Papa Francesco saluta i giovani del Bangladesh

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Papa Francesco ha concluso il suo viaggio in Myanmar e Bangladesh con un incontro con i giovani, affermando che pregherà per la concordia del Paese. Ed ai giovani radunati nel campo sportivo del ‘Notre Dame College’ di Dhaka ha chiesto di lasciarsi guidare dallo Spirito di Dio, dicendo che ogni volta che incontra i giovani si sente ringiovanire.

Nel dialogo con i giovani il papa ha risposto alle loro domande: “La nostra vita non è senza direzione, ha uno scopo: Dio è come se avesse posizionato dentro di noi un software, che ci aiuta a discernere il suo programma divino e a rispondergli nella libertà. Ma, come ogni software, anch’esso necessita di essere costantemente aggiornato. Tenete aggiornato il vostro programma, prestando ascolto al Signore e accettando la sfida di fare la sua volontà”.

Rispondendo ad una domanda di Upasana il papa ha sottolineato lo spirito di avventura dei giovani: “I giovani sono sempre pronti a proiettarsi in avanti, a far accadere le cose e a rischiare. Vi incoraggio ad andare avanti con questo entusiasmo nelle circostanze buone e in quelle cattive. Andare avanti, specialmente in quei momenti nei quali vi sentite oppressi dai problemi e dalla tristezza e, guardandovi intorno, sembra che Dio non appaia all’orizzonte”.

Invece ad Anthony ha risposto che per viaggiare occorre sapienza: “Quando si passa dal viaggiare al girovagare senza meta, tutta la sapienza è persa! La sola cosa che ci orienta e ci fa andare avanti sul giusto sentiero è la sapienza, la sapienza che nasce dalla fede. Non è la falsa sapienza di questo mondo. E’ la sapienza che si intravede negli occhi dei genitori e dei nonni, che hanno posto la loro fiducia in Dio.

Come cristiani, possiamo vedere nei loro occhi la luce della presenza di Dio, la luce che hanno scoperto in Gesù, che è la sapienza stessa di Dio. Per ricevere questa sapienza dobbiamo guardare il mondo, le nostre situazioni, i nostri problemi, tutto con gli occhi di Dio. Riceviamo questa sapienza quando cominciamo a vedere le cose con gli occhi di Dio, ad ascoltare gli altri con gli orecchi di Dio, ad amare col cuore di Dio e a valutare le cose coi valori di Dio”.

In seguito il papa ha sottolineato il significato della cultura della felicità: “Una cultura che fa false promesse non può liberare, porta solo a un egoismo che riempie il cuore di oscurità e amarezza. La sapienza di Dio, invece, ci aiuta a sapere come accogliere e accettare coloro che agiscono e pensano diversamente da noi. E’ triste quando cominciamo a chiuderci nel nostro piccolo mondo e ci ripieghiamo su noi stessi. Allora facciamo nostro il principio del ‘come dico io o arrivederci’.

E questo è un cattivo principio: ‘O si fa come dico io o ciao, arrivederci’. Questo non aiuta. E quando usiamo questo principio rimaniamo intrappolati, chiusi in noi stessi. Quando un popolo, una religione o una società diventano un ‘piccolo mondo’, perdono il meglio che hanno e precipitano in una mentalità presuntuosa, quella dell’ ‘io sono buono, tu sei cattivo’…

La sapienza di Dio ci apre agli altri. Ci aiuta a guardare oltre le nostre comodità personali e le false sicurezze che ci fanno diventare ciechi davanti ai grandi ideali che rendono la vita più bella e degna di esser vissuta”. Infine ha invitato ad ascoltare la sapienza dei nonni: “La sapienza di Dio ci aiuta anche a guardare oltre noi stessi per riconoscere la bontà del nostro patrimonio culturale. La vostra cultura vi insegna a rispettare gli anziani. Questo è molto importante. Come ho detto prima, gli anziani ci aiutano ad apprezzare la continuità delle generazioni.

