Quando la misericordia diventa carità

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La storia è ormai nota. Nel 1983 alla Stazione Termini Modesta Valenti, una senza tetto, muore perchè l’ambulanza chiamata a soccorrerla si rifiuta di caricare una “barbona”. Tutto nasce così, per la voglia di un gruppo di giovani di essere vicino a chi viene rifiutato. I ragazzi della Comunità di Sant’ Egidio fanno nascere le cene portate ogni sera in stazione, a Termini a Tiburtina a Ostiense.  Roma è una delle città più ricche di misericordia, di carità, di gente che la notte percorre le strade per assistere, aiutare, parlare. Sono gruppi diversissimi tra loro per formazione e stile, ma tutti hanno in comune la cosa importante: il Vangelo.

“ Abbiamo iniziato così – racconta Augusto D’Angelo, oggi professore universitario- portando una cena, bevande, vestiti, con l’idea di rispondere alla fame e ai bisogni essenziali ma scoprendo una grande domanda di amicizia, solidarietà, di compagnia. É nata una rete familiare, che è cresciuta con un rapporto quasi parentale con qualcuno di quegli uomini e quelle donne che ogni notte incontravamo.”

Una rete di solidarietà: il Forum delle Associazioni su strada

Le organizzazioni che lavorano per le strade sono tante c’è coordinamento?

“ Si, certo. La nostra esperienza è che ormai da anni si fanno incontri mensili per scambiarci esperienze e organizzare gli interventi in modo strutturato ed efficiente.”

Il Forum delle Associazioni su strada è un modo per non lasciarsi andare ad un volontarsimo che rischia di essere poco utile.

“ C’è una rete di comunicazione che permette di seguire le persone, non perderle di vista anche se cambiano zona, orario e riferimenti.”

É cambiata la richiesta? Sono cambiate le storie di chi vive per strada o cerca un pasto in una mensa?

“ Il più grande cambiamento è stato nel numero. All’inzio erano italiani, e pochi, poi l’immigrazione ha portato tante persone dall’Africa, e noi portavamo moltissimi panini ad un mondo che fuggiva da dittature e guerre in quel continente, profughi veri e propri. Poi il crollo del Muro di Berlino ha portato a Roma tanta gente dall’est Europa e nelle nostre strade al colore nero dell’Africa si è sostituito il colore bianco dell’ Europa Orientale. Negli ultimi anni invece l’impoverimento di tante persone ha fatto si che molti che prima facevano una vita garantita si ritrovassero con forti problemi di sopravvivenza. E così magari la nostra mensa, che aveva una media di un italiano su dieci ospiti, ora si ritrova con tre italiani su dieci. E se prima la domanda principale era cibo e vestiario, negli ultimi anni le richieste riguardano magari un aiuto per fare il curriculum, ricollocarsi al lavoro, per una casa che si è persa perchè non si riesce a pagare l’affitto e altre cose del genere.”

É però anche vero che c’è una maggiore sensibilità e i volontari aumentano.

“ Aumenta la domanda di aiutare, c’è una crescita di solidarietà. Credo che i motivi siano principalmente due. Il primo è l’impatto di Papa Francesco. Un Papa che parla così continuamente di poveri, invita ad uscire da se stessi, a stare insieme ai poveri, spinge molti a prendere sul serio la domanda del Papa e a fare concretamente qualcosa. E non tutti sono credenti, ma si sentono stimolati dalle parole del Papa. Dd è un bel modo per rispondere alla crisi. E proprio a fronte della crisi c’è sempre più gente che matura un senso del debito. Ci sono coloro che vedendo attorno a sé gente che perde il lavoro, che finisce per strada pensa: io ancora ce la faccio, ma questo mi deve spingere ad aiutare chi non ce la fa più. Prima dall’immagine della povertà si poteva fuggire ora non più. Certo chi ha sempre avuto lo sguardo aperto vedeva sempre i poveri. Oggi però molti sentendo parlare di crisi fanno più attenzione e si sentono interrogati personalmente.”

