Andy Warhol. L’immagine senza valore

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L’opera artistica di Andy Warhol (1928-1987) sta conoscendo un notevolissimo successo commerciale, museale e culturale postumo. Sia da solo che in connessione agli altri grandi nomi della Pop Art americana degli anni ’60 (come Robert Rauschemberg, Roy Lichtenstein, Claes Oldemburg, Tom Wesselmann …) in Italia Warhol è da alcuni anni al centro di pubblicazioni, mostre, esposizioni in gallerie. In particolare, due ampie e significative iniziative su Warhol sono in svolgimento in questi giorni a Napoli e a Roma.Fino al 20 luglio 2014, il PAN, Palazzo delle Arti di Napoli, ospita la mostra “Andy Warhol. Vetrine” curata da Achille Bonito Oliva, mentre la mostra “Andy Warhol” si può visitare, fino al 28 settembre 2014, alla Fondazione Roma Museo di Palazzo Cipolla, in Via Del Corso a Roma e che è incentrata sulle opere di proprietà della Brant Foundation.

La rassegna napoletana raccoglie 180 opere e documenta il rapporto che ha legato Andy Warhol alla città di Napoli dalla metà degli anni 70 grazie all’amicizia con il gallerista Lucio Amelio e il cineasta Mario Franco. Il titolo è “Vetrine” dall’idea di ambientare la mostra in quattro spazi che rievocano il rapporto di Warhol con il mondo delle case discografiche, dei negozi di Madison Avenue, dei supermercati e del merchandising turistico. Il percorso espositivo prevede ritratti di personaggi vissuti o transitati a Napoli  – da Graziella Lonardi Buontempo, Ernesto Esposito, Peppino di Bernardo, Salvatore Pica fino a Joseph Beuys – e vedute partenopee realizzate da Warhol con scatti Polaroid. In mostra anche il monumentale “Fate presto” (una tela serigrafata di grandi dimensioni ricavata dalla prima pagina del Mattino del 23 novembre 1980, il giorno del drammatico del terremoto dell’Irpinia) e i lavori della serie “Vesuvius” nei quali il vulcano e disegnato e riprodotto in colori diversi. Vi sono inoltre i disegni che derivano dalle fotografie di Wilhelm von Gloeden (1978) e acquistate da Lucio Amelio; la storica serie Marilyn del 1967 e copertine e posters ideati da Warhol nell’ambito delle collaborazioni con case discografiche e gruppi musicali. Bonito Oliva sembrerebbe suggerire una sotterranea corrispondenza fra l’underground e il pop della metropoli statunitense e la magmatica creatività di Napoli, città sempre in bilico tra morte e rinascita, dramma e commedia, beni culturali e souvenir del più puro stile kitsch.

Intanto a Roma – negli spazi della Fondazione Roma Museo di Palazzo Cipolla – troneggia la grande “Liz Taylor”, serigrafi multicolore firmata da Andy Warhol nel 1963. Oltre al ritratto della diva statunitense vi sono oltre 150 opere provenienti da una delle collezioni più importanti dell’opera di Warhol: la “Brant Foundation” di cui è stato fondatore Peter Brant, noto collezionista d’arte ed uno dei più intimi amici di Warhol. Da questo sodalizio sarebbe nata la rivista Interview, fondata da Warhol nel 1969. La mostra parte dai primi disegni del Warhol grafico e illustratore per terminare con la spettacolare serie “L’Ultima cena” esposta nel 1987, pochi mesi prima della prematura scomparsa di Warhol. Su invito di Alexandre Jolas – la cui galleria sorgeva davanti al Refettorio di Santa Maria delle Grazie di Milano – Warhol realizzò tra il 1985 e il 1986 oltre cento tra dipinti e serigrafie dedicate al “Cenacolo” di Leonardo da Vinci sulla scia delle rielaborazioni dei classici dell’arte italiana, iniziata con la “Mona Lisa” del 1963. Si vedono anche gli autoritratti di Warhol e le icone dei “grandi del XX secolo” Mao, Marylin Monroe e i volti celebri e meno celebri dei protagonisti di una età di universalizzazione dell’immagine.

Il successo attuale delle opere di Warhol – spesso criticate ai suoi tempi – va posto in congiunzione con la diffusione planetaria dell’immagine digitale tramite telefoni cellulari e computers. Esaurita definitivamente la rivoluzione degli anni ’60 del Novecento dell’arte POP contro l’arte Classica e variamente avanguardistica, Warhol ritorna oggi come il mago dell’immagine rielaborata in digitale. Molte delle sue trasfigurazioni, molte icone seriali frutto della sua perizia tecnica, sono divenute immagini facilmente rielaborabili (taglia, incolla, posterizza) con i programmi informatici e grafici d’uso comune: sono quindi riproducibili all’infinito sui Social Networks. L’immagine senza luogo né tempo – e quindi “senza valore” – ideata da Warhol a partire dalla tecniche della grafica e della pubblicità è divenuta la nostra immagine d’uso quotidiana: per questo le masse degli internettisti possono rendere oggi l’omaggio postumo al folletto della serialità.

Nella foto: Andy Warhol, “L’ultima cena” (The last Supper) 1986, in mostra a Palazzo Cipolla.

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