Sinodo: Papa Francesco prosegue nella scia dei predecessori

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Una scelta “in favore della collegialità con il Vescovo di Roma”. Così Papa Francesco ha spiegato in una lettera a mons. Lorenzo Baldisseri Segretario Generale del Sinodo, le ragioni della nomina episcopale di mons. Fabio Fabene, sottosegretario del Sinodo dei Vescovi.

Il suo pensiero parte, infatti, ricordando la felice intuizione di Papa Paolo VI, che nel settembre 1965, con il Motu Proprio Apostolica Sollecitudo, ha istituito questo organismo vitale per la Chiesa. Il sinodo, afferma il Papa nella lettera, costituisce “uno sprone per tutti i Vescovi cattolici a prendere parte, in modo più evidente ed efficace, alla sollecitudine del Vescovo di Roma per la Chiesa Universale”

“Le Assemblee Sinodali”, sottolinea Bergoglio, “hanno permesso di conoscere gli imprescindibili contributi riguardanti i problemi e l’attività della Chiesa nel mondo”; e hanno offerto al Successore di Pietro “un valido aiuto e consiglio per salvaguardare e incrementare la fede” e “consolidare la disciplina ecclesiale”.

Egli quindi afferma di aver raggiunto la consapevolezza che per l’esercizio del Ministero Petrino, a quasi 50 anni dall’istituzione del Sinodo, “serve, quanto mai, ravvivare ancor di più lo stretto legame con tutti i Pastori della Chiesa”. “La larghezza e la profondità dell’obiettivo dato all’istituzione sinodale derivano dall’ampiezza inesauribile del mistero e dell’orizzonte della Chiesa di Dio, che è comunione e missione”, pertanto il Pontefice chiede di “cercare forme sempre più profonde e autentiche dell’esercizio della collegialità sinodale”.

Per tale motivo, il Vescovo di Roma, ribadisce poi Bergoglio, ha “bisogno della presenza dei suoi Confratelli Vescovi, del loro consiglio e della loro prudenza ed esperienza”. “Il Successore di Pietro deve sì proclamare a tutti chi è il Cristo, il Figlio del Dio vivente ma, in pari tempo, deve prestare attenzione a ciò che lo Spirito Santo suscita sulle labbra di quanti, accogliendo la parola di Gesù che dichiara Tu sei Pietro…, partecipano a pieno titolo al Collegio Apostolico”.

Alla luce di queste osservazioni va, dunque, letta la nomina a Vescovo di mons. Fabene. In tal modo, spiega il Papa, il Sotto-Segretario “in virtù dell’Ordine episcopale rispecchierà quella comunione affettiva ed effettiva che costituisce lo scopo precipuo del Sinodo dei Vescovi”, così, “nel coordinare il lavoro interno della Segreteria Generale”, potrà esprimere “la feconda e fruttuosa realtà che sgorga dalla partecipazione al munus episcopale, fonte di santificazione per quelli che lo circondano e fondamento della comunione gerarchica con il Vescovo di Roma” e i Membri dello stesso Collegio.

A ben guardare, sono questi, gesti preparatori in funzione del Sinodo straordinario che lo scorso novembre Papa Francesco ha convocato, dal 5 al 9 ottobre 2014, sulle “sfide pastorali della famiglia nel contesto dell’evangelizzazione”. All’incontro parteciperanno i presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo (114), i capi-dicastero della Curia romana, alcuni membri che verranno nominati dal Papa, i delegati delle altre chiese e confessioni cristiane, e altri con funzione di “uditori” come delle coppie di sposi. A quasi 50 dalla sua istituzione, questo è il terzo Sinodo straordinario a cui seguirà l’assemblea generale ordinaria del Sinodo nel 2015.

Il Papa argentino, ancora nella missiva, ricorda molto a proposito un passaggio di una riflessione fatta dal Beato Giovanni Paolo II nel 1983 riguardo il Sinodo in cui affermava: “Forse questo strumento potrà essere ancora migliorato. Forse la collegiale responsabilità pastorale può esprimersi nel Sinodo ancor più pienamente”, giungendo alla conclusione che “avendo anch’io perscrutato i segni dei tempi e nella consapevolezza che per l’esercizio del mio Ministero Petrino serve, quanto mai, ravvivare ancor di più lo stretto legame con tutti i Pastori della Chiesa – precisa Papa Francesco – desidero valorizzare questa preziosa eredità conciliare”.

È interessante osservare come questa precisa osservazione il Beato Giovanni Paolo II la fece nell’ormai lontano 1991 quando il 20 dicembre in un famoso discorso alla Curia in occasione degli auguri natalizi di quell’anno ebbe a dire, tra l’altro: “I vescovi radunati in sinodo, cum Petro et sub Petro, rendono manifesta e operante quella congiunzione/unione che costituisce la base teologica e la giustificazione ecclesiale  e pastorale del riunirsi sinodalmente.”  “In questo modo appare chiaro come il sinodo dei vescovi sia un’espressione efficace dell’affetto collegiale, inteso come sollecitudine comune per la Chiesa universale, come comune servizio svolto nella Caritas Pastoralis, conformemente alla manifesta volontà del Signore.”

E qui il Santo Papa chiariva i termini fondanti di questo strumento affermando che “il principio di comunione e di servizio, nel contesto della Caritas Pastoralis, fornisce il criterio per una impostazione corretta dei mutui rapporti dal punto di vista teologico, ecclesiale e pastorale. Il “Presiedere nella Carità” – compito questo che appartiene al Vescovo di Roma come ha ricordato Papa Francesco la sera della sua elezione – rappresenta l’ambito vitale, nel quale si compongono in unità le sollecitudini dei pastori uniti a Pietro”.

Concludeva quindi citando lo stesso documento del 1983 ricordato da Papa Francesco: “Nel Mistero della Chiesa tutti gli elementi trovano il loro posto e la loro funzione. E così la funzione del vescovo di Roma lo inserisce profondamente nel corpo dei vescovi, quale centro e cardine della comunione episcopale; il suo primato, che è un servizio per il bene di tutta la Chiesa, lo pone in rapporto di unione e collaborazione più intensa”.

“Il Sinodo stesso”, sottolineava Giovanni Paolo II,  “fa risalire al nesso intimo tra la collegialità e il primato: l’incarico del Successore di Pietro è anche a servizio della collegialità dei vescovi e per converso la collegialità effettiva ed affettiva dei vescovi è un importante aiuto al servizio primaziale Petrino”.

Il Sinodo, dunque, è un’espressione peculiare della collegialità dei vescovi col Papa. Nel rapporto col successore di Pietro il sinodo trova non soltanto la garanzia dell’unità sia all’origine sia nello sviluppo dello svolgimento del suo lavoro, ma anche il fondamento della sua autorevolezza.

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