza la pretesa di fare sempre discorsi completi e definitivi.

Dentro una società qualificata come ‘liquida e frammentata’, la Chiesa ha la consapevolezza di poter offrire, senza pretese e senza guerre, una ‘roccia’ su cui costruire la propria vita e le proprie relazioni con tutti gli altri uomini. Parafrasando una immagine biblica, la Chiesa ha la vocazione a spargere semi in tutti i luoghi e in tutti gli spazi possibili, non preoccupandosi né di quello che si perde, perché sa che il ‘seme’ ha una forza capace di produrre frutto al di là di ogni aspettativa e dove meno te lo aspetti; né di vedere i frutti maturi, perché sa che questi appartengono a Dio e sono per i tempi futuri”.

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