Più voglia di volontariato

A fare volontariato vanno davvero un po’ tutti. Pensionati che hanno più tempo per dedicarsi agli altri, giovani che studiano che danno il loro tempo, professionisti che dicono: la vita non può essere solo lavoro ma ci vuole un senso. E poi trovano il momento del volontariato come il più felice della settimana e si lasciano alle spalle i loro piccoli problemi.”

Questa l’esperienza della Comunità di Sant’ Egidio che a Roma ha anche il ruolo di coordinare il volontariato su strada e che ogni anno si occupa di pubblicare una guida ormai celebre con indirizzi e orari di dove e come trovare assistenza in città.

Una esperienza che si è diffusa e ha messo radici, a cominciare dal pranzo di Natale, che oggi non è solo quello di Santa Maria in Trastevere. Nella Chiesa di San Rocco ad esempio a Natale e Pasqua il pranzo lo allestisce un gruppo di volontari dell’ Ordine di Malta. E c’è calore e quasi un tocco di eleganza, perché la festa deve essere bella per tutti.

A guidare i volontari romani dello Smom c’è Benedetto Barberini.

“ Tutto è nato dalla delegazione di Roma dell’ Ordine di Malta il 4 dicembre del 1996. Eravamo quattro, facevamo la pasta in casa e andavamo dai senza tetto vicino casa, nel centro storico.

Un carabiniere membro dell’Ordine, un cappellano, e pochi altri. Poi siamo diventati 8, poi 16 poi 24 . Ora siamo circa un centinaio a rotazione. Crescendo abbiamo pensato ad un posto fisso, e abbiamo pensato a Piazza dei Cinquecento. Aumentava anche il numero dei bisognosi. E così dalla pasta fatta a casa abbiamo iniziato a coinvolgere gli istituti di suore che preparavano una cinquantina di pasti, e prendevamo il pane e la pizza regalata dal forno sotto casa, e i dolci del pasticcere amico. E i giorni di distribuzione sono sempre stati il martedì e il giovedì”.

ABC, assistenza, beneficenza, carità

La storia continua e oggi lo Smom distribuisce circa 250 pasti ogni uscita, preparati in parte dagli istituti religiosi, ma anche dai volontari che il giovedì ad esempio hanno a disposizione le cucine della caserma dei carabinieri di via Lepanto. Poi ci sono le pasticcerie che danno i dolci rimasti invenduti: “li prendiamo e li mettiamo in bicchieri di carta con un cucchiaino e ognuno può scegliere quello che preferisce. Una cosa anche bella da vedere”.

Ogni sera ci sono 30, 35 volontari in parte impegnati nella distribuzione e una parte ne servizio d’ordine.

In alcuni casi si diventa amici? “ Eh si! Noi abbiamo persone che vengono da dieci anni e ci sono molti episodi divertenti. Una volta passavo per via Veneto e da uno scatolone si è materializzata una strana figura che mi ha guardato e mi ha detto: ah Benedè ma non t’ho visto martedì! Quindi c’è una parte bellissima di umanità. E c’è un equilibrio molto sottile da tenere. Noi non diamo mai soldi per il rischio che poi vengano usati per alcol e droga. A volte la cosa più impegnativa è educare i volontari a fare un buon servizio di volontariato. E si deve anche imparare anche a dire di no. Ogni mese facciamo degli incontri di formazione che inizia con la messa e proseguono con l’esperienza di chi fa volontariato da più tempo. E poi c’è il Forum delle Associazioni su strada coordinato dalla Comunità di Sant’ Egidio. Ci sono anche piccoli gruppi parrocchiali che fanno piccoli giri di zona. É molto utile per i diversi gruppi.”

Il gruppo ha un nome?

“ Si, certo: ABC. Assistenza, beneficenza e carità. É un gruppo che fa parte della delegazione dell’ Ordine di Malta ed nata nel centro storico di Roma.”

Come cambiano le necessità?

“ Qualche anno fa erano più extracomunitari che italiani, poi la proporzione si è rovesciata e oggi siamo in parità. Ma certo il numero dei bisognosi cresce. Molto poi dipende dalle situazioni contingenti, quest’anno le vicende di Lampedusa hanno portato parecchie persone. Ma sono numeri destinati a crescere.”

