Il pomeriggio del Papa in Georgia tra carità ed ecumenismo

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 Si conclude con un gesto ecumenico il viaggio del Papa in Georgia. La vista alla cattedrale di Svetitskhoveli luogo caro ai georgiani perché custodirebbe la tunica di Gesù Cristo, è un momento significativo per la storia del paese. E’ la sede dell’arcivescovo di Mtskheta e Tbilisi, carica spettante al Catholicos Patriarca di tutta la Georgia. Una chiesa dell’XI secolo dall’architetto costruita sul sito in cui era stata edificata una prima chiesa nel IV secolo. Il Papa cita San Cipriano di Cartagine che si riferisce alla tunica di Gesù indivisa come «vincolo di concordia, che inseparabilmente unisce».

Ma è chiaro che l’“unità che viene dall’alto” e la via da seguire è quella “della carità sincera” e della “comprensione reciproca” per “ricomporre le lacerazioni, animati da uno spirito di limpida fraternità cristiana”.

I battezzati sono rivestiti di Cristo  e  “per questo, nonostante i nostri limiti e al di là di ogni successiva distinzione storica e culturale, siamo chiamati a essere «uno in Cristo Gesù» (Gal 3,28) e a non mettere al primo posto le disarmonie e le divisioni tra i battezzati, perché davvero è molto più ciò che ci unisce di ciò che ci divide”.

L’auspicio conclusivo è che fraternità  collaborazione  possano crescere ad ogni livello: “possano la preghiera e l’amore farci sempre più accogliere l’accorato desiderio del Signore su tutti quelli che credono in Lui mediante la parola degli Apostoli: che siano «una sola cosa»”.

Ad accogliere il Papa è stato il Patriarca Ilia, che pure oggi ha deciso di non mandare una delegazione alla messa del mattino ricordando la non comunione con Roma. Il Papa è stato accompagnato alla edicola che custodisce la supposta tunica di Gesù. E a lungo ha tenuto per mano sostenendolo il veccchio Patriarca.

Papa Francesco aveva  dedicatp una tappa del suo viaggio in Georgia ai volontari, ai malati, ai disabili e agli operatori sanitari e delle opere di carità che si adoperano ogni giorno con amore per chi ne ha bisogno, senza distinzione di riti, di religione, di razza. Il Papa li ha incontrati tutti davanti al Centro di assistenza dei Camilliani, nel quartiere di Temka, nella periferia di Tblisi.

“La vostra attività – esclama Francesco agli operatori e ai volontari –  è un cammino di collaborazione fraterna tra i cristiani di questo Paese e tra fedeli di diversi riti. Questo incontrarsi nel segno della carità evangelica è testimonianza di comunione e favorisce il cammino dell’unità. Vi incoraggio a proseguire su questa strada esigente e feconda: le persone povere e deboli sono la “carne di Cristo” che interpella i cristiani di ogni confessione, spronandoli ad agire senza interessi personali, ma unicamente seguendo la spinta dello Spirito Santo”.

La Chiesa georgiana è molto attiva nel campo socio-sanitario che vede impegnati in particolare le Missionarie della Carità, i Camilliani e gli Stimmatini. Molto apprezzata è l’opera svolta dalla Caritas Georgia, ufficialmente riconosciuta come organizzazione non governativa nel 1994 e diretta oggi da don Krzystof Kowal. Papa Francesco conclude: “Le iniziative della carità sono il frutto maturo di una Chiesa che serve, che offre speranza

E’ a braccio invece il dialogo di Papa Francesco con i sacerdoti, i religiosi, le religiose, i seminaristi e gli agenti di pastorale nella chiesa dell’Assunta a Tblisi in Georgia. Seconda tappa di oggi, dopo la Messa nello Stadio di Tblisi. Domande e riflessioni sono state rivolte al Papa da parte di alcuni rappresentanti della Chiesa locale georgiana. Il Papa tocca tanti temi importanti: il divorzio, la teoria del gender, la fede, i problemi dei giovani, la vocazione.

Il Papa risponde in particolare a quattro testimonianze: quella di un prete armeno, di un seminarista georgiano, di una mamma e di un giovane.

Irina, sposata e giovane madre di due figli, racconta al Papa le difficoltà che incontra una famiglia in Georgia: “Noi famiglie cattoliche, oltre alla trepidazione di diventare mamme e papà in situazione spesso di povertà, oltre al fatto che ci viene prospettata la possibilità di risolvere le difficoltà familiari attraverso la separazione, che rischia di diventare una cosa normale sentiamo il problema dell’educazione cristiana dei figli”.

La risposta del Papa: “Qual è la fede nel matrimonio”? Il matrimonio è la cosa più bella che Dio ha creato. Sono l’immagine di Dio, l’uomo e la donna che si fanno una sola carne. Io capisco le incomprensioni, le tentazioni, risolviamo cosi con il discorso del discorso. Tu sai chi paga per il divorzio? Paga Dio, perché quando si divorzia si sporca l’immagine di Dio. E pagano i bambini. Voi non sapete quanto soffrono i bambini, i figli piccoli, quando vedono la separazione dei genitori. Si deve fare del tutto per salvare il matrimonio. Litigate quanto volete ma la sera fate la pace, la guerra fredda del giorno dopo è pericolosissima. Chiedete aiuto subito. Le coppie si aiutano con l’accoglienza, con l’accompagnamento”.  “Essere saldi nella fede”, Francesco lo ripete più volte, “la testimonianza che ha dato questa donna. Lei voleva vedere Pietro. Saldi nella fede significa capacità di ricevere la fede, conservarla e trasmetterla. Saldi nella fede significa non dimenticare quello che noi abbiamo imparato. Anzi farlo crescere e darlo ai nostri figli”. Kakha, giovane georgiano di 23 anni. Confida a Francesco i dubbi tipici della sua giovane età: “I grandi ideali che abbiamo nel cuore, e che spesso sono radicati nel Vangelo, si scontrano con la dura realtà quotidiana; e ci accorgiamo di cadere nella tentazione di adeguarci alla massa, e così tra noi c’è chi preferisce stare dove c’è più sicurezza e comodità, dove non si corrono rischi e non viene chiesto di volare in alto sfidando la legge della gravità. Sappiamo bene che molti giovani nel mondo vivono situazioni più difficili delle nostre. Ma, qualche volta, anche noi abbiamo la sensazione di essere soli, sbattendo contro muri di incomprensione…”.

Fonte: Acistampa

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