Che tutti siano uno

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È l’unico segno di Dio nel mondo, è il desiderio struggente di Cristo rivelato da Giovanni nel suo sublime Vangelo (cf Gv 17, 20-26).  L’unità che il nostro unico Signore e Maestro vuole dai suoi è frutto della conoscenza di Dio, cioè della comunione intima e profonda di Lui e dell’accoglienza della sua Parola. L’unità voluta da Gesù non va confusa con nessun tipo di unità creata dagli uomini.

Il Verbum Dei, cuore della stessa creazione, è principio di unità nel momento in cui viene accolto, creduto e vissuto. Quelli che mantengono l’unità della fede nel Padre e nel Figlio hanno tra loro l’unità misteriosa e perfetta come quella che unisce il Figlio al Padre suo. L’unità tra i discepoli sarà dono ineffabile del Padre ed effetto della loro comunione con il Figlio.

L’esperienza ci istruisce che i sogni, le attese e le speranze non tramontano mai. Anche il più incallito pessimista coltiva in sé un germe segreto d’attesa. Soltanto i falsi, gli ipocriti e gli egoisti vivono con lo sguardo senza orizzonti e senza mete, tradiscono progetti di speranza e itinerari di cammino in avanti. Essi sono gli eterni infelici belligeranti che si fanno male con le loro stesse mani e solo troppo tardi si accorgono di essere diventati pesi insopportabili per sé e per gli altri. La legge di natura ci insegna che bisogna andare sempre avanti per crescere, comunicare e lavorare per non morire.

L’aspirazione più grande è quella di mirare all’unità. Questa aspirazione abita nel cuore stesso della creazione ed è attesa cosmica. L’universo naviga verso il suo punto d’origine perché, pur essendo innumerevoli i mondi, le costellazioni e gli astri, e l’universo, pur essendo uno, abbraccia tutti gli esseri, sino all’infinito dove avverrà la piena manifestazione dell’unità.

Quando gli uomini si manifestano sceneggiatori istrionici sul palcoscenico frantumato dell’esistenza umana, l’unità è disgregata dalla sciocca vanità e dalla pericolosa schizofrenia che distrugge la verità e la concordia. Le parziali e anguste verità degli uomini non potranno mai presentare il volto supremo e radioso della Verità divina, fonte d’unità. La disgregazione nella Verità, fa sempre esplodere le lotte nel suo nome. L’unità nella Veritas in Caritate costruisce l’armonia della vita che non trascina nel vuoto del diabolico. Unità nella Verità non è solo convivenza ma è concorde tensione verso l’Uno ineffabile ed eterno, altrimenti le dimore del quotidiano rischiano di diventare sepolcri. Spesso ci si chiude nella casa del proprio io perché la piazza fa paura, la folla incute terrore e si pensa di salvarsi innalzando barriere. Non si custodisce e non si serve la Verità stando sul piede di guerra e costruendo barricate inespugnabili. La Verità tende sempre verso l’unità, altrimenti non sarebbe tale.

La legge fondamentale della vita è soltanto l’amore che fa di due o più un solo corpo. L’elemento di fusione per l’unità divina è, infatti, l’Amore che fa dei Tre un solo Dio. Gesù, superando lo stretto orizzonte dei suoi discepoli, punta lo sguardo su quanti credono in lui per la parola annunziata dagli apostoli e invoca l’unità anche per loro e per noi, per essere credibili. L’unità di cui parla Gesù scaturisce da due fonti: quella invisibile che sgorga dalla comunione con la stessa unità trinitaria; la seconda è l’unità visibile capace di convincere il mondo che Gesù è il vero inviato dal Padre che ha tanto amato gli uomini come ha amato il Figlio suo (cf Gv 17,21-23). Gesù fa scaturire l’unità dei cristiani dall’amore reciproco spinto sino al dono della propria vita. La croce di Cristo è principio di unità ed è la vita: Gesù doveva morire non solo per la nazione, ma per riunire in unità i figli di Dio che erano dispersi (cf Gv 11, 51-53). Dire che Gesù muore per la nostra salvezza è lo stesso che dire che Egli muore per l’unità. Redenzione e unità sono realtà equivalenti. In questo modo la Chiesa sarà credibile gettando così un riverbero di misericordia sul mondo che non crede in Cristo. Non ci può essere vera unità se non ci si apre all’amore con cui il Padre amò il Figlio già prima della creazione del mondo e che ha trovato il suo epilogo nella morte per la salvezza di tutti gli uomini.

Al centro e al culmine della Preghiera eucaristica della Chiesa c’è la Cena del Signore, memoriale della sua Pasqua e Azione di grazie e Supplica di Gesù al Padre perché porti a termine il progetto di salvezza: riunire tutti gli uomini in Cristo affinché l’unità sia il segno per il mondo e tutti alla fine lo riconoscano nella gloria. San Paolo, nella 1Cor 10-11 presenta l’Eucaristia come Sacramento di unità. Per l’apostolo, l’unità appartiene alla natura sacramentale dell’Eucaristia e alla sua efficacia: Il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo? Poiché vi è un solo pane, noi siamo, benché molti, un solo corpo: tutti, infatti, partecipiamo all’unico pane (1Cor 10,16-17). I cristiani vivono della stessa vita di Cristo che è presente in loro, essendo perciò in unità, formano un solo corpo che è il Corpo di Cristo.  I cristiani, a causa della loro unità, sono il Corpo di Cristo per partecipazione. Il pane è comunione del corpo, chi mangia di questo pane spezzato diventa Corpo di Cristo. Il pane spezzato è uno e coloro che ne mangiano formano un solo corpo che è la Chiesa una, santa, cattolica, apostolica. L’unità, quindi, è il suo attributo essenziale in rapporto all’obbedienza e al comando di Cristo: Fate questo in memoria di me! Il pane spezzato, in quanto uno solo, diventa modello dell’unità della Chiesa. Questo dono divino, per la sua realizzazione, proviene non da opera sociale o politica dell’uomo ma dall’unico pane della divina celebrazione eucaristica.

Le anafore della grande tradizione liturgica comportano due epiclesi: l’epiclesi per la trasformazione delle oblate e l’epiclesi per la trasformazione dei comunicanti. Pane e vino diventano Corpo e Sangue di Cristo, i comunicandi diventano Corpo di Cristo. Nell’anafora di san Basilio, l’intreccio chiastico delle due epiclesi mettono in evidenza il mutuo rapporto tra il “corpo sacramentale” e il “corpo ecclesiale”. La preghiera di chi presiede rivolge l’invocazione al Padre affinché mandi il suo Spirito sull’assemblea e sui doni, perché trasformi i doni nel corpo sacramentale, affinché, quanti comunicano a esso, sono trasformanti “in un solo corpo”, ossia, nel corpo ecclesiale. I cristiani celebrano l’eucaristia per ottenere dal Padre la trasformazione in un solo corpo ecclesiale, mistico ed escatologico.

All’inizio della creazione, il progetto sponsale dell’uomo e della donna è posto da Dio come unione originale e assoluta nel senso che marito e moglie avviano un rapporto che li rende una sola carne. All’inizio della redenzione, il Padre nello Spirito del Figlio trasforma i battezzati in un solo corpo. L’intelligenza più profonda e la grazia indispensabile per viverli in pienezza si trovano in Cristo nella novità del suo sacramento. In questo orizzonte, si capisce e si vive il “sì” nel sacramento dell’amore fedele ed eterno.

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