Per il card. Bassetti c’è molto da fare per il bene del Paese

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Con la prima prolusione del card. Gualtiero Bassetti si è aperta lunedì 25 settembre la sessione autunnale del Consiglio Episcopale Permanente. In questi giorni i vescovi si confrontano sulle risposte delle diocesi italiane al questionario predisposto in vista del prossimo Sinodo dei vescovi su ‘I giovani, la fede e il discernimento vocazionale’, voluto da papa Francesco per il prossimo ottobre 2018.

All’ordine del giorno anche una riflessione sul tema degli abusi sessuali nei confronti di minori e delle iniziative di prevenzione e formazione nella comunità cristiana; una valutazione circa i risultati e le prospettive del Progetto Policoro e una condivisione sui contenuti della 48ª Settimana sociale dei cattolici italiani che si svolgerà a Cagliari dal 26 al 29 ottobre.

All’inizio della prolusione ha ringraziato i vescovi per l’amicizia espressagli nella nomina a presidente: “Cari confratelli e – permettetemi – soprattutto cari amici, sono ormai molti anni, dal 1994, che partecipo ai lavori della Conferenza Episcopale Italiana. Vi sento amici: per la conoscenza lunga e profonda, la comunione vissuta in momenti di fraternità, la condivisione di responsabilità e la discussione franca dei problemi della Chiesa italiana e del mondo.

Desidero esprimere la mia più profonda gratitudine al Santo Padre per la fiducia e la premura che ha riposto nella mia persona affidandomi questo incarico. Un pensiero particolare lo rivolgo, inoltre, al Cardinale Angelo Bagnasco, per due mandati presidente della CEI. Lo ringrazio di cuore, a nome di tutti, per il suo servizio, la fedeltà al Papa e alla Chiesa, e l’attenzione dedicata ad ognuno di noi”.

Il card. Bassetti ha affermato che è iniziato un periodo in cui la Chiesa è chiamata a trovare nuove vie in una società secolarizzata e tecnologizzata: “Basti pensare all’introduzione della robotica nell’industria, alle applicazioni biomediche sul corpo umano, all’impatto ambientale delle grandi città, alle nuove forme di comunicazione e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale.

Questa nuova questione sociale è caratterizzata da almeno tre fattori: lo sviluppo pervasivo di un nuovo potere tecnico, come aveva intuito profeticamente Romano Guardini; la crisi dell’umano e dell’umanesimo che è il fondamento della nostra civiltà; una manipolazione sempre più profonda dell’oikos, della nostra casa comune, della Terra”.

Davanti a questa sfida l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve ha esortato la Chiesa a percorrere tre priorità: “La Chiesa italiana, per portare la luce di Cristo in questo mondo nuovo, deve far affidamento su alcune preziose bussole di orientamento. Si tratta di priorità che coniugano una sapienza antica con l’attuale magistero pontificio: lo spirito missionario; la spiritualità dell’unità; e la cultura della carità”.

La prima direttrice riguarda lo spirito missionario: “Siamo chiamati, innanzitutto, ad essere Chiesa al servizio di un’umanità ferita. Che significa, inequivocabilmente, essere Chiesa missionaria. E la prima missione dei cristiani consiste nell’annuncio del Vangelo nella sua stupenda, radicale e rivoluzionaria semplicità.

Un annuncio gioioso, come ci ricorda l’Evangelii Gaudium, che punti all’essenziale, ‘al kerygma’ perché ‘non c’è nulla di più solido, di più profondo, di più sicuro, di più consistente e di più saggio di tale annuncio’ (EG 165). E’ la visione francescana di un Vangelo sine glossa, quel Vangelo che dobbiamo ad ogni uomo e a ogni donna, senza imporre nulla. E’ un annuncio d’amore per ogni uomo”.

La seconda ‘bussola’ indicata da Bassetti per la Chiesa italiana è quella di ‘una spiritualità dell’unità’: “La ricca complessità della Chiesa, però, non può essere ordinata con una geometria pastorale calata dall’alto. E’ necessario far maturare, in questo tessuto, una spiritualità dell’unità.

Il cuore di questa spiritualità conduce a parlarsi con parresia, ‘a voce alta e in ogni tempo e luogo’ (EG 259), a partire dal Consiglio permanente della CEI fino alla più piccola parrocchia d’Italia. Siamo chiamati a dare vita non ad una Chiesa uniforme, ma ad una Chiesa solidale e unita nella sua complessa pluralità. Si tratta dunque di un’autentica vocazione alla collegialità, tra i vescovi e tutto il corpo della Chiesa, e al dialogo”.

