La Svizzera ha detto sì alla ‘cittadinanza facile’

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“Un risultato che attendevamo, un risultato positivo per i giovani stranieri di terza generazione”: così si è espressa la Commissione ‘Giustizia e Pace’ della Conferenza episcopale svizzera dopo la decisione del popolo svizzero di dire ‘Sì’ alla naturalizzazione agevolata dei cittadini stranieri di terza generazione.

Chiamati alle urne, gli elettori elvetici hanno approvato con il 60,4 % dei voti a favore una modifica costituzionale che consente ai nipoti di immigrati sotto i 25 anni di affrontare meno ostacoli per ottenere il passaporto svizzero. La commissione della Chiesa elvetica aveva invitato i cittadini ad un voto favorevole:

“Questi nostri giovani concittadini e concittadine avvertono un legame più forte con la Svizzera che con il paese d’origine dei loro nonni. La Svizzera è la loro madrepatria, eppure non hanno il passaporto rossocrociato. Da un profilo dʼetica sociale, occorre offrire a questi giovani le stesse prospettive che ai loro coetanei svizzeri. Abbiamo bisogno delle loro competenze, talenti e impegno. Una naturalizzazione agevolata sarebbe un segnale forte di riconoscimento del loro apporto al benessere della società.

Segnalerebbe che la loro partecipazione alla vita civile ed il concorso alla coesione sociale ci importano molto, che non li lasciamo da parte. Molti di loro sono peraltro integrati ed impegnati nelle varie Chiese. Non ci si potrebbe immaginare la vita della Chiesa senza di loro. Lʼoggetto in votazione persegue una naturalizzazione facilitata, e non una naturalizzazione automatica. Cantoni e Comuni possono continuare a far valere il loro diritto ad opporvisi”.

Ed a votazione avvenuta all’agenzia Sir Wolfgang Bürgstein, segretario generale di Giustizia e Pace, ha ribadito il significato dell’esito positivo: “E’ un segno importante per questi giovani. E’ come se la Svizzera avesse lanciato loro il messaggio: siete benvenuti e la Svizzera rispetta il vostro lavoro, lo sforzo e l’impegno che fate per la società”.

Anche don Carlo De Stasio, nazionale delle Missioni cattoliche italiane (Mci), ha commentato positivamente il risultato: “Siamo consapevoli che le paure, le diffidenze, molte volte la non conoscenza dell’altro sono facili strumenti utilizzati per rincorrere chiusure e il non dialogo. Tuttavia, il risultato in controtendenza, ovvero che la maggioranza degli elettori e dei Cantoni si sia espressa a favore di questa iniziativa, testimonia come la presenza degli stranieri in Svizzera si sia radicata nei decenni e, soprattutto, come a quest’ultimi sia stato riconosciuto un ruolo importante, se non centrale, per la crescita e la prosperità di un Paese che dal secondo dopoguerra ha registrato tassi di crescita molto significativi e una presenza di stranieri senza precedenti nella storia…

Riconoscere finalmente come cittadini a tutti gli effetti i nipoti delle generazioni che hanno segnato indelebilmente la storia degli ultimi decenni della Svizzera non può che rappresentare un segnale di speranza per tutta la vicenda migratoria in Europa. Conoscersi, parlarsi, integrarsi nel rispetto delle diversità sono e dovranno continuare a essere l’orizzonte verso il quale la convivenza tra le persone deve guardare”.

Una decisione, comunque, che era nell’aria, visto che la modifica era stata approntata dallo stesso governo federale, che ovviamente raccomandava di votare Sì, dopo un lungo confronto interno che aveva portato ad una mediazione: “La terza generazione è costituita da giovani che hanno vissuto tutta la loro vita in Svizzera e che pertanto devono poter acquisire la cittadinanza svizzera in modo agevolato”.

In realtà, secondo i media locali, sarebbero poco più di circa 25.000 fino ai 25 anni che potrebbero teoricamente approfittare della svolta normativa e, secondo un recente studio dell’Università di Ginevra, si tratterebbe in particolare di italiani. La legge infatti prevede per gli aspiranti cittadini svizzeri una serie di requisiti precisi: aver frequentato almeno 5 anni la scuola dell’obbligo ed avere almeno uno dei genitori che ha soggiornato in Svizzera per almeno 10 anni; avere almeno uno dei nonni che ha acquisito un diritto di dimora in Svizzera, oltre a parlare correntemente una delle tre lingue nazionali e non dipendere da aiuti pubblici per il mantenimento.

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