Ruanda venti anni dopo il genocidio, Papa Francesco incontra i vescovi, serve una riconciliazione autentica

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Sono passati venti anni. Era aprile del 1994 quando i membri della maggioranza Hutu del Ruanda organizzarono e realizzarono il massacro di massa della minoranza Tutsi. In soli cento giorni vennero barbaramente uccisi 800.000 Tutsi, 10.000 ogni giorno, 7 al minuto. Ad innescare lo sterminio fu l’abbattimento dell’aereo sul quale morì il presidente ruandese Juvenal Habyarimana, di genia Hutu, mentre sorvolava l’aeroporto di Kigali il 6 aprile 1994. “Oggi commemoriamo le vittime del più grande genocidio della storia moderna in Africa e rendiamo omaggio ai sopravvissuti nonché a coloro che tuttora sopportano le conseguenze sia fisiche che psicologiche di tali atrocità” afferma Albrecht Boeselager, Grande Ospedaliere del Sovrano Ordine di Malta.

E oggi il Papa ha ricevuto i vescovi del Ruanda in visita ad Limina. Una occasione unica per Francesco che ha voluto lasciare il suo pensiero nel testo scritto per l’occasione. Un genocidio, ricorda il Papa, che ha provocato ferite ancora lontane da essere chiuse e rimarginate.  Il Papa si unisce al dolore per quella tragedia, prega per il popolo ruandese senza distinzione di etnia, religione o opzione politica.

La guarigione delle ferite deve essere la priorità per la Chiesa del Ruanda, il perdono delle offese, la riconciliazione che sembrerebbe impossibile secondo un criterio puramente umano dopo tante sofferenze.

Compito della Chiesa è far superare i pregiudizi e le divisioni etniche. In Ruanda,

“ La Chiesa parli con una sola voce- scrive il Papa- e manifesti la sua unità e riafferma la sua comunione con la Chiesa universale e con il successore di Pietro.”

Il Papa chiede ai vescovi ad andare “risolutamente avanti” nel testimoniare la verità evangelica con il dinamismo della fede e la speranza cristiana. E’ una richiesta di cambiamento dei cuori, ma il Papa non dimentica anche i 50 anni delle relazioni tra Rwanda e Santa Sede, che ricorrono il 6 giugno prossimo. Un dialogo costruttivo e autentico con le autorità, afferma il Papa, “non potrà che favorire l’opera comune di riconciliazione e ricostruzione della società sui valori della dignità umana, della giustizia e della pace”. Siate, esorta, “una Chiesa in uscita” che “prende l’iniziativa”.

Poi Francesco ricorda la educazione dei giovani, chiave per rinnovae velocemente un paese, il ruolo dei laici impegnati nelle Comunità ecclesiali di base, e quallo delle famiglie che hanno bisogno della sollecitudine dei vescovi perché sono cellule vitali in una società minacciata dalla secolarizzazione e dopo essere state sconvolte e ricomposte.
vicini. Il Papa ha affidato gli orfani e e le vittime del genocidio alla protezione della Vergine di Kibeho.

Alle parole del Papa fanno eco quelle del Grande Ospedaliere dell’ Ordine di Malta. Lo SMOM si è impagnato a fondo per il recupero delle vittime del genocidio.

La tragedia delle guerre etniche sono da ricordare dice il Grande Ospedaliere, perché “dobbiamo evitare il ripetersi di simili atrocità e abbiamo il dovere di promuovere la cultura dell’accoglienza e del rispetto reciproco”.

Tenuto conto che si trattò di una strage annunciata “commemorare il 20° anniversario del genocidio è un’importante occasione per riflettere sul ruolo fondamentale che la comunità internazionale deve svolgere nel prevenire questi orribili crimini” dice Boeselager.

 

Le prime squadre dell’Ordine di Malta sono arrivate poco dopo l’inizio del massacro nella regione di Byumba, Ruanda settentrionale. Per oltre cinque mesi è stata offerta assistenza medica di emergenza ai circa 30.000 sfollati in tre diversi campi. Nel distretto di Kiziguro, a nord di Kigali, nel novembre del 1994 il personale dell’Ordine di Malta ha iniziato il risanamento e la ricostruzione delle strutture sanitarie locali, vale a dire dell’ospedale del distretto e dei 7 centri sanitari andati distrutti, in aggiunta è stata fornita l’assistenza sanitaria di base a circa 150.000 abitanti.

Tramite ECOM – trasformatasi nel 2005 nell’agenzia di soccorso internazionale dell’Ordine di Malta, il Malteser International – l’Ordine ha iniziato il proprio lavoro nella Repubblica Democratica del Congo nelle cui regioni di Goma e Bukavu si erano rifugiati 1.300.000 ruandesi. Qui, tra la fine di luglio e il gennaio del 1995, le squadre dell’Ordine di Malta hanno partecipato al ripristino degli impianti idrici e fornito ai rifugiati assistenza medica di base. Tra il novembre del 1996 e il febbraio del 1997, a causa degli scontri tra l’esercito congolese e i ribelli hutu, oltre un milione di rifugiati ruandesi fu costretto ad abbandonare i campi della Repubblica Democratica del Congo e della Tanzania. I volontari dell’Ordine di Malta fornirono l’approvvigionamento idrico per i rifugiati di ritorno in Ruanda nelle cosiddette “stazioni di acqua potabile”.

“Condannando ogni atto di violenza, l’Ordine di Malta continua ad operare in oltre 30 paesi del continente africano, tra cui la Repubblica Centrafricana e il Sud Sudan, lavorando incessantemente per fornire assistenza socio-sanitaria secondo i canoni della propria storia millenaria” dice il Grande Ospedaliere.

Proprio recentemente il Sovrano Ordine di Malta ha nominato un proprio rappresentate permanente presso l’Unione Africana.

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