5 anni di guerra in Siria sotto silenzio

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A 5 anni dall’inizio del conflitto siriano, iniziato con le proteste antigovernative il 15 marzo 2011, il segretario di Stato americano, John Kerry, ha dichiarato che i massacri commessi dal Daesh contro le minoranze religiose in Iraq e Siria, tra cui cristiani, yazidi e musulmani sciiti, costituiscono ‘genocidio’:

“Daesh è genocida per sua stessa ammissione, ideologia e azioni, in quello che dice, crede e fa”. Infatti da mesi il dipartimento di Stato stava valutando se definire genocidio l’uccisione di yazidi e cristiani per mano dei jihadisti, definizione legale che può avere implicazioni pratiche, sebbene funzionari statunitensi abbiano garantito che ciò non obbligherà gli Usa a rafforzare la campagna militare.

E secondo Amnesty International negli ultimi 5 anni si è succeduta una terribile serie di violazioni dei diritti umani, compresi crimini di guerra e contro l’umanità: “I cinque anni trascorsi dall’inizio della rivolta sono stati contraddistinti da orrori e bagni di sangue di dimensioni colossali. Dal primo momento in cui le forze governative siriane aprirono il fuoco contro manifestanti pacifici, la brutalità e la sofferenza dei civili sono diventate il tragico emblema della crisi.

Le forze governative e i gruppi armati non statali, tra cui quello che si è denominato Stato islamico, hanno esibito una vergognosa indifferenza per i diritti umani e per le leggi di guerra ferendo e uccidendo civili, costringendoli a sfollare e, in alcune aree sotto assedio, riducendoli alla fame. Le forze governative hanno commesso crimini contro l’umanità in modo sfacciato, attuando strategie terrificanti come l’uso incessante dei barili-bomba contro i centri abitati, una campagna di massa di sparizioni e l’uso sistematico e su scala industriale della tortura.

Alcuni gruppi armati, soprattutto lo Stato islamico, hanno sfruttato i riflettori dei media internazionali per mostrare cinicamente i loro crimini di guerra, come i sequestri e le uccisioni sommarie di civili siriani e stranieri”. Secondo Amnesty International 5 sono i momenti fondamentali attraverso i quali, negli ultimi cinque anni, la crisi siriana è andata di male in peggio.

Il 18 marzo 2011, tre giorni dopo l’inizio della rivolta, le forze governative siriane aprono il fuoco contro manifestanti pacifici nella città meridionale di Dera’a, usando proiettili veri contro chi chiedeva il rilascio di un gruppo di ragazzi arrestati e torturati per aver realizzato graffiti anti-governativi.

Nell’agosto 2013 le immagini della sofferenza dei civili colpiti da un attacco con le armi chimiche nella Ghouta orientale, a est della capitale Damasco, sconvolgono il mondo rivelando ulteriormente l’orribile e crudele natura delle violazioni in corso in Siria. In tutto il paese, i civili continuano a essere uccisi ogni giorno, spesso in gran numero, a seguito di attacchi con armi proibite (come le bombe a grappolo) o con bombe ordinarie, missili e colpi di mortaio.

Tuttavia, il Consiglio di sicurezza continua a esitare e i suoi stati membri non riescono a decidersi per deferire la situazione della Siria alla procuratrice della Corte penale internazionale. In particolare, Russia e Cina bloccano col loro potere di veto varie risoluzioni sulla protezione dei civili. Le surreali immagini della folla in coda per la distribuzione del pane, scattate nel gennaio 2014 nel campo assediato di Yarmouk, alla periferia di Damasco, mettono in luce la tragica realtà di migliaia di persone morte di fame o per assenza di medicinali nelle città assediate della Siria.

Oltre a Yarmouk, l’assedio è stato usato come arma di guerra sia dalle forze governative che dai gruppi armati a Moadamiya, Madaya, al-Fouaa e nella Ghouta orientale. Attualmente oltre 400.000 persone sono sotto assedio in 15 località della Siria. Nonostante le invero limitate forniture di aiuti, ottenute nell’ambito del cessate-il-fuoco raggiunto nelle ultime settimane, queste popolazioni sono ancora a rischio di morte per fame e hanno disperatamente bisogno che gli aiuti arrivino senza ostacoli.

Nel settembre 2015 la Russia effettua i suoi primi attacchi aerei a sostegno del governo siriano, ufficialmente contro lo Stato islamico ma prevalentemente contro aree sotto il controllo di altri gruppi armati d’opposizione. L’entrata in scena della Russia produce intensi bombardamenti aerei, soprattutto nel nord della Siria, che causano l’uccisione di centinaia di civili. In alcuni casi, questi attacchi paiono crimini di guerra. Nella più recente offensiva nella zona di Aleppo, gli aerei russi e siriani colpiscono gli ospedali, nel contesto di una strategia militare che viola clamorosamente il diritto internazionale.

Davanti a questa catastrofe umanitaria Aibi (Amici dei Bambini) nei prossimi mesi distribuirà ad Aleppo 18.000 pasti caldi a 3.000 sfollati per aiutare le famiglie a non scappare dalla Siria: “Si tratta di pietanze e vivande pronte al consumo e concepite ad hoc per chi, come i profughi interni di Aleppo, non hanno né un tetto sopra la testa né una tenda dove dormire e quindi tanto meno un fornello per riscaldare un bicchiere di latte.

Ecco perché per loro Aibi, in collaborazione con Unocha, l’Ufficio delle Nazioni unite (Onu) per gli Affari umanitari, avvia il nuovo e prezioso intervento di prima emergenza nel nord della Siria. Nello specifico ogni giorno operatori e volontari di ‘Amici dei Bambini’, in collaborazione con Shafak (altra promotrice del progetto) distribuiranno a migliaia di mamme e bambini aiuti alimentari sotto forma di tonno e carne in scatola, sardine, humus, datteri, acqua, vivande, frutta, dolcetti pronti da mangiare garantendo così loro la sussistenza quotidiana”.

Oltre ad Aleppo, l’ong è presente a Idlib e Binnish con interventi di ‘seconda emergenza’ mirati a supportare la popolazione locale con interventi di distribuzione di ceste alimentari e la realizzazione di un forno per la produzione del pane. Una parte importante dell’intervento è riservata ai bambini con una ludoteca sotterranea e l’assistenza psicologica per la cura del Ptsd, (post traumatic stress disorder), uno dei mali più drammatici che colpiscono i bambini in situazioni di guerra: “Ma è ancora troppo poco… Occorre dare alle famiglie siriane che non vogliono scappare, la garanzia della continuità del sostegno. Sono 6.500.000 i siriani che non rientrano nella ‘casistica’ dei corridoi umanitari”.

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