Il neo preposto dei Gesuiti invita a coltivare la vita spirituale

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Sabato 15 ottobre nella Chiesa del Gesù a Roma, dopo la sua elezione il neo eletto preposito generale della Compagnia di Gesù, padre Arturo Sosa Abascal, proveniente dall Venezuela, ha presieduto la celebrazione eucaristica di ringraziamento per la sua elezione.

Iniziando l’omelia ha ripreso le parole del domenicano p. Bruno Cadorè, che in occasione dell’apertura della 36^ congregazione generale aveva invitato la Compagnia ad assumere l’atteggiamento dell’ ‘audacia dell’improbabile’ per essere testimoni di fede nell’attuale panorama mondiale:

“Certo, l’audacia della quale abbiamo bisogno per essere servitori della missione del Cristo Gesù può sgorgare soltanto dalla fede. Perciò il nostro sguardo è in primo luogo indirizzato a Dio, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo, come ci ricorda il brano del Vangelo appena ascoltato. E come ci ricorda la Formula Instituti al n.1: ‘(il gesuita) faccia in modo di avere dinanzi agli occhi, finché vivrà, prima di ogni altra cosa, Iddio, e poi la forma di questo suo Istituto’.

Anzi, è il cuore intero che vogliamo avere in sintonia col Padre Misericordioso, il Dio che è solo Amore, il nostro Principio e Fondamento. Il cuore di ciascuno di noi e anche il cuore del corpo della Compagnia”. Nel giorno della festività di santa Teresa di Gesù, citando le parole di sant’Ignazio di Loyola, si è soffermato sulla custodia del Corpo apostolico della Compagnia di Gesù:

“Come Ignazio e i primi Compagni, come tanti confratelli che hanno militato e militano sotto il vessillo della croce soltanto al servizio del Signore e della sua Chiesa, vogliamo anche noi contribuire a quanto oggi sembra impossibile: una Umanità riconciliata nella giustizia, che vive in pace in una casa comune ben curata, dove c’è posto per tutti quanti perché ci riconosciamo fratelli e sorelle, figli e figlie dello stesso e unico Padre…

Con la speranza posta in Dio e soltanto in Lui la Congregazione Generale proseguirà le sue deliberazioni e contribuirà alla responsabilità di ben conservare e sviluppare tutto questo corpo”. Lo sviluppo dei Gesuiti è collegato allo sviluppo della vita spirituale: “Conservare e sviluppare il corpo della Compagnia è strettamente legato alla profondità della vita spirituale di ciascuno dei suoi membri e delle comunità nelle quali condividiamo la vita e missione con i compagni.

Allo stesso tempo ci vuole una straordinaria profondità intellettuale per pensare creativamente i modi attraverso i quali il nostro servizio alla missione del Cristo Gesù può essere più efficace, nella tensione creativa del ‘magis’ ignaziano. Pensare per capire in profondità il momento della storia umana che viviamo e contribuire alla ricerca di alternative per superare la povertà, la ineguaglianza e la oppressione. Pensare per non smettere di proporre le domande pertinenti alla teologia e approfondire la comprensione della fede che chiediamo al Signore di aumentare in noi”.

Quindi, per il nuovo preposito generale è necessario ‘connettere’ la dimensione interiore con quella intellettuale per non incorrere nelle ‘trappole’ del linguaggio: “Come compagni di Gesù vogliamo anche noi seguire il cammino dell’incarnazione, diventare simili agli esseri umani che soffrono le conseguenze della ingiustizia. La Compagnia di Gesù potrà svilupparsi soltanto in collaborazione con altri, soltanto se diventa la minima Compagnia collaboratrice.

Attenzione alle trappole del linguaggio. Vogliamo aumentare la collaborazione, non soltanto cercare altri che collaborino con noi, con le nostre opere perché non vogliamo perdere il prestigio della posizione di chi ha l’ultima parola. Vogliamo collaborare generosamente con altri, dentro e fuori dalla Chiesa, nella consapevolezza, proveniente dall’esperienza di Dio, di essere chiamati alla missione del Cristo Gesù, che non ci appartiene in esclusività, ma che condividiamo con tanti uomini e donne consacrati al servizio degli altri”.

Quindi padre Sosa, aprendo alle collaborazioni con altri per raggiungere il bene comune, ha toccato il delicato tema delle vocazioni: “Nel cammino della collaborazione, con la grazia di Dio, troveremo anche nuovi compagni per aumentare anche il numero, sempre minimo per grande che sia, dei collaboratori con gli altri invitati a far parte di questo corpo.

Non c’è nessun dubbio circa il bisogno di aumentare la nostra preghiera e il nostro lavoro per le vocazioni alla Compagnia e di continuare il complesso impegno di offrire la formazione che faccia di loro dei veri gesuiti, membri di questo corpo multiculturale chiamato a testimoniare la ricchezza della interculturalità come volto dell’umanità, creata a immagine e somiglianza di Dio”.

E nella conferenza stampa di presentazione padre Sosa ha di nuovo sottolineato che cercare l’impossibile è la missione dei cristiani: “E’ una maniera di esprimere la fede: chi ha fede è capace di sperare l’improbabile, la speranza ci aiuta a fare quello che speriamo.

Quando analizzi il mondo, quando vedi i poteri economici, i poteri delle armi, del narcotraffico, del traffico di persone, così forti che sembrano imbattibili, sembra che non ci sia nulla da fare, puoi diventare pessimista, e invece l’improbabile è possibile, e possibile vivere in pace, è possibile una economia solidale, è possibile avere stili di vita rispettosi del creato, avere cibo da mangiare a casa propria, avere una cosa, una scuola…

Tutto questo una grande sfida per la Compagnia di Gesù e senza la fede non si fa niente… Non può esserci il Regno di Dio se non ci riconosciamo tra di noi, se non riusciamo a vivere in pace, se non ci riconciliamo tra di noi, e anche se non ci riconciliamo con la terra che rischiamo di rovinare.

Allora questa è una grande chiamata alla riconciliazione, è una grandissima sfida per noi che, minima Compagnia di Gesù, insieme ai tanti che lavorano con noi, possiamo contribuire almeno con un piccolo sforzo: la riconciliazione tra gli esseri umani che allo stesso tempo è riconciliazione con Dio e con il Creato”.

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