La terza pista indicata dal presidente della Cei è ‘la cultura della carità’: “La cultura della carità è la cultura dell’incontro e della vita, che si contrappone alla cultura della paura, dello scarto e della divisione. Essa è l’incarnazione della parabola del samaritano. ‘L’antica storia del Samaritano, come disse Paolo VI alla conclusione del Vaticano II, è stata il paradigma della spiritualità del Concilio’. La Chiesa è chiamata a promuovere una cultura che si prefigge ‘l’inclusione sociale dei poveri’ perché essi ‘hanno un posto privilegiato’ nel popolo di Dio (EG 186-216)…

La cultura della carità è anche sinonimo della cultura di una vita, che va difesa sempre: sia che si tratti di salvare l’esistenza di un bambino nel grembo materno o di un malato grave; e sia che si tratti di uomo o una donna venduti da un trafficante di carne umana. Noi abbiamo il compito, non certo per motivi sociologici o morali, di andare verso i poveri per una missione dichiaratamente evangelica”.

E’ in questo contesto che il card. Bassetti ha indicato ‘alcuni ambiti su cui la Chiesa italiana è chiamata a fare un serio discernimento’: il lavoro; i giovani; la famiglia; le migrazioni. Per il mondo del lavoro in previsione delle prossime Settimane Sociali a Cagliari il card. Bassetti ha affermato:

“Infatti, non è sufficiente evocare il problema del lavoro, ma è necessario anche provare a discernere proposte e vie percorribili. Sono almeno tre le strade che, a nostro avviso, vanno percorse e su cui invitiamo le istituzioni a guardare con decisione: il lavoro e il Mezzogiorno d’Italia; il lavoro e la famiglia; il lavoro e i giovani”.

Riguardo ai giovani il presidente della Cei si è rifatto all’ ‘I care’ di don Milani: “I giovani, infatti, non hanno bisogno di qualcuno che gli indichi loro cosa sognare perché sono capaci a farlo da soli. Hanno molto più talento di noi vecchi e molta più capacità di pensare e immaginare un mondo nuovo. Quando si parla ai giovani bisogna parlare con parole di verità. Senza ripetere ad oltranza una serie di frasi mielose e senza sostanza.

Sui giovani, infatti, c’è una drammatica e stucchevole retorica, che purtroppo non viene sempre supportata dai fatti. Dovremmo impegnarci su questo. C’è molto lavoro da fare”. Riguardo all’ambito della famiglia il card. Bassetti ha sottolineato la sfida per la Chiesa italiana:

“Per questo motivo noi abbiamo di fronte due strade: innanzitutto, quella pastorale in cui dobbiamo impegnarci nelle Diocesi, nelle parrocchie e negli uffici pastorali per recepire con autenticità lo spirito dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia; in secondo luogo, quella sociale in cui chiediamo con forza alle Istituzioni, a partire dalla prossima Conferenza Nazionale per la famiglia, di elaborare politiche innovative e concrete, che riconoscano, soprattutto, il ‘fattore famiglia’ nel sistema fiscale italiano.

Una misura giusta e urgente, non più rinviabile, per tutte le famiglie, in particolare quelle numerose. Una misura di cui avvertiamo l’assoluta importanza non solo perché avrebbe dei benefici sui redditi familiari ma perché potrebbe avere degli effetti positivi su un tema cruciale per il futuro della nazione: quello della natalità”.

Infine riguardo al tema delle migrazioni il presidente della Cei ha ricordato che ‘accogliere, proteggere, promuovere e integrare’ sono ‘i 4 verbi che papa Francesco ha donato alla Chiesa per affrontare la grande sfida delle migrazioni internazionali’: “Il primato dell’apertura del cuore al migrante ci fa guardare oltre le frontiere italiane. Ci invita a intensificare la cooperazione e l’aiuto allo sviluppo al Sud del mondo, per far risorgere tra i giovani la speranza di un futuro degno nella propria patria.

E’ una linea su cui si muove da tempo la CEI, sostenendo numerosi progetti di sviluppo e, recentemente, con la campagna ‘Liberi di partire, liberi di restare’. Si tratta di un progetto innovativo perché affronta il tema del diritto delle persone a restare nel proprio Paese senza essere costrette a scappare a causa della guerra o della fame”.

Nella parte finale della sua prolusione, citando Giorgio La Pira (la politica ‘non è una cosa brutta’) e papa Paolo VI (la politica ‘è una delle più alte forme di carità’), ha elogiato l’Italia ed ha chiesto ai cattolici un impegno unitario per ‘promuovere processi concreti nella realtà’:

“I cattolici hanno una responsabilità altissima verso il Paese. Dobbiamo, perciò, essere capaci di unire l’Italia e non certo di dividerla. Occorre difendere e valorizzare il sistema-Paese con carità e responsabilità. Perché il futuro del Paese significa anche rammendare il tessuto sociale dell’Italia con prudenza, pazienza e generosità”.

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