Benedetto XVI e Francesco, tra diplomazia e comunicazione

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Possono delle conferenze stampa in aereo essere occasione di dibattito? Sì, se le conferenze stampa sono quelle di Benedetto XVI, raccolte dal direttore di Korazym.org Angela Ambrogetti nel libro “Sull’Aereo di Papa Benedetto” (Libreria Editrice Vaticana). Conferenze stampa così profonde da aver suscitato l’idea di una giornata di studi su “I viaggi dei Papi. Tra diplomazia e comunicazione”. Organizzata dall’Associazione Culturale Giuseppe De Carli e dalla Pontificia Università della Santa Croce, l’incontro di studi si svolge  oggi presso la Pontificia Università della Santa Croce, e vede come relatori l’arcivescovo Georg Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia e Segretario Particolare di Benedetto XVI, e il vaticanista Marco Tosatti. All’autrice Angela Ambrogetti va il merito di aver fornito a tutti uno straordinario strumento di lavoro. Strumento di lavoro che in fondo dimostra prima di tutto una cosa: la diplomazia è comunicazione.

Benedetto XVI parla spesso del ruolo della Santa Sede nelle sue conferenze stampa in aereo. Quando, alla vigilia del secondo viaggio in Germania, gli chiedono del Medio Oriente, sottolinea che “naturalmente non abbiamo alcuna possibilità politica, e non vogliamo alcun potere politico. Ma noi vogliamo appellarci ai cristiani e a tutti coloro che si sentono in qualche modo uniti alla Santa Sede e interpellati da essa, affinché vengano mobilitate tutte le forze che riconoscono che la guerra è la peggiore soluzione per tutti”. E quando, mentre viaggia verso il Brasile nel 2007, gli chiedono della Teologia della Liberazione, Benedetto XVI sottolinea piuttosto che “adesso la questione è come la Chiesa debba essere presente nella lotta per le riforme necessarie, nella lotta per condizioni più giuste di vita. Su questo si dividono i teologi, in particolare gli esponenti della ideologia politica”.

Ma nelle conferenze stampa si ritrovano anche molti altri temi. E sono tutti attualissimi. C’è il tema dell’ecumenismo, dell’incontro di comunione con il Patriarca Bartolomeo in Turchia nel 2007. C’è il tema della promozione dell’identità cristiana, che ricorre specialmente nei viaggi europei. Tutti temi che Papa Francesco ha ripreso, con lo stesso slancio.

Ci sono però due temi che non solo sono ricorrenti, ma sono preponderanti: quello dell’annuncio della Parola in maniera positiva (più volte, Benedetto XVI sottolinea che non si devono vedere solo le cose brutte, ma anche quelle belle, e che si deve promuovere il Vangelo a partire dai suoi valori positivi); e quello della verità, il vero tema del pontificato di Benedetto XVI, e in fondo è il vero tema del cristianesimo. Non ha detto Gesù: io sono la Via, la Verità e la Vita?

Senza il tema della verità non si comprendono le conferenze stampa in aereo di Benedetto XVI. Tutto è teso a spiegare la verità del messaggio cristiano. Il suo obiettivo per la Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia del 2005 è di far capire ai giovani che “è bello essere cristiani! L’idea genericamente diffusa è che i cristiani debbano osservare un’immensità di comandamenti, divieti, principi e simili e che quindi il cristianesimo sia qualcosa di faticoso e oppressivo da vivere e che si è più liberi senza tutti questi fardelli. Io invece vorrei mettere in chiaro che essere sostenuti da un grande Amore e da una rivelazione non è un fardello, ma sono ali, e che è bello essere cristiani!”

E poi, di fronte al milione di giovani nel campo di Marienfeld, dopo averli fatti inginocchiare in una adorazione silenziosa, Benedetto XVI tornò sul tema della rivelazione, mettendo in luce i limiti della “fede fai da te”.

Questa propensione per la verità è stato il cuore dello sforzo diplomatico di Benedetto XVI. Eredita una diplomazia pontificia basata sulla realpolitik, sulla ricerca del male minore e del fragile equilibrio. Lui chiede di fondare i discorsi dei nunzi e i temi della diplomazia, sulla verità. Tanto che si intitola “Nella verità, la pace” il suo primo messaggio per la Giornata Mondiale per la Pace.

Ed è un amore per la verità che comporta rischi. A Colonia, nel 2005, il Papa entra in sinagoga, evento storico. Ma non si nasconde dietro un dito: “Se il dialogo vuole essere sincero, non deve passare sotto silenzio le differenze esistenti o minimizzarle”. Lui stesso non lo fa a Ratisbona, nel 2006, quando la sua lezione all’università crea moltissime polemiche. Ma è perché sono in pochi a rendersi conto che tutto è cambiato. Che ormai non ci si può più nascondere, che si deve cercare la verità con argomenti di ragione. Mentre l’Occidente continua ad attaccare il Papa, in Medioriente si accorgono che una nuova via di dialogo è possibile. Nasce da lì, la lettera dei 138 musulmani, che porterà ad un incontro bilaterale in Vaticano.

La ricerca della verità diventa fondante anche nel rapporto – sempre difficile – con la Chiesa di Cina. Una lettera del Papa nel 2007 detta le condizioni per ricondurre all’unità – nella fedeltà di tutti a Roma e nell’accordo con le autorità dello Stato – i cattolici in Cina, sanando la frattura tra la Chiesa ufficiale e quella clandestina. Poi, nel 2008, il Papa chiama il cardinale Zen, uno dei più battaglieri vescovi cinesi, a scrivere le meditazioni della via Crucis del Venerdì Santo. E, in un momento in cui le relazioni sembrano diventare ancora più difficili, il Papa crea cardinale John Tong, il successore di Zen, un uomo equilibrato che sa combattere il regime con argomenti di ragione.

