A 30 anni da ‘Donum Vitae’: la vita merita rispetto

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Domenica 5 marzo è ricorso il trentesimo anniversario dell’istruzione della Congregazione per la Dottrina della fede, ‘Donum Vitae’, che era stata redatta per venire incontro agli interrogativi formulati dai vescovi e dai teologi, ma anche da medici e uomini di scienza, attraverso un’esauriente esposizione dei principi della morale cattolica in merito alle tecniche biomediche che consentono di intervenire nella fase iniziale della vita dell’essere umano e nei processi della procreazione.

L’istruzione forniva un riepilogo della concezione cristiana circa la natura della vita umana e la sua dignità, non trascurando di offrirne gli opportuni collegamenti con quanto la ragione può conoscere partendo dalla considerazione della fenomenologia della vita e dei dinamismi alla base della procreazione umana.

L’introduzione richiamava i principi fondamentali di carattere antropologico e morale, necessari per un’adeguata valutazione dei problemi e per l’elaborazione delle risposte ai diversi interrogativi, ribadendo che la scienza non può essere neutrale dinnanzi alla vita: “La scienza e la tecnica, preziose risorse dell’uomo quando si pongono al suo servizio e ne promuovono lo sviluppo integrale a beneficio di tutti, non possono da sole indicare il senso dell’esistenza e del progresso umano…

Sarebbe, perciò, illusorio rivendicare la neutralità morale della ricerca scientifica e delle sue applicazioni; d’altro canto non si possono desumere i criteri di orientamento dalla semplice efficienza tecnica, dall’utilità che possono arrecare ad alcuni a danno di altri o, peggio ancora, dalle ideologie dominanti.

Pertanto la scienza e la tecnica richiedono, per il loro stesso intrinseco significato, il rispetto incondizionato dei criteri fondamentali della moralità: debbono essere cioè, al servizio della persona umana, dei suoi diritti inalienabili e del suo bene vero e integrale secondo il progetto e la volontà di Dio. Il rapido sviluppo delle scoperte tecnologiche rende più urgente questa esigenza di rispetto dei criteri ricordati: la scienza senza la coscienza ad altro non può portare che alla rovina dell’uomo”.

La Parte Prima, che aveva per oggetto la natura dell’essere umano ed il rispetto ad esso dovuto a partire dal primo momento della sua esistenza, si interrogava sulla liceità degli interventi sugli embrioni: “Come per ogni intervento medico sui pazienti, si devono ritenere leciti gli interventi sull’embrione umano a patto che rispettino la vita e l’integrità dell’embrione, non comportino per lui rischi sproporzionati, ma siano finalizzati alla sua guarigione, al miglioramento delle sue condizioni di salute o alla sua sopravvivenza individuale…

La ricerca medica deve astenersi da interventi sugli embrioni vivi, a meno che non ci sia la certezza morale di non arrecare danno né alla vita né all’integrità del nascituro e della madre, e a condizione che i genitori abbiano accordato il loro consenso, libero e informato, per l’intervento sull’embrione. Ne consegue che ogni ricerca, anche se limitata alla semplice osservazione dell’embrione, diventerebbe illecita qualora, per i metodi impiegati o per gli effetti indotti, implicasse un rischio per l’integrità fisica o la vita dell’embrione”.

Per questo la sperimentazione sull’embrione non si può giustificare: “D’altra parte la sperimentazione sugli embrioni o feti comporta sempre il rischio, anzi, il più delle volte la previsione certa di un danno per la loro integrità fisica o addirittura della loro morte. Usare l’embrione umano, o il feto, come oggetto o strumento di sperimentazione rappresenta un delitto nei confronti della loro dignità di esseri umani che hanno diritto allo stesso rispetto dovuto al bambino già nato e ad ogni persona umana”.

La Parte Seconda affronta in modo sintetico ed insieme sistematico i diversi interrogativi etici e morali posti dagli interventi sulla procreazione umana, soprattutto nel caso della ‘maternità sostitutiva’, a cui la Chiesa aveva già posto la sua opposizione:

“La maternità sostitutiva rappresenta una mancanza oggettiva di fronte agli obblighi dell’amore materno, della fedeltà coniugale e della maternità responsabile; offende la dignità e il diritto del figlio ad essere concepito, portato in grembo, messo al mondo ed educato dai propri genitori; essa instaura, a detrimento delle famiglie, una divisione fra gli elementi fisici, psichici e morali che le costituiscono”.

Nella Parte Terza si offrivano alcuni orientamenti sui rapporti che intercorrono fra legge morale e legge civile a proposito del rispetto dovuto agli embrioni e feti umani in relazione alla legittimità delle tecniche di procreazione artificiale: “L’intervento dell’autorità politica si deve ispirare ai principi razionali che regolano i rapporti tra legge civile e legge morale.

Compito della legge civile è assicurare il bene comune delle persone attraverso il riconoscimento e la difesa dei diritti fondamentali, la promozione della pace e della pubblica moralità. In nessun ambito di vita la legge civile può sostituirsi alla coscienza né può dettare norme su ciò che esula dalla sua competenza; essa deve talvolta tollerare in vista dell’ordine pubblico ciò che non può proibire senza che ne derivi un danno più grave.

Tuttavia i diritti inalienabili della persona dovranno essere riconosciuti e rispettati da parte della società civile e dell’autorità politica; tali diritti dell’uomo non dipendono né dai singoli individui né dai genitori e neppure rappresentano una concessione della società e dello Stato: appartengono alla natura umana e sono inerenti alla persona in forza dell’atto creativo da cui ha preso origine”.

Questi concetti sono stati ribaditi nel 2014 da papa Francesco durante l’udienza ai medici cattolici: “Da molte parti, la qualità della vita è legata prevalentemente alle possibilità economiche, al ‘benessere’, alla bellezza e al godimento della vita fisica, dimenticando altre dimensioni più profonde – relazionali, spirituali e religiose – dell’esistenza.

In realtà, alla luce della fede e della retta ragione, la vita umana è sempre sacra e sempre ‘di qualità’. Non esiste una vita umana più sacra di un’altra: ogni vita umana è sacra! Come non c’è una vita umana qualitativamente più significativa di un’altra, solo in virtù di mezzi, diritti, opportunità economiche e sociali maggiori”.

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