Papa Francesco: promuovere la società civile attraverso la famiglia

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Dopo l’incontro alla Pontificia Università Cattolica dell’Ecuador, papa Francesco ha raggiunto in auto la chiesa di San Francisco, dove il sindaco di Quito ha donato le Chiavi della Città, incontrando la società civile dell’Ecuador nei vari ambiti della cultura, dell’economia, dell’imprenditoria industriale e rurale, del volontariato e dello sport, oltre a una rappresentanza delle popolazioni indigene amazzoniche.

Anche nell’incontro con la società civile papa Francesco ha approfondito i temi della salvaguardia del creato e della famiglia, collegandosi all’omelia della celebrazione eucaristica di lunedì scorso e al discorso all’Università Cattolica, citando la sua enciclica ‘Laudato sì’: “Una mano va verso l’altra. Non coltiva chi non ha cura e non ha cura chi non coltiva. Non solo siamo invitati ad essere parte dell’opera creatrice coltivandola, facendola crescere, sviluppandola, ma siamo anche invitati ad averne cura, a proteggerla, custodirla.

Oggi questo invito si impone a noi con forza. Non come una semplice raccomandazione, ma come un’esigenza che nasce ‘per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a saccheggiarla… per questo, fra i poveri più abbandonati e maltrattati, c’è la nostra oppressa e devastata terra’… C’è una riflessione che ci coinvolge tutti: le famiglie, le scuole, i docenti: come possiamo aiutare i nostri giovani a non identificare il diploma universitario come un sinonimo di status più elevato, soldi, prestigio sociale.

Come li aiutiamo a identificare questa preparazione come un segno di maggiore responsabilità per i problemi di oggi, rispetto alla cura dei più poveri, rispetto alla salvaguardia dell’ambiente… Le comunità educative hanno un ruolo vitale, essenziale nella costruzione della cittadinanza e della cultura. Non basta fare le analisi, la descrizione della realtà; è necessario dar vita ad ambiti, a luoghi di ricerca vera e propria, a dibattiti che generino alternative ai problemi esistenti, specialmente oggi”.

Dopo i saluti di benvenuto, l’illustrazione della situazione del Paese ed il coinvolgimento dei cattolici nella costruzione del Paese ed un breve, ma scoppiettante, omaggio musicale (definito un momento sublime ed emozionante), e la testimonianza di Imelda, che ha 85 anni e da 60 anni catechista, affidandolo alla Madonna della Mercede, papa Francesco, donandole un piccolo ricordo, ha approfondito questi temi ‘civili’, ma al contempo religiosi, nella chiesa di san Francisco davanti ai rappresentanti della società civile del Paese (e la consegna delle chiavi della città è un segno che occorre lavorare insieme):

“La vostra dimostrazione di fiducia e di affetto, nell’aprirmi le porte, mi permette di introdurre alcune chiavi del vivere insieme come cittadini a partire dall’esperienza della vita familiare”. Di nuovo, con un discorso altamente laico papa Francesco ha messo la famiglia al centro della vita della città: “La nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i bambini sono di casa; nessuno è escluso. Se uno ha una difficoltà, anche grave, anche quando ‘se l’è cercata’, gli altri vengono in suo aiuto, lo sostengono;il suo dolore è di tutti. Non dovrebbe essere così anche nella società? E, tuttavia, le nostre relazioni sociali o il gioco politico, spesso si basano sulla competizione, sullo scarto”.

Ricordando le madri di Buenos Aires ha dato una precisa definizione della famiglia, che non è competizione, ma collaborazione: “Nelle famiglie, tutti contribuiscono al progetto comune, tutti lavorano per il bene comune, ma senza annullare l’individuo; al contrario, lo sostengono, lo promuovono. Le gioie e i dolori di ciascuno sono fatti propri da tutti. Questo è essere famiglia! Se potessimo vedere l’avversario politico, il vicino di casa con gli stessi occhi con cui vediamo i bambini, le mogli o i mariti, i padri o le madri”.

Richiamando la frase di papa Paolo VI, ‘La politica è la più alta forma di carità’, il papa ha invitato ad amare ed a costruire la città come una famiglia: “Amiamola piuttosto con le opere che con le parole! In ogni persona, nel concreto, nella vita che condividiamo. L’amore tende sempre alla comunicazione, mai all’isolamento. A partire da questo affetto, scaturiranno gesti semplici che rafforzano i legami personali. In diverse occasioni ho fatto riferimento all’importanza della famiglia come cellula della società.