Portano con sé la memoria e la sapienza esperienziale, che ci aiuta ad evitare di ripetere gli errori del passato. Gli anziani hanno ‘il carisma di colmare le distanze’, in quanto assicurano che i valori più importanti vengano tramandati ai figli e ai nipoti. Attraverso le loro parole, il loro amore, il loro affetto e la loro presenza, comprendiamo che la storia non è iniziata con noi, ma che siamo parte di un antico ‘viaggiare’ e che la realtà è più grande di noi. Parlate con i vostri genitori e i vostri nonni; non passate tutta la giornata col cellulare, ignorando il mondo attorno a voi! Parlate con i nonni, loro vi daranno sapienza”.

Mentre nel penultimo incontro del viaggio il papa, incontrando i sacerdoti, i religiosi e le religiose, lasciando il discorso preparato, li ha esortati ad innaffiare il germoglio: “Curare la vocazione che abbiamo ricevuto. Come si cura un bambino, come si cura un malato, come si cura un anziano. La vocazione si cura con tenerezza umana. Se nelle nostre comunità, nei nostri presbitéri manca questa dimensione di tenerezza umana, il germoglio rimane piccolo, non cresce, e potrebbe anche seccarsi.

Bisogna curarlo con tenerezza, perché ogni fratello del presbiterio, ogni fratello della conferenza episcopale, ogni fratello e sorella della mia comunità religiosa, ogni fratello seminarista è un seme di Dio. E Dio lo guarda con tenerezza di padre”.

La seconda sottolineatura del papa ha riguardato l’armonia della comunità: “l nemico dell’armonia in una comunità religiosa, in un presbiterio, in un episcopato, in un seminario è lo spirito del pettegolezzo. E questo non l’ho inventato io: duemila anni fa, lo disse un certo Giacomo in una Lettera che scrisse alla Chiesa. La lingua, fratelli e sorelle, la lingua! Quello che distrugge una comunità è il parlare male degli altri. Sottolineare i difetti degli altri. M

a non dirlo all’interessato, ma dirlo ad altri, e così creare un ambiente di sfiducia, un ambiente di sospetto, un ambiente in cui non c’è pace e c’è divisione. C’è una cosa che mi piace dire come immagine di ciò che è lo spirito del pettegolezzo: è terrorismo. Sì, terrorismo. Perché chi parla male di un altro non lo fa pubblicamente”.

Il terzo elemento sottolineato ha riguardato la gioia: “Gioia anche nei momenti difficili. Quella gioia che, se non può essere riso, perché il dolore è grande, è pace. Mi viene in mente una scena dell’altra Teresa, la piccola, Teresa di Gesù Bambino. Lei doveva accompagnare, tutte le sere, al refettorio una monaca vecchia, intrattabile, sempre arrabbiata, molto malata, poveretta, che si lamentava di tutto. E in qualsiasi punto la toccasse, diceva: ‘No, che mi fa male!’.

Una sera, mentre la accompagnava attraverso il chiostro, sentì da una casa vicina la musica di una festa, la musica di gente che si stava divertendo, brava gente, come anche lei aveva fatto e aveva visto farlo alle sue sorelle, e si immaginò la gente che ballava, e disse: ‘La mia grande gioia è questa, e non la cambio con nessun’altra’. Anche nei momenti problematici, di difficoltà nella comunità, sopportare a volte un superiore o una superiora un po’ ‘strani’, anche in questi momenti dire: ‘Sono contento, Signore. Sono contento’, come diceva sant’Alberto Hurtado”.

Ad apertura di giornata il papa ha visitato la ‘Casa Madre Teresa’ a Tejgaon, ad otto chilometri dalla nunziatura di Dacca, che attualmente offre cure e assistenza a migliaia di orfani e di persone affette da disabilità mentali e fisiche.

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