Al Meeting Dio non è morto

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RIMINI:Con la lettura dei messaggi di papa Francesco e del Presidente della Repubblica Mattarella ha preso il via la 36^ edizione del Meeting dell’amicizia dei popoli, come ha sottolineato Emilia Guarnieri, presidente dell’omonima Fondazione: “I messaggi di papa Francesco e del presidente della repubblica Mattarella sono la chiave di lettura e di apertura di questo Meeting”.

La prima giornata è stata dedicata al dialogo interreligioso, cavallo di battaglia da molti anni del Meeting. Emilia Guarnieri, presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli: Azzedine Gaci, rettore della Moschea Othmane di Villeurbanne in Francia ha voluto mostrare che è possibile vivere insieme tra popoli, culture e soprattutto religioni diverse: “Viviamo un’epoca di incomprensioni profonde. E’ in corso una globalizzazione delle religioni su cui occorre interrogarsi… Riusciranno le tre grandi religioni monoteistiche a vivere in Europa? Riusciranno a costruire una pace duratura o fomenteranno il terrorismo? In definitiva sono la soluzione o il problema?”

Ci sono alcuni prerequisiti fondamentali, ha proseguito il relatore, a cui occorre guardare se vogliamo rispondere a queste interrogativi: da una parte occorre considerare le esigenze personali e individuali, dall’altra le esigenze istituzionali e civili. Per soddisfare le prime occorre tener presenti tre condizioni. La prima è ‘Conoscere l’altro’: l’altro è sempre altro da me, portatore della diversità. Questa conoscenza è il primo passo per la convivenza, per poterci arricchire attraverso lo specchio delle differenze.

C’è un’unica umanità declinata in mille possibilità. L’essenziale è tessere ponti, legami di amicizia. La seconda condizione è che un vero credente è abitato da una presenza per cui non è mai solo: “Così la presenza dell’altro sarà sempre la presenza di Dio attraverso l’altro”. Un’ultima condizione fondamentale è stata la sottolineatura del rispetto, che non equivale a tolleranza. Haїm Korsia, Gran Rabbino di Francia, ha proposto di superare l’idea di tolleranza come condizione di convivenza: “la tolleranza spesso è intesa come semplice accettazione di idee contrarie, ma è necessario fare un passo in avanti e vedere l’alterità come condizione essenziale per l’esistenza dell’essere umano. In questo modo, l’unità non è appiattimento ma reciproco arricchimento, mio e dell’altro”.

Il Gran Rabbino ha raccontato l’Esodo nella Bibbia, quando gli Ebrei escono dall’Egitto. Mosè riesce a gestire il popolo parlando a tutti. Deve essere il capo di tutti, giudicando quali siano le cose importanti. Korsia ha affermato che Dio preferisce gli uomini uniti, anche se contro di lui, come nell’episodio della Torre di Babele, che disuniti come nel racconto del diluvio: “L’uniformità è pericolosa per l’uomo, mentre l’unità è il dialogo, la progressione del dialogo che fa avanzare… La perfezione dell’uomo è la sua perfettibilità”.

Questa precisazione sulla tolleranza è stata ripresa anche dal card. Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, per il quale nella grande famiglia di tutti i credenti, uniti da un solo Padre, “non ci si tollera ma ci si ama e occorre passare dalla tolleranza all’amore e all’amicizia… Le religioni sono spesso percepite come un pericolo: fondamentalismo, fanatismo, derive settarie, sono spesso associati alla religione”.

Il cardinale ha quindi indicato le tre sfide che attendono i credenti oggi. La prima è l’identità, che richiede un’idea chiara della propria fede, perché non si dialoga sull’ambiguità. L’altra è la sfida dell’alterità: ‘Chi crede e prega diversamente da me non è un nemico ma un compagno con cui fare una strada insieme’. Terza sfida, la sincerità delle nostre intenzioni, perché non si dialoga per convertire ma per fare un pezzo di cammino verso la verità.