Quali sono le richieste principali?

“ Noi viviamo di beneficenza quindi diamo quello che riceviamo. Quest’anno abbiamo distribuito molti sacchi a pelo. E le coperte insieme alle scarpe sono la richiesta più frequente.”

Non solo cibo, ma amicizia

E poi avete anche organizzato il servizio docce.

“ Lo facciamo alla chiesa di San Rocco, due volte alla settimana in orari diversi dalla distribuzione serale, sono una trentina di assistiti e in quel caso si offrono anche dei capi di vestiario e una colazione. Arrivano per passaparola e sono divisi anche per gruppi nazionali. Perché purtroppo non sempre c’è buona  armonia tra i diversi gruppi purtroppo.”

E i pranzi di Natale e Pasqua?

“ Sempre alla chiesa di San Rocco, tavoli tondi, centri tavola fatti da noi, insomma un vero pranzo di festa. Del resto non serve solo il cibo, ma anche un po’ di calore. E gli ospiti sono circa 380.”

In effetti Roma è una città generosa, da mangiare si trova, ma quello che si vuole donare è qualcosa in più. E così il Pranzo di Natale è una vera festa, anche bella.

Tra chi vive in strada c’è anche qualcuno che cerca di tornare alla vita normale?

“ E’ una sfida. E’ capitato che qualcuno abbia trovato un lavoro e magari qualcuno è anche venuto a dare una mano a noi. Ma è anche vero che per molti extracomunitari Roma è un passaggio non una meta. Una volta un ragazzo africano ha trovato un lavoro in una trattoria, ora è inserito e adesso ogni martedì viene ad aiutare nella distribuzione dei pasti. É una cosa che ci fa riflettere.”

Ci sono altre storie particolari?

“ Noi cerchiamo sempre di lasciare qualcosa di più del cibo, ma la forza di un incontro. Ad esempio c’è un italiano che viene da un paio di anni, molto dignitoso ci salutiamo con grandi abbracci, parla un italiano curato, dopo la cena si ferma con noi per la preghiera che facciamo sempre. Quando ci siamo visti prima di Natale mi ha detto: io stasera non ho fame, sono venuto solo per farvi gli auguri. Insomma viene per stare con noi, per incontrare degli amici. Insomma è distribuzione di amicizia.”

Volontariato per tutti

ABC distribuisce più di 22 mila pasti l’anno e tra i volontari c’è anche il Gran Maestro dell’ Ordine,  Mattew Festing “e quando viene è un volontario che si affida a chi da le disposizioni della serata, come tutti. E’ venuto più di una volta il cardinale Patrono dell’ Ordine Paolo Sardi. Indossa il gilet da volontario e parte. E poi ci sono dei ragazzi della Guardia Svizzera. Sono molto bravi. Dai volontari pretendo un impegno serio, devo poterci contare. Del resto credo che gli italiani sono generosi e vogliono fare qualcosa di buono. Se qualcuno mi offre soldi io chiedo invece un servizio o delle cose concrete: comprami la pasta di cui ho bisogno per le cene. Diventa più bello e reale. Roma è una città generosa. Spesso i volontari preparano a casa the caldo e uova sode in più, le portano da casa per aggiungerle ai pasti preparati. É una gesto che viene dritto dal cuore.”

L’elemosina del Papa 

A Via Marsala alle nove di sera il martedì arrivano i volontari dello Smon e tra i volontari anche l’arcivescovo Konrad Krajewski l’elemosiniere del Papa che ha partecipato al Forum. Dice Benedetto Barberini: “Mi ha chiesto di andare con lui una sera ad Ostiense dove c’è un ambiente piuttosto complicato con nuclei rissosi.”

Krajewski da anni si occupa dei senza tetto intorno a San Pietro. Con lui ci sono le suore e alcuni giovani della Guardia Svizzera. Il Papa ha deciso che fosse lui a rappresentarlo nella carità quotidiana.