In famiglia, le persone ricevono i valori fondamentali dell’amore, della fraternità e del reciproco rispetto, che si traducono in valori sociali essenziali: la gratuità, la solidarietà e la sussidiarietà. Per i genitori tutti i figli, anche se ciascuno ha la sua indole, sono ugualmente degni d’amore”. Ed ha proposto l’esempio concreto di un bambino che non obbedisce ai genitori, che con la loro educazione civile lo aiutano nella relazione: “L’amore dei genitori lo aiuta ad uscire dal suo egoismo per imparare a vivere insieme agli altri, a rinunciare per aprirsi all’altro. Nell’ambito sociale questo significa che la gratuità non è un complemento ma un requisito necessario della giustizia.

Quello che siamo e abbiamo ci è stato donato per metterlo al servizio degli altri, il nostro compito consiste nel farlo fruttificare in opere buone. I beni sono destinati a tutti, e per quanto uno ostenti la sua proprietà, pesa su di essi un’ipoteca sociale. Così si supera il concetto economico di giustizia, basato sul principio di compravendita, con il concetto di giustizia sociale, che difende il diritto fondamentale dell’individuo a una vita degna”.

Poi si è riferito alla situazione ecuadoriana, invitando a custodire il proprio Paese: “Lo sfruttamento delle risorse naturali, così abbondanti in Ecuador, non deve ricercare il guadagno immediato. Essere custodi di questa ricchezza che abbiamo ricevuto ci impegna con la società nel suo insieme e con le generazioni future, alle quali non potremo lasciare in eredità questo patrimonio senza una cura adeguata dell’ambiente, senza una coscienza di gratuità che scaturisce dalla contemplazione del creato”. Rivolgendosi ad alcuni esponenti dei popoli indigeni provenienti dall’Amazzonia ecuadoriana ha ribadito la pedagogia dell’ecologia integrale:

“Ci sono luoghi che richiedono una cura particolare a motivo della loro enorme importanza per l’ecosistema mondiale, poiché ha una biodiversità di grande complessità, quasi impossibile da conoscere completamente, ma quando queste foreste vengono bruciate o rase al suolo per accrescere le coltivazioni, in pochi anni si perdono innumerevoli specie, o tali aree si trasformano in aridi deserti. Là, l’Ecuador, insieme ad altri Paesi della frangia amazzonica, ha l’opportunità di praticare la pedagogia di una ecologia integrale”.

Per praticare questa ecologia umana di nuovo il papa ha citato il valore educativo della famiglia, attraverso la sussidiarietà: “Noi abbiamo ricevuto in eredità dai nostri genitori il mondo, ma anche in prestito dalle generazioni future alle quali lo dobbiamo consegnare! Dalla fraternità vissuta in famiglia, nasce la solidarietà nella società, che non consiste solo nel dare ai bisognosi, ma nell’essere responsabili l’uno dell’altro. Se vediamo nell’altro un fratello, nessuno può rimanere escluso, separato…

La speranza di un futuro migliore richiede di offrire reali opportunità ai cittadini, soprattutto ai giovani, creando occupazione, con una crescita economica che arrivi a tutti, e non rimanga nelle statistiche macroeconomiche, con uno sviluppo sostenibile che generi un tessuto sociale forte e ben coeso. Infine, il rispetto per l’altro che si apprende in famiglia, si traduce in ambito sociale nella sussidiarietà.

Accettare che la nostra scelta non è necessariamente l’unica legittima è un sano esercizio di umiltà. Riconoscendo ciò che c’è di buono negli altri, anche con i loro limiti, vediamo la ricchezza che caratterizza la diversità e il valore di complementarietà”. E raccontando la bellezza della chiesa ospitante grazie al mescolamento delle culture ha parlato di democrazia partecipativa e del compito della Chiesa nella ricerca del bene comune: “Anche la Chiesa vuole collaborare nella ricerca del bene comune, con le sue attività sociali, educative, promuovendo i valori etici e spirituali, essendo segno profetico che porta un raggio di luce e di speranza a tutti, specialmente ai più bisognosi”.

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