Infine per il presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso è necessario distinguere meglio ciò che appartiene alla politica da ciò che appartiene alla religione. Tutte le religioni concordano nel difendere alcuni valori: vita, dignità della persona umana, famiglia, fraternità, aiuto reciproco.

Perciò i credenti di tutte le religioni “esistono, appartengono a questo mondo, sono solidali con la storia dei nostri giorni, sono cittadini a pieno titolo, non cittadini o credenti, ma cittadini e credenti. Offrono a tutti quel supplemento d’anima di cui ogni società ha bisogno… Facciamo parte di questo mondo, il mondo che Dio ama e al quale dobbiamo offrire la possibilità d’incontrarlo… Dio non è morto: venite al Meeting e vedrete!”.

Ha ripreso questo tema della conoscenza religiosa la presentazione della mostra su Abramo: ‘Abramo. La nascita dell’io’, con la partecipazione di Giorgio Buccellati, Professore Emerito di Storia e Archeologia del Vicino Oriente Antico alla UCLA (University of California, Los Angeles), USA; Ignacio Carbajosa Pérez, Docente di Antico Testamento presso la Facoltà di Teologia dell’Università San Dámaso di Madrid.

In apertura l’archeologo ha ricordato il brutale assassinio del custode degli scavi di Palmira, poi ha introdotto il tema della mostra, mostrando ancora una volta che Abramo riesce ad instaurare un nuovo rapporto con Dio, per cui si passa dall’io, cioè da un dio assoluto e personale, al tu, cioè al Dio del popolo, che dona il suo Figlio per la salvezza di tutti. Come ha sottolineato anche don Perez, la potenza di questa sintesi sta tutta nella storia di Abramo, del popolo che da lui ha preso origine e della continuità di Abramo rappresentata da Cristo che attualizza la compagnia di Dio all’uomo.

Abramo fu uno di quei capi tribù che si avventurarono nella steppa seguendo a ritroso il corso dei fiumi. La sua tribù era imbevuta di politeismo mesopotamico, cioè, come spiega bene la mostra e hanno illustrato i suoi curatori, riteneva che il Fato non potesse comunicare con l’uomo se non attraverso gli dèi e le leggi. Abramo invece accetta di essere chiamato per nome dal Mistero, in un tempo e in un luogo.

Ultimo incontro della prima e densa giornata è stata la presentazione di un’altra mostra, dedicata al metropolita ortodosso Anotnij con la partecipazione di Aleksandr Filonenko, docente di filosofia all’Università Nazionale di Char’kov, Ucraina; Constantin Sigov, filosofo e docente all’Università Nazionale di Kiev-Mohyla, Ucraina; Dimitrij Strotsev, poeta, editore e membro del Fondo per l’eredità del Metropolita Antonij di Surozh, Bielorussia.

Proveniente da una famiglia di diplomatici russi sorpresi dalla Rivoluzione d’Ottobre e ritrovatisi profughi, senza possibilità di rientro in patria, compì la sua educazione a Parigi, condividendo la situazione di difficoltà e incertezza degli emigrati russi banditi e ripudiati dal nuovo potere bolscevico. Inizialmente poco incline alla pratica religiosa, a quattordici anni visse un’esperienza di incontro con Cristo che segnò definitivamente la sua vita e la sua fede, e coincise esattamente con il suo sentirsi ‘afferrato’.

Diventato sacerdote e trasferitosi a Londra per curare la locale comunità ortodossa russa dell’emigrazione, si è dedicato ad una missione che aveva come metodo costante quello dell’incontro e del racconto della fede, che non assumeva mai toni astratti o puramente didascalici, ma era sempre l’apertura della propria esperienza e la disponibilità alla condivisione del proprio rapporto con Cristo.

Insomma il Meeting è partito ed il grande movimento si nota con la presentazione di altre interessanti mostre, tra cui non abbiamo tralasciato di visitare quella sull’arte moderna dal significativo titolo: ‘Tenere vivo il fuoco’.

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