L’educazione secondo Bergoglio

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“Mi piace molto l’espressione di un autore americano: dice che Dio ci diede due occhi, uno di carne e uno di vetro; con quello di carne vediamo ciò che guardiamo, con quello di vetro ciò che sogniamo. Insegniamo ai nostri ragazzi a vedere la vita con questi due occhi?”. È una delle numerose domande sull’urgenza dell’educazione contenute nel volume Agli educatori, uscito per i tipi della Libreria Editrice Vaticana, che raccoglie una serie di omelie, di lettere pastorali e di interventi pronunciati dall’allora arcivescovo di Buenos Aires, il cardinale Jorge Mario Bergoglio, tra il 2008 e il 2012.

Il volume è strutturato in due parti: la prima, “Il pane della speranza”, riunisce 13 interventi, tra i quali alcune omelie in occasione della veglia pasquale e della solennità del Corpus Domini; la seconda, “Non stancarti di seminare”, ne raccoglie 9, tra cui alcune lettere indirizzate ai catechisti dell’arcidiocesi. Proprio a loro il cardinale domanda: “Stiamo educando alla speranza?”. È questo un mandato che implica tre elementi: “memoria del patrimonio ricevuto e fatto proprio; lavoro di quel patrimonio affinché non sia un talento sotterrato; proiezione, tramite le utopie e i sogni, verso il futuro”. Una grande responsabilità per gli educatori, dai quali dipende il domani dei ragazzi: “Li prepariamo per i grandi orizzonti – domanda il cardinale Bergoglio – o per l’orizzonte dell’angolo in cui per quattro soldi possono comprarsi il crack o qualcosa del genere?”. Più volte, nel volume, ritorna il tema della droga, che è definita una “proposta tenebrosa”, una “corruzione che arriva pesino a essere distribuita agli angoli delle scuole”. “Dobbiamo difendere ‘il cucciolo’ ” insiste Bergoglio, perché “non si mercanteggia la luce con un piccolo lampione qualunque che lascia intorno degli spazi di buio”. Ma le “tenebre” sono tante: “le tenebre della mezza verità, la tenebra gnostica della sperimentazione con i ragazzi… (…) La tenebra dell’abbandono: quanti ragazzi e ragazze abbandonati riceviamo nelle nostre aule! Mancanti di affetti, di dialogo, di allegria, che non sanno cosa significhi giocare con papà e mamma. La proposta della scorciatoia facile, della soddisfazione a portata di mano; la proposta dell’alcool, la proposta della droga…”.

Ai giovani il cardinale dice: “Camminate nella luce, non lasciatevi sedurre dai mercanti delle tenebre”. Ed esorta i dirigenti e coloro che hanno responsabilità a non servirsi del proprio status “come piedistallo delle nostre ambizioni personali, per il nostro arrampicarci quotidiano, per i nostri meschini interessi, per ingrossare la cassa o per promuovere gli amici che ci sostengono”.

Un altro tema proposto alla riflessione è “come fare perché la disciplina sia limite costruttivo del cammino che deve intraprendere un ragazzo e non un muro che lo annulli o una dimensione dell’educazione che lo castri”. Vogliamo dei ragazzi “tranquilli”, o “inquieti”? – domanda il cardinale. “I ragazzi ‘fanno casino’ e allora pensiamo a misure che mettano la camicia di forza alla spontaneità vitale degli studenti”. “Bisogna porre dei limiti – riflette Bergoglio –, tutti siamo d’accordo, ma che non siano un impedimento allo sviluppo di quell’altra inquietudine che mette in marcia, soffocando la speranza”.

Educare è infatti “una delle arti più appassionanti dell’esistenza e richiede permanentemente di allargare gli orizzonti, di ricominciare e mettersi in cammino in maniera rinnovata” spiega il cardinale Bergoglio, che mette in guardia contro l’assuefazione, che “ci anestetizza il cuore; non c’è capacità di quello stupore che ci rinnova nella speranza; non c’è spazio per l’identificazione del male e per lottare contro di esso”. E chiede al Signore di aiutare gli educatori a sconfiggere le “meschine paure interiori” che li possono attanagliare e che “ci schiaffeggi con la luce della sua grandezza”.

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