I Rom vanno a scuola e si integrano

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Il 30 maggio scorso il Tribunale civile di Roma ha riconosciuto ‘il carattere discriminatorio’ del villaggio attrezzato La Barbuta, realizzato nel 2012 dal comune di Roma: una ‘sentenza storica’ secondo le associazioni 21 luglio e Asgi (Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) che hanno promosso l’azione legale contro il Comune di Roma attraverso il sostegno dell’Open Society Foundation, il supporto di Amnesty International e del Centro Europeo per i Diritti dei Rom.

In particolare, il giudice ha riconosciuto “il carattere discriminatorio di natura indiretta della complessiva condotta di Roma Capitale […] che si concretizza nell’assegnazione degli alloggi del villaggio attrezzato La Barbuta”, ordinando di conseguenza al comune di Roma “la cessazione della suddetta condotta nel suo complesso, quale descritta in motivazione, e la rimozione dei relativi effetti”. Secondo l’Associazione 21 luglio “la sentenza rappresenta uno spartiacque decisivo, oltre il quale ogni azione del comune di Roma deve indirizzarsi verso il definitivo superamento dei ‘campi’ della Capitale”.

La sentenza potrebbe rappresentare il primo passo verso l’inclusione sociale, come ha scritto il vicario di Roma, card. Agostino Vallini, alla città di Roma riflettendo sulla ‘questione Rom’, esprimendo vicinanza alla famiglia della vittima dopo il tragico episodio dell’auto guidata da tre rom in fuga dalla polizia, uccidendo una donna filippina di 44 anni e ferendo altre otto persone: “L’Unione Europea ha dato da alcuni anni indicazioni ai Governi nazionali per l’inclusione sociale di Rom, Sinti e Camminanti, indicazioni volte al superamento degli accampamenti, ma purtroppo da noi non si è fatto quasi nulla.

Comprendo le difficoltà economiche, ma ci sono ancora troppi pregiudizi. Mi domando: i fondi usati per mantenere i campi non potrebbero essere meglio utilizzati, almeno in parte, per progetti di inclusione sociale che facciano superare per sempre la marginalizzazione?..

Il Vicariato, attraverso la Caritas diocesana, ha elaborato progetti di inclusione sociale che sono stati messi a disposizione delle istituzioni competenti e prevedono sportelli per la regolarizzazione dei documenti, lo sviluppo della scolarizzazione dei bambini e dei ragazzi, centri di formazione per donne e uomini in vista dell’inserimento nel mercato del lavoro, l’inserimento nelle graduatorie per l’assegnazione delle case popolari, naturalmente non attraverso vie preferenziali ma alla pari degli altri cittadini. Purtroppo siamo ancora in attesa di essere chiamati”.

Quindi a Roma la Chiesa parla di cittadinanza e di legalità, che inizia dalla scuola. Ma purtroppo ciò non avviene come ha sottolineato l’associazione ‘21 luglio’: l’abbandono scolastico e la frequenza scolastica discontinua da parte dei minori rom sono un elemento che risalta anche per l’anno scolastico 2013-2014 dove sono stati 11.657 i minori rom e sinti in emergenza abitativa presenti nel sistema scolastico italiano. Confrontando i dati 2012/2013 con i dati 2013/2014 l’associazione ha confermato l’elevata dispersione scolastica, con un tasso di abbandono di oltre il 50% nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria e di circa il 95% da quella secondaria di primo grado a quella di secondo.

Diverse sono le ragioni di questi fenomeni emerse dall’attività di ricerca dell’Associazione 21 luglio: tra queste si possono citare l’esistenza di stereotipi e pregiudizi negativi profondamente radicati nell’immaginario collettivo e la condizione di precarietà abitativa. Infatti la precarietà e l’inadeguatezza dell’alloggio hanno conseguenze sulla possibilità dei minori di dedicarsi proficuamente allo studio e, in alcuni casi, di curare la propria igiene personale, incidendo negativamente sul loro rendimento e sulle loro relazioni sociali.

L’ubicazione degli insediamenti formali in luoghi al di fuori del tessuto urbano e distanti dagli istituti scolastici, rappresenta inoltre un ostacolo importante per l’accesso effettivo all’istruzione per gli alunni rom.

La situazione è completamente diversa invece a Napoli, dove gli alunni rom sono passati da 57 a 160 con il programma ‘Diritto alla Scuola, Diritto al Futuro’, promosso dalla Comunità di Sant’Egidio per l’anno scolastico 2014-2015. Secondo i dati diffusi dalla Comunità di Sant’Egidio, nel corso degli anni è anche aumentato il numero delle scuole coinvolte, passato da una ad otto, e si è esteso il territorio di intervento che, accanto a Scampia, vede ora anche Barra e alcune scuole del Centro storico, del Vomero e di Fuorigrotta.

Significativi anche i risultati scolastici: tutti gli studenti hanno una valutazione media oscillante tra sufficiente e buono. La maggior parte delle insegnanti, inoltre, segnala il buon comportamento degli alunni rom che, anche grazie ai compagni, si sono rapidamente integrati nelle classi. Attraverso i figli, anche i genitori si sono riavvicinati alla scuola: complessivamente, sono circa 70 le famiglie coinvolte. Sebbene restino alcune diffidenze reciproche, i genitori cominciano a recarsi presso le scuole per discutere con gli insegnanti dei modi migliori per prendersi cura dei figli.

E’ successo anche che una giovane mamma rom sia stata anche eletta rappresentante di classe. Insomma la scuola conduce all’integrazione, ma purtroppo questa buona pratica non è seguita!

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