Lo sbarco in Normandia e il ricordo del Card. Ratzinger

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6 giugno 1944, ore 6.30. Una pioggia di fuoco si abbatteva furiosa dal mare sulle spiagge della Normandia. Il D-Day era scattata, l’operazione Overlord iniziata. Le forze Alleate davano così inizio, con un pesantissimo bombardamento navale, alla più grande operazione militare di tutti i tempi per liberare definitivamente l’Europa dal giogo nazista.

Domani il mondo commemorerà quel terribile evento a 70 anni esatti dal suo svolgimento. I grandi della Terra renderanno omaggio alle vittime sulle spiagge insanguinate della Normandia. La commemorazione del D-Day avviene ogni anno, ma in forma più solenne negli anniversari decennali.

Ed esattamente 10 anni fa, il 6 giugno 2004 a celebrare quella ricorrenza in rappresentanza di Papa Giovanni Paolo II fu inviato il Cardinale tedesco Joseph Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Decano del Collegio Cardinalizio. Vale la pena – a 70 anni dallo sbarco in Normandia – ricordare alcuni passaggi del discorso pronunciato da quello che poco meno di un anno dopo sarebbe diventato Papa Benedetto XVI.

Il discorso di Joseph Ratzinger iniziava con un attacco frontale ad Adolf Hitler e al nazismo, una condanna che il futuro Papa avrebbe ripetuto più volte nel corso del pontificato. ‘Un criminale con i suoi accoliti – disse in Normandia – era riuscito a impadronirsi del potere in Germania. Sotto il dominio del Partito, il diritto e l’ingiustizia si erano intricati tra loro in maniera pressoché indissolubile, tanto da travasarsi spesso l’uno nell’altra e viceversa’.

‘Se mai si è verificato nella storia un bellum justum – aggiungeva con coraggio il futuro Papa – è qui che lo troviamo, nell’impegno degli Alleati, perché il loro intervento operava nei suoi esiti anche per il bene di coloro contro il cui Paese era condotta la guerra. Questa constatazione mi pare importante perché mostra, sulla base di un evento storico, l’insostenibilità di un pacifismo assoluto. Il che non ci esenta in alcun modo dal porci con molto rigore la domanda se oggi sia ancora possibile, e a quali condizioni, qualcosa di simile a una guerra giusta, vale a dire un intervento militare, posto al servizio della pace e guidato dai suoi criteri morali, contro i regimi ingiusti. Soprattutto, si spera che quel che abbiamo fin qui detto aiuti a comprendere meglio che la pace e il diritto, la pace e la giustizia sono inseparabilmente interconnessi. Quando il diritto è distrutto, quando l’ingiustizia prende il potere, la pace è sempre minacciata ed è già, almeno in parte, compromessa’.

Ma la pace mondiale – notava ancora il Cardinale Ratzinger – era (ed è) ben lontana dall’essere assicurata. Sia per le guerre locali e regionali che si sono scatenate dal 1945 sia per il fenomeno del terrorismo internazionale, ‘una guerra senza un fronte fisso, che può colpire ovunque e non conosce distinzione tra combattenti e popolazione civile, tra colpevoli e innocenti’.

‘La difesa del diritto può e deve – proseguiva ancora il porporato bavarese – in alcune circostanze, far ricorso a una forza commisurata. Un pacifismo assoluto, che neghi al diritto l’uso di qualunque mezzo coercitivo, si risolverebbe in una capitolazione davanti all’iniquità, ne sanzionerebbe la presa del potere e abbandonerebbe il mondo al diktat della violenza. Ma per evitare che la forza del diritto si trasformi essa stessa in iniquità, è necessario sottometterla a criteri rigorosi e riconoscibili come tali da parte di tutti. Essa deve interrogarsi sulle cause del terrore, il quale spesso trova la sua scaturigine in una situazione di ingiustizia alla quale non vengono opposte misure efficaci. Soprattutto è importante in queste situazioni rinnovare costantemente un’offerta di perdono, al fine di spezzare la spirale della violenza. Là dove, infatti, viene applicata senza quartiere la regola dell’occhio per occhio, non c’è via d’uscita dalla violenza. Sono necessari gesti d’umanità che, rompendo con la violenza, cerchino nell’altro l’uomo e lo richiamino alla sua umanità, anche dove ciò appaia a prima vista come una perdita di tempo. E’ urgente l’avvento di un vero ius gentium libero da egemonie preponderanti e capace di interventi adeguati: solo così apparirà chiaro che in gioco è la protezione del diritto comune, del diritto di tutti, anche di coloro che stanno, come si suol dire, dall’altra parte della barricata. Nella Seconda guerra mondiale è stato il verificarsi di questa condizione a risultare convincente e a portare a una vera pace tra le forze antagoniste. Non si operò, infatti, per il rafforzamento di un diritto particolare ma per il ristabilimento della libertà e del vero diritto, per tutti, anche se indubbiamente non si riuscì a impedire la nascita di nuove strutture egemoniche’.

Per sconfiggere il terrorismo così come è stato battuto il nazismo è necessario – era l’analisi del futuro successore di Giovanni Paolo II – ‘abbattere prima di tutto il fondamentalismo in tutte le sue forme e promuovere la vittoria della ragione per lasciare campo libero a forme illuminate di religione’. Tuttavia non esiste solo il fanatismo religioso, era il monito di Ratzinger. ‘Nessuna pace può esserci nel mondo senza l’autentica pace tra ragione e fede, perché senza la pace tra la ragione e la religione le sorgenti della morale e del diritto si esauriscono. Esistono le patologie della religione – sono sotto i nostri occhi ed esistono le patologie della ragione anch’esse ben visibili. Entrambe le patologie costituiscono pericoli mortali per la pace e, oserei dire, per l’umanità intera’.

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