Termina ad Alba il “Festival della Comunicazione”. Don Ponti: “Un punto di riferimento in questo mondo particolare dalla comunicazione”

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E’ iniziato ad Alba il 17 maggio scorso, ma termina proprio nella 43esima Giornata mondiale delle Comunicazioni sociali di domenica 24 maggio. E’ il quarto “Festival della Comunicazione”, promosso in collaborazione tra la Diocesi, Società San Paolo e Figlie di San Paolo, con l’appoggio tra gli altri dell’Ufficio Nazionale delle Comunicazioni Sociali e del Progetto Culturale della Conferenza Episcopale Italiana, del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e del Pontificio Consiglio della Cultura, dell’Università Cattolica e di varie Università Pontificie.
L’intento, spiegano gli organizzatori, è quello di “proporre, all’interno delle Settimana della Comunicazione che Paolini e Paoline animano su tutto il territorio italiano, una serie di eventi e incontri sulla comunicazione, a partire dal coinvolgimento di tutte le realtà albesi e piemontesi del mondo civile ed ecclesiale, attorno al tema oggetto dello specifico messaggio del Papa e in concomitanza con la celebrazione dell’Anno Paolino.”
Korazym.org ne ha parlato con don Roberto Ponti, sacerdote paolino, uno degli organizzatori della manifestazione.

 

Ad Alba sta per terminare il quarto “Festival della Comunicazione”, una iniziativa ricca, coinvolgente ed intensa. Quale un primo bilancio…

“E’ andata senz’altro bene. In questi quattro anni abbiamo notato una crescita. Qui ad Alba sicuramente giocavamo in casa, ma il successo è dovuto anche alla buona esperienza maturata. Siamo riusciti ad organizzare un numero considerevole di eventi, ma accanto alla quantità c’è pure la qualità perché abbiamo fatto incontri per le scuole, anche per i ragazzi dei primi anni delle scuole primarie, per quelli delle scuole superiori, per le famiglie e per le varie fasce d’età. Ci sono stati anche occasioni di festa e momenti conviviali. Penso che abbiamo dato un segno decisivo a tuta la città per orientarsi, per avere un punto di riferimento in questo mondo particolare della comunicazione.”


Il tema centrale è fornito dal messaggio del papa per la giornata delle comunicazioni sociali. Cosa è emerso quando avete toccato i diversi punti del messaggio, quali concetti hanno maggiormente attirato l’attenzione?

“La cosa originale è che il papa, consapevole di doversi adattare a questa realtà delle nuove tecnologie si è rivolto alle generazioni “native digitali”, che cioè sono nate direttamente in questo contesto culturale di internet, della rete e degli strumenti digitali. Aver indirizzato il messaggio a loro ha sollecitato gli adulti a fare qualcosa di più perché ci possa essere la giusta consapevolezza; soprattutto in noi organizzatori ha stimolato proprio il desiderio di organizzare tanti momenti per i più giovani, perché un’educazione generale, anche classica, alla cultura della comunicazione poi permette di avere un uso più consapevole delle nuove tecnologie.”

Quello del papa sembra un messaggio quasi orientato alle reti sociali, si parla anche di “amicizia”, con un approfondimento del concetto applicato alla virtualità, anche dal punto di vista filosofico. Cosa hanno detto i più giovani di questo nuovo concetto di “amicizia” digitale, “alla Facebook”? Se ne è parlato?

“I giovani non vogliono essere giudicati per quello che fanno. Lo hanno anche espresso con determinazione nel voler essere protagonisti dei momenti che abbiamo organizzato. Non vogliono essere giudicati, ma aiutati. La realtà della comunicazione nel mondo digitale è veramente complessa. Gli adulti devono mettersi accanto ai più giovani, anche a volte per imparare da loro.”

Ritorna quindi la questione educativa…

“Certo, al centro c’è la questione educativa. Se c’è una carenza su quell’ambito poi si riflette anche nell’uso sbagliato di questi media. E di solito a sbagliare non sono tanto i più giovani ma gli adulti, che strumentalizzano questi mezzi quasi per nascondersi e per non dire veramente chi sono e usare i mezzi per finalità non belle.”

L’anno scorso si parlò di protagonismo dei media, quasi a voler indicare che il media “vince” sul fatto che racconta… Quale lo stato di questa riflessione?

“E’ un tema sempre valido, perché c’è la consapevolezza che a volte il mondo dei media parli a sè stesso, non si allarghi e non faccia veramente un servizio alla società e alla comunità. L’uso attento di questi mezzi, ma anche la volontà di usarli per il bene, apre al servizio: quindi il protagonismo cede al servizio. Uno dei rischi più grandi che il papa ha sottolineato è che le notizie e gli eventi si auto generino all’interno del mondo mediale e non ci sia più il contatto vero con il mondo e con le problematiche che vanno messe in evidenza. Evidenziare il bene permette di superare i problemi ed elevare alla massima potenza le cose buone che ci sono in giro.”

Da sacerdote paolino, orientato verso la specifica missione dell’evangelizzazione anche attraverso i mezzi della comunicazione, come giudica lo stato dell’arte, soprattutto in Italia e nella Chiesa italiana, riguardo l’utilizzo dei media? Quali le prospettive che Lei vede come possibili a breve termine?

“Il mondo della comunicazione è sempre necessariamente in evoluzione. Anche noi come paolini abbiamo sempre allo studio nuove soluzioni per poter affrontare il tema e stare nel mondo della cultura e della comunicazione da protagonisti per portare ovunque un messaggio di bene.
Don Alberione diceva “parlare di tutto cristianamente”, non aver paura di stare nella realtà dei media. Noi non ci sottraiamo a questa questione. Penso che tutta la Chiesa italiana, ma anche il papa stesso, il pontificio consiglio delle comunicazioni sociali, stiano su questo livello. E’ di questi giorni la notizia che il papa ha lanciato una nuova applicazione di Facebook. Questo è il segno che c’è del buono ovunque. L’importante è utilizzare bene ciò che la tecnologia e la creatività umana mette nelle nostre mani.”

Per la scorsa giornata della gioventù è stato lanciato il progetto WYDcrossmedia, una bella sinergia nel mondo dei media cattolici e non solo. Secondo lei è possibile che queste esperienze possano diventare concrete e stabili anche in futuro, o sono destinate a rimanere isolate?

“Penso che si vada in questa direzione, necessariamente. Non possiamo parlare a noi stessi, limitare l’impegno ad un piccolo gruppo che continua ad essere lo stesso in varie situazioni. Occorre ampliare il nostro obiettivo, aprire i nostri orizzonti. E questo si può fare se si è in rete, se ciascuno mette del suo in piena disponibilità e sapendo che condividere non è un venir meno alla propria specificità, ma è semmai crescere e diventare ancora più forti per il bene.”

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