Abbandono scolastico in calo

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Terminata la scuola è ora di esami, non solo per gli studenti, ma soprattutto per la scuola stessa, come aveva scritto, tanti anni fa, don Lorenzo Milani ad una professoressa: “Lo so anch’io che il Gianni non si sa esprimere. Battiamoci il petto tutti quanti. Ma prima voi che l’avete buttato fuori di scuola l’anno prima. Bella cura la vostra.

Del resto bisognerebbe intendersi su cosa sia lingua corretta. Le lingue le creano i poveri e poi seguitano a rinnovarle all’infinito. I ricchi le cristallizzano per poter sfottere chi non parla come loro. O per bocciarlo. Voi dite che Pierino del dottore scrive bene. Per forza, parla come voi. Appartiene alla ditta”.

A distanza di anni la scuola sembra non migliorare. Infatti in Italia la percentuale dei giovani tra i 18 e i 24 anni che abbandonano precocemente la scuola, non conseguendo diplomi di secondo grado né attestati di formazione professionale, è scesa dal 19,2% nel 2009 al 15% nel 2014, secondo i dati riportati nel volume ‘La lotta all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione: strategie, politiche e misure’, curato da Eurydice, la rete europea che raccoglie, aggiorna, analizza e diffonde informazioni sulle politiche, la struttura e l’organizzazione dei sistemi educativi europei.

Il rapporto offre un quadro aggiornato delle politiche e delle misure recentemente adottate nei Paesi europei per ridurre l’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione. Anche se i dati Eurydice registrano un miglioramento riguardo alla riduzione del tasso di abbandono precoce, l’Italia rimane ancora distante dall’obiettivo europeo del 10% entro il 2020. Lo studio evidenzia, inoltre, che l’abbandono precoce incide diversamente sulla popolazione studentesca a seconda del genere e, soprattutto, a seconda dello status di cittadino nato all’estero oppure nativo.

In molti Paesi europei gli studenti che abbandonano gli studi e la formazione sono nati all’estero. In Italia il 34,4% degli studenti che non conseguono diplomi di secondaria superiore o di formazione professionale è nato all’estero, mentre tra gli studenti nativi la percentuale è del 14,8%. I dati sono entrambi superiori alla media europea, che è rispettivamente del 22,7% e dell’11%. L’Italia risulta anche tra i Paesi con le più forti disparità tra tassi di abbandono maschili e femminili, con una percentuale del 20,2% per i maschi e del 13,7% per le femmine, altro dato negativo rispetto alla media europea (13,6% maschi, 10,2% femmine).

La maggiore propensione all’abbandono scolastico da parte degli studenti di sesso maschile nel nostro Paese è particolarmente evidente nelle aree più disagiate. Il rapporto mostra che in quasi tutti i Paesi europei le analisi del fenomeno dell’abbandono precoce si basano su dati aggregati a livello superiore/nazionale, e solo in circa la metà dei casi si basano su dati aggregati a livello scolastico e locale, il che rende difficile ottenere un quadro della situazione specifica nelle comunità locali e nelle scuole.

L’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione è un tema complesso e le cause variano da studente a studente. Il background familiare e/o l’appartenenza a una famiglia di migranti, il genere e le condizioni socioeconomiche, così come i fattori relativi al sistema di istruzione e formazione sono solamente alcuni degli elementi implicati in misura minore o maggiore nel processo che porta gli studenti all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione. Statisticamente, gli studenti nati all’estero, i giovani che provengono da ambienti svantaggiati e i maschi sono più inclini all’abbandono precoce rispetto ad altri gruppi.

Per quanto riguarda il genere, i dati dimostrano che, tra coloro che abbandonano precocemente l’istruzione generale, i ragazzi sono sovrarappresentati. Tuttavia, migliore è la situazione socioeconomica degli studenti, meno evidente risulta la differenza nei tassi di abbandono precoce tra i due sessi. Le statistiche dimostrano inoltre che gli studenti nati all’estero sono più inclini all’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione.

Di fatto, gli studenti che provengono da famiglie migranti in genere devono affrontare difficoltà maggiori nell’accedere e partecipare ai percorsi di istruzione rispetto a coloro che sono nati nel paese di residenza. Però come mostra questo rapporto, provenire da un contesto di migrazione/da una minoranza o essere di sesso maschile non devono essere considerati fattori determinanti in relazione all’abbandono precoce.

Nel 2013, il tasso di disoccupazione tra i giovani che hanno abbandonato precocemente in tutta Europa era del 41%, in rapporto a un tasso di disoccupazione giovanile complessivo pari al 23,5%. I giovani che abbandonano precocemente i percorsi di istruzione e formazione hanno anche minori probabilità di partecipare alla formazione permanente, che (date le future esigenze di qualificazione) ridurrà ulteriormente le loro opportunità sul mercato del lavoro. Di conseguenza, i giovani che abbandonano precocemente tendono a dipendere più spesso dai programmi di sostegno sociale e sono più a rischio di povertà ed esclusione sociale.

Altri risultati pervenuti dimostrano che chi abbandona precocemente è meno incline a essere un ‘cittadino attivo’, nel senso che partecipa meno alle elezioni e ad altri processi democratici. Inoltre, l’abbandono precoce riduce anche le possibilità delle persone di partecipare attivamente ad attività sociali e culturali. Infine, i giovani che abbandonano precocemente potrebbero essere più inclini ad avere una salute fisica e mentale scadente e potrebbero correre maggiori rischi di sviluppare un comportamento antisociale o dedicarsi ad attività criminali.

L’impatto dell’abbandono precoce dei percorsi di istruzione e formazione può inoltre passare da una generazione all’altra. Genitori con un basso livello di istruzione possono non essere in grado di pagare servizi scolastici di qualità ai propri figli, che espone di conseguenza i bambini stessi a un maggiore rischio di abbandono scolastico precoce. Uno studio spagnolo commissionato dal Ministero dell’Istruzione ha rivelato che le scelte operate in passato dai genitori in rapporto al proprio grado di istruzione determinano ampiamente le scelte operate in seguito dai figli.

Infine uno studio condotto a livello europeo sui costi dei NEET, cioè i giovani che sono disoccupati e al di fuori dei cicli di istruzione e formazione, stima che nel 2011 la perdita per gli Stati membri dovuta alla mancata partecipazione dei giovani al mondo del lavoro sia stata di € 153 miliardi, corrispondenti all’1,2% del PIL europeo.

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