Anche la battaglia per la libertà religiosa viene portata avanti sul piano del diritto internazionale, su solide basi, e non sulla ricerca di concessioni o di aperture per le minoranze, o di tolleranza per la presenza delle religioni. È una battaglia che si porta avanti in termini di ragione.

Ed è la ragione di cui Benedetto XVI ha parlato in tutti gli incontri con la società civile e politica dei luoghi in cui è andato in viaggio da Papa. Fermo nella verità, eppure consapevole di quello che aveva scritto, da teologo, nel suo volume più celebre, Introduzione al cristianesimo: “Chi tenta di diffondere la fede in mezzo agli uomini che si trovano a vivere e a pensare nell’oggi può davvero avere l’impressione di essere un pagliaccio, oppure addirittura un resuscitato da un vetusto sarcofago, che si presenta al mondo odierno avvolto nelle vesti e nel pensiero degli antichi, e nell’epoca nostra e pertanto nell’impossibilità di comprendere gli uomini dell’epoca nostra e di essere compreso da loro”.

Da qui, viene la peculiare comunicazione di Benedetto XVI. Lui comunica come fa diplomazia. Non cerca di minimizzare le differenze, non cerca di mettere da parte i problemi. Li affronta. Nel volo verso Fatima, nel 2010, ha il coraggio di dire che la profezia di Fatima non si è ancora compiuta, prima di mettere tutta la Chiesa in penitenza, un atto senza precedenti.

Un atto di fede, per un Papa che ha sempre alimentato la sua fede con la ragione. La fede, per Benedetto XVI, è una cosa ragionevole. È per questo che anche il suo colloquio con i giornalisti è fatto di discorsi precisi, strutturati, costruiti come piccole cattedrali che partono dal caso specifico e vanno verso il cielo, verso la verità.

E sta qui il motivo per cui Benedetto XVI non è stato forse ben capito dai media. “La verità è che il professor Ratzinger chiede di essere ascoltato con calma. I discorsi di Benedetto XVI richiedono attenzione e preparazione”, scrive Angela Ambrogetti. Forse è proprio lo scandalo della verità che colpisce. Racconta Gaenswein chiosa nella presentazione del volume che il rapporto tra Benedetto XVI e la stampa è un rapporto franco, schietto, senza alcuna “tendenza populista”, racconta monsignor Georg Gaenswein, segretario particolare di Benedetto, nella prefazione del volume. “E’ da sottolineare – scrive Gaenswein – che il Santo Padre non ha mai cancellato una domanda, non ce n’è mai stata una che gli era ‘scomoda’. Accetta le domande, riflette, risponde”.

E parla di Vangelo. Insistentemente sottolinea nelle conferenze stampa che lui va a parlare di Dio, che il primo scopo della visita è pastorale. Non dà risposte che tutti si possono aspettare, ma dà risposte che portino al centro della questione Dio. Spiega perché la Chiesa si occupa di temi come i diritti umani e la pace nel mondo, non parla semplicemente di diritti umani e di pace nel mondo. È uno stile di comunicazione che ha bisogno di articolarsi in un pensiero, che non crea slogan. Ma che proprio per questo è al di fuori da ogni finzione, ed è completamente estraneo a qualunque ricerca del titolo di giornale. Non c’è più notizia e notiziola che tenga di fronte alla Notizia dell’annuncio del Vangelo. Un annuncio da dare con gioia.

Dopo due viaggi internazionali e due conferenze stampa in aereo, Papa Francesco ha delineato un suo stile personale nelle conferenze stampa in aereo. Ma le basi restano le stesse: la Buona Notizia, l’annuncio del Vangelo e la gioia del Vangelo – che è poi anche il titolo dell’esortazione apostolica di Francesco. Il fatto che le domande non vengano preparate fa forse mancare un po’ i temi forti, a volte ci si concentra sulla notiziola e sul pettegolezzo piuttosto che sui grandi temi. Ma Papa Francesco sembra avere ben saldo in testa il centro della sua predicazione, che è appunto l’annuncio di Gesù.

Con un approccio peculiare. Papa Francesco usa molto la preghiera come strumento diplomatico. Domenica ospiterà in Vaticano il presidente israeliano Shimon Peres insieme al presidente palestinese Mahmoud Abbas. Con lui ci sarà anche il patriarca Bartolomeo, in una naturale prosecuzione del viaggio a Gerusalemme. Non si faranno accordi, né negoziati. Non si parlerà di grandi principi. Si pregherà per la pace. Poi, Papa Francesco volerà in Corea del Sud ad Agosto, ed anche quel viaggio sarà un viaggio di diplomazia, con l’idea di voler arrivare più vicino possibile al 42esimo parallelo, magari anche di varcarlo come Benedetto XVI varcò il muro di Betlemme.

In fondo, la missione dei Papi è comunicazione della verità e diplomazia per fare sì che la verità trionfi nel mondo, anche nel concerto delle nazioni. Dei futuri sviluppi di questo binomio tra Comunicazione e Diplomazia parlerà il vaticanista Marco Tosatti. Fermo restando l’annuncio della Notizia, come può il Papa fare sì che le sue parole non siano banalizzate, ma abbiano il peso della verità?

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