Padre Zerai: non più tragedie nel Mediterraneo

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Dopo il tristissimo naufragio di profughi, avvenuto nei giorni scorsi nel mar Mediterraneo, con un altissimo ed imprecisato numero di morti, la Chiesa esprime il suo profondo dolore, dopo le parole di papa Francesco, pronunciate domenica 19 aprile durante il ‘Regina Coeli’:

“Rivolgo un accorato appello affinché la comunità internazionale agisca con decisione e prontezza, onde evitare che simili tragedie abbiano a ripetersi. Sono uomini e donne come noi, fratelli nostri che cercano una vita migliore, affamati, perseguitati, feriti, sfruttati, vittime di guerre; cercano una vita migliore. Cercavano la felicità”, il presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), card. Reinhard Marx, ha espresso critiche alla politica di accoglienza dell’Europa:

“Questa nuova catastrofe nel Mediterraneo costituisce un fallimento per tutto ciò che fa dell’Unione europea una comunità di valori… L’Unione europea non può rimanere inerme davanti a questa catastrofe umana. Nei fatti, si potrebbe biasimare il potere di attrazione dell’Unione europea per i rifugiati, le misure europee da cui traggono vantaggi i trafficanti o ancora la mancanza di azione per contrastare le cause che portano gli immigrati a fuggire dal loro paese d’origine”.

E padre Mosè Zerai, responsabile dell’agenzia Habesha, che si occupa di rifugiati e richiedenti asilo, ha affermato in una nota: “Il rifiuto del Unione Europea di mettere in campo un programma equivalente del Mare Nostrum è una chiara dichiarazione di guerra contro migranti e profughi. Lasciarli morire in mare è un modo passivo di combattere una guerra che non si vuole dichiarare.

Solo in questi primi mesi del 2015 si contano circa 1.600 persone morte nel Mediterraneo in quello che l’Europa considera a torto ‘Mare Nostrum’ ma nei fatti non lo dimostra, perché il mediterraneo nei ultimi 15 anni è divenuto cimitero per molti bambini, donne… Dopo la tragedia di Lampedusa nel 2013 abbiamo visto e sentito politici di grande responsabilità istituzionale promettere mai più tragedie simili, eppure oggi siamo qui di nuovo a piangere centinaia di vittime…

La responsabilità è degli Stati falliti da cui parte questo esodo di profughi, che la comunità internazionale guarda in silenzio, mentre devastano il paese e la popolazione, costringendoli alla fuga. Queste vittime sono sulla coscienza di quei criminali che li hanno mandati allo sbaraglio, ma sono anche sulla coscienza di quei criminali della politica e della finanza europea che si rifiutano di mettere al centro la vita umana, al punto di fare finta di non vedere che il mediterraneo si è tinto di rosso del sangue di migliaia di innocenti”.

Con lui abbiamo cercato di analizzare la situazione e gli abbiamo chiesto perché l’Europa sta a guardare davanti a queste tragedie: “Perché prevale l’egoismo e l’indifferenza, perché l’Uomo non è al centro dell’agenda politica dei Burocrati a Bruxelles”.
Chi sono coloro che decidono di partire?
“Sono persone in fuga da guerre, dittature, fame basta vedere la nazionalità di queste persone. Eritrei, Somali, Sudanesi, Siriani…”.

Molti dei morti sono eritrei: perché intraprendono questo pericoloso viaggio?
“Gli eritrei sono in fuga da una dittatura che ha reso il paese una prigione a celo aperto, il servizio militare divenuto una schiavitù legalizzata, totale mancanza dei diritti fondamentali e libertà ecco perché intraprendono questo viaggio pericoloso, sperando di arrivare in un paese sicuro, dove ricominciare a vivere, a sognare”.
Chi parte per l’Europa cosa spera di trovare?
“Chi parte spera di trovare una possibilità di una vita dignitosa, una protezione, sicurezza e giustizia”.

Quale può essere un intervento per evitare queste stragi?
“L’Europa e tutta la comunità internazionale deve agire su tre livelli: andare alla radice il problema vuol dire estirparlo. Quindi combattere le dittature, pacificare la dove ce un conflitto, investire per lo sviluppo; proteggere i profughi nei paesi di transito, offrendo loro sicurezza ed accesso legale per chiedere asilo, tramite le ambasciate nei paesi limitrofi, offrire condizioni di vivibilità in questi paesi di transito; mettere in campo un programma di accoglienza e re-insediamento Europeo, cosi che i rifugiati riconosciuti dall’UNHCR vengano trasferite le persone legalmente verso il paese di accoglienza.

Il nostro cuore è colmo di dolore, la strage di profughi nel mediterraneo, il massacro dei cristiani eritrei ed etiopi in Libia, il silenzio dei potenti della terra Dio chiede oggi a ciascuno di noi il sangue di tuo fratelli e della tua sorella grida dinanzi a me, dove il tuo fratello e dove tua sorella? Da 15 anni assistiamo la morte dei migranti e profughi nel Mediterraneo, l’Europa non sa fare altro che lesinarci parole di circostanza e tanta ipocrisia.

Una Europa che spende milioni per aggiornare i suoi armamenti militari, ma non ha soldi per salvare vite umani, non ha voglia di guardare al pasticcio combinato in Africa, Medio Oriente. Sono mercato fiorenti dove vendere armi, da sfruttare le risorse naturali, far venire lavoratori a basso costo”.

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