Papa: Chiesa attenta ai disabili

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Concludendo il Giubileo degli Ammalati e delle Persone Disabili papa Francesco ha detto nell’omelia della celebrazione eucaristica: “Il modo in cui viviamo la malattia e la disabilità è indice dell’amore che siamo disposti a offrire. Il modo in cui affrontiamo la sofferenza e il limite è criterio della nostra libertà di dare senso alle esperienze della vita, anche quando ci appaiono assurde e non meritate. Non lasciamoci turbare, pertanto, da queste tribolazioni.

Sappiamo che nella debolezza possiamo diventare forti, e ricevere la grazia di completare ciò che manca in noi delle sofferenze di Cristo, a favore della Chiesa suo corpo; un corpo che, ad immagine di quello del Signore risorto, conserva le piaghe, segno della dura lotta, ma sono piaghe trasfigurate per sempre dall’amore”.

Nell’omelia papa Francesco ha riaffermato ciò che il giorno precedente aveva risposto alle domande dei genitori e dei ragazzi, partecipanti al convegno sulla disabilità, promosso dalla diocesi di Roma in occasione del 25° anniversario dell’istituzione del Settore per la Catechesi delle persone disabili dell’Ufficio Catechistico Nazionale italiano:

”Tutti siamo diversi. Non c’è uno che sia uguale all’altro. Ci sono alcune diversità più grandi o piccole, ma tutti siamo diversi. Ma la ragazza che ha fatto la domanda prima diceva: tante volte abbiamo paura delle diversità. Ci fanno paura perché andare all’incontro di una persona che ha una diversità, non diciamo forte, ma grande, è una sfida, e ogni sfida ci dà paura. E’ più comodo non muoversi, è più comodo ignorare le diversità”.

Eppoi è arrivata una domanda, la fondamentale, che riguardava i sacramenti, a cui papa Francesco così ha risposto: “Vero che tu vuoi fare la comunione, devi avere una preparazione. Se tu non capisci, sei sordo, devi avere la possibilità in quella parrocchia di prepararti con il linguaggio dei sordi, e quello è importante. Se tu sei diverso, anche tu hai la possibilità di essere il migliore e quello è vero”.

Nell’incontro il Papa ha detto che bisogna attivare un apostolato dell’orecchio, che è quello di “aiutare tutti a capire la fede, a capire l’amore, a capire come essere amici, a capire le differenze, a capire come si complementano le cose, come uno può dare una cosa e l’altro ci dà l’altra. Tu hai usato due parole belle: accogliere e ascoltare. Accogliere, cioè ricevere tutti, ricevere tutti. E ascoltare tutti.

Io vi dico una cosa: oggi credo che nella pastorale della Chiesa si fanno tante cose belle, tante cose buone, nella catechesi, nella liturgia, nella Caritas, con gli ammalati. Ma c’è una cosa che si deve fare di più: l’apostolato dell’orecchio! Ascoltare”. E nel discorso preparato eppoi accantonato, papa Francesco, a proposito dei Sacramenti, aveva sottolineato:

“Il Sacramento è un dono e la liturgia è vita: prima ancora di essere capita razionalmente, essa chiede di essere vissuta nella specificità dell’esperienza personale ed ecclesiale. In tal senso, la comunità cristiana è chiamata ad operare affinché ogni battezzato possa fare esperienza di Cristo nei Sacramenti. Pertanto, sia viva preoccupazione della comunità fare in modo che le persone disabili possano sperimentare che Dio è nostro Padre e ci ama, che predilige i poveri e i piccoli attraverso i semplici e quotidiani gesti d’amore di cui sono destinatari”.

Questa attenzione è emersa anche nelle quattro le raccomandazioni conclusive del Convegno Internazionale sulla Lebbra sul tema ‘Per una cura olistica delle persone affette dal Morbo di Hansen rispettosa della loro dignità’, con 45 nazioni rappresentate e 42 relatori, organizzato dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, con la Fondazione Il Buon Samaritano e la Fondazione Nippon, in collaborazione con la Fondazione Raoul Follereau, il Sovrano Ordine di Malta e la Fondazione Sasakawa Memorial Health:

gli Stati devono essere sollecitati a fare grandi sforzi per l’eliminazione della discriminazione contro le persone malate e i membri delle loro famiglie, elaborando specifici piani attuativi che coinvolgano le persone malate; occorre cambiare le politiche ‘familiari, lavorative, scolastiche, sportive e di ogni altro genere che discriminano direttamente o indirettamente’ queste persone. Infine è fondamentale ‘implementare la ricerca scientifica per sviluppare nuovi farmaci e ottenere migliori strumenti diagnostici’.

Durante i lavori del convegno, il rev.do dott. Arputham Arulsamy, direttore aggiunto della Catholic Health Association of India, ha rilevato che “molte suore in India si sacrificano per curare i malati. Nel 2011 il 58% dei nuovi casi mondiali di lebbra è stato registrato nel Paese, ma per mancanza di fondi molte strutture hanno dovuto chiudere, i pazienti sono tornati nelle strade. Lo Stato non ha dedicato risorse adeguate al problema”.

Suor Jeanne Cécile, medico e coordinatore del Bureau Diocésain des Œuvres Médicales (BDOM) di Bunia, Ituri, ha descritto il ruolo della Chiesa nella Repubblica Democratica del Congo per combattere la malattia: “Il ruolo della Chiesa cattolica in Congo è fondamentale per la presa in carico delle persone affette dal Morbo di Hansen… Già dal 1965 la Chiesa è stata protagonista nella costruzione di strutture adeguate alla cura dei malati, ma oggi nel Paese occorre una nuova sensibilizzazione della società per scoprire molti casi nascosti”.

Nel concludere il convegno il prof. Michele Aramini ha sottolineato che i numeri relativi alle persone affette dalla malattia ‘sono in declino’, ma questo potrebbe nascondere ‘una minore attività nella ricerca dei nuovi casi’, quindi è essenziale ‘mirare alla precocità della diagnosi’: “Lo stigma è spesso associato alla visione religiosa della vita, ma è l’insegnamento di Cristo che ha spinto i cristiani, soprattutto negli ultimi due secoli, a sviluppare una grande opera di assistenza e cura per le persone affette dal Morbo di Hansen…

L’ignoranza circa la malattia e lo stigma connesso contribuiscono a ritardare la diagnosi e la cura con gravi ripercussioni per i malati che vengono così segnati indelebilmente dal Morbo. A tal proposito è anche importante utilizzare un nuovo linguaggio”.

Nella giornata inaugurale padre Augusto Chendi, sottosegretario del Pontificio Consiglio per gli operatori sanitari aveva affermato: “Da parte sua la Chiesa, senza enfasi e senza ricerca di effimera notorietà ha svolto un compito non solo di cura, ma anche di ‘solidarietà’ e di ‘tenerezza’ nonché di denuncia sociale, nel susseguirsi dei diversi momenti storici e secondo le situazioni logistiche nelle quali operava”.

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