Il papa in Africa: Anna Pozzi illustra il viaggio

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Dal 25 al 30 novembre papa Francesco farà la sua prima visita apostolica in Africa, visitando tre Paesi: Repubblica Centrafricana, Kenya e Uganda, già visitati tutti e tre da Giovanni Paolo II e uno da Paolo VI.

Si tratta di un evento importante anche perché consente l’apertura di una finestra sulla realtà di questo continente non sempre ben raccontato e percepito. Per comprendere meglio la valenza di questo viaggio apostolico e la rilevanza delle Chiese africane, abbiamo chiesto delucidazioni ad Anna Pozzi, giornalista e redattrice di ‘Mondo e Missione’, partendo da uno dei suoi libri, che si intitola ‘Africa riconciliata’: quale contributo offre la Chiesa?

“Dipende dai contesti, ma certamente dopo il primo Sinodo sull’Africa del 1994 e in maniera ancora più significativa con il secondo del 2009, le Chiese africane si sono impegnata a mettere a punto piani pastorali in grado di aiutare le comunità ad assumere un ruolo maggiore nella ricerca della pace e della riconciliazione in Africa.

Questo impegno è particolarmente evidente nei contesti segnati da guerre e conflitti, come la Repubblica Democratica del Congo, il Sud Sudan o la Repubblica Centrafricana, dove si spera che il Papa possa concludere il suo viaggio apostolico a fine novembre, aprendo, con un gesto simbolico molto forte, la Porta Santa del Giubileo della Misericordia nella cattedrale di Bangui”.

Papa Francesco visiterà Uganda, Kenya e CentrAfrica: quale chiesa incontrerà?
“La situazione del Centrafrica oggi è tra le più drammatiche al mondo, a causa di una guerra che continua a fare migliaia di morti e che ha costretto un quinto della popolazione a lasciare le proprie case. Tutti gli altri avrebbero bisogno di aiuti umanitari urgenti.

Qui, la Chiesa cattolica è una delle poche istituzioni di riferimento in un Paese allo sbando e sta cercando di portare avanti percorsi faticosi di riconciliazione. In Kenya e Uganda le sfide sono diverse: disgregazione della famiglia, corruzione dilagante, Aids, giovani… Più la minaccia del terrorismo islamista, in particolare per quanto riguarda il Kenya”.

Quale dialogo cerca di instaurare la Chiesa con l’Islam in questi Paesi?
“In genere, ci sono rapporti formali tra leader che condividono, ad esempio, la condanna agli attentati terroristici e a tutte le derive estremiste. Un esempio bello e positivo di collaborazione riguarda il Centrafrica, dove è stata creata una piattaforma interreligiosa, a cui aderiscono i leader cattolici, protestanti e musulmani con l’obiettivo comune di promuovere percorsi di riconciliazione in un contesto in cui la religione viene sempre più strumentalizzata per mettere le comunità una contro l’altra.

Ma soprattutto c’è il ‘dialogo della vita’. In questi Paesi, persone di fedi diverse vivono insieme, mandano i figli nelle stesse scuole (anche in quelle cattoliche, spesso frequentate da musulmani), affrontano le stesse sfide della sopravvivenza. Il problema, semmai, è quando la religione viene usata per fine politici e di potere”.

Cosa attendono questi popoli dal Papa?
“In Centrafrica, certamente un miracolo! Il miracolo della pace. Più in generale, la visita del Papa rappresenta una grande iniezione di speranza, non solo per i cristiani, ma per le popolazioni intere di questi Paesi, che si dibattono ancora oggi in situazioni di grave povertà, deprivazione, corruzione e malgoverno.

In Uganda, in particolare, papa Francesco parteciperà alle celebrazioni per i cinquant’anni della canonizzazione dei martiri di questo Paese. Si tratta di 22 cristiani uccisi nel 1878 perché si erano rifiutati di abiurare la loro fede. Erano stati canonizzati da papa Paolo VI il 18 ottobre 1964 nella Basilica di San Pietro. Sarà un momento importante soprattutto per rafforzare la fede dei cattolici, nel ricordo del martirio dei loro antenati per il bene degli altri”.

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