“Tu sai cosa devi fare, hai bisogno di soldi?” E’ la frase che padre Konrad si sente ripetere spesso da Papa Francesco. Non vive in Vaticano, ma a Borgo Pio, in una casa “con la bandiera polacca”, dice. “Perché così posso essere più vicino alla gente”.

Konrad che viene dalla diocesi di  Łódź, lui che dal 1998 è stato a fianco di tre Papi durante le liturgie, lui che da anni gira la notte per le vie di Roma per dare aiuto a chi ne ha bisogno.

“Le mie braccia sono corte adesso, se le prolunghiamo con le tue braccia riesco a toccare i poveri di Roma e d’ Italia, io non posso uscire, tu sì” gli ha detto il Papa alla sua nomina. Era agosto. E poco dopo lo ha inviato a Lampedusa, per essere vicino a chi soffre e non solo alle vittime del mare, ma anche ai sommozzatori che per ore ed ore hanno strappato cadaveri dal mare. Sono stato vicino ai sommozzatori, ero sul gommone mentre loro si immergevano. Io pregavo e loro mi abbracciavano, una cinquantina di persone che si alternano a scendere. Ogni 27 corpi recuperati si tornava al porto. Era la prima volta che qualcuno era vicino a loro. Ho dato loro i rosari del papa, normalmente dopo tante ore di lavoro basta poco per discutere, ma sapevano che il Papa era vicino tramite il suo inviato, erano più sereni e portavano il rosario con loro.”

L’Elemosineria Apostolica esiste da secoli, cosa è cambiato con papa Francesco?

“Prima gli elemosinieri erano soprattutto nunzi a fine carriera. Il papa concede la firma all’Elemosiniere per dare benedizioni apostoliche per un matrimonio, un battesimo, la cresima. E per questo si ricevono delle offerte. Le offerte servono al papa per le sue elemosine, per dare un aiuto immediato, quasi un pronto soccorso. Nello scorso anno abbiamo distribuito un milione di euro per 6500 aiuti. Ma ora tutto è raddoppiato. Papa Francesco segue tutto il lavoro che si fa in collaborazione con i parroci. Sono loro il nostro riferimento quando ci arrivano le lettere e a loro vengono mandati gli aiuti che poi portano, a nome del papa, a chi ha fatto la richiesta.”

Insomma è un po’ come fosse il papa stesso a portare i soldi?

“ Si certo, è quello che cerco di fare anche io. Ad esempio sono andato da Noemi a Chieti e sono stato con la famiglia, ho pregato con loro. Hanno apprezzato il gesto di papa Francesco che ha mandato un vescovo dal Vaticano per stare con loro, per far sentire il suo abbraccio. Non si sprecano le parole.”

Un conto sempre vuoto 

I soldi vengono da un conto speciale per le elemosine, un conto che deve essere sempre vuoto per poterlo riempire, dice il Papa, e per fortuna i soldi arrivano anche in modo imprevisto.  “Papa Francesco mi ha detto subito: la scrivania non è per te puoi venderla, tu devi uscire dal Vaticano per andare a cercare i poveri.”

Come faceva lui da cardinale?

“ Sì, a Buenos Aires usciva alcune sere per andare a mangiare con i poveri, per stare con le persone, condividere la vita sulla strada, e vuole che io faccia lo stesso. Vedrai, mi ha detto, che ti ho affidato la parte più bella della vita pastorale.”

Un rapporto diretto quello tra il Papa e il suo elemosiniere. “Vado spesso a raccontare le storie che ho conosciuto, e a volte il Papa mi dice: perché questo è successo a loro e non a me? E poi mi dice: non smettere mai di confessare. Anche quella è elemosina, è donare la misericordia di Dio.”

Papa Francesco non esce la notte, dice chiaramente Padre Kondrad, “ma esce telefonando, esce quando in piazza San Pietro rimane ore ad abbracciare la gente.” Ma vorrebbe farlo? “ Eh si, il pericolo è che se gli dico: Santo Padre stasera esco, lui voglia venire con me!”

Articolo apparso su ROGATE ERGO  di Marzo 2014

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