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David Rondoni: san Francesco aveva ‘simpatia’ per la vita

“Altissimo, onnipotente, buon Signore, tue sono le lodi, la gloria e l’onore e ogni benedizione. A te solo, Altissimo, si confanno e nessun uomo è degno di ricordarti. Laudato sii, mio Signore, con tutte le tue creature, specialmente messèr fratello sole, il quale diffonde la luce del sole, e tu ci illumini per mezzo suo, e lui è bello, raggiante con gran splendore; di te, Altissimo, reca il significato. Lodato sii, mio Signore, per sorella luna e le stelle; le hai formate in cielo chiare e preziose e belle. Lodato sii, mio Signore, per fratello vento, e per ogni movimento del vento, per il nuvolo, il sereno e ogni tempo per il quale alle tue creature dà i sostegno. Lodato sii, mio Signore, per sorella acqua, che è molto utile, umile, preziosa e casta. Lodato sii, mio Signore, per fratello fuoco, per il quale illumini la notte, ed egli è bello, giocoso, robusto e forte”.
Il ‘Cantico delle creature’ è stato composto nel 1224 da san Francesco d’Assisi ed è una lode a Dio e alle sue creature che si snoda con intensità e vigore attraverso le sue opere, divenendo così anche un inno alla vita; è una preghiera permeata da una visione positiva della natura, poiché nel creato è riflessa l’immagine del Creatore: oggi, 800 anni dopo, quelle parole continuano ad essere un invito a riconoscere la sinfonia del creato e il canto che vibra nel cuore di ognuno di noi, come prova il libro ‘Vivere il Cantico delle creature. La spiritualità cosmica e cristiana di san Francesco’, scritto da un poeta, David Rondoni, e da un monaco tanatologo, p. Guidalberto Bormolini.
Abbiamo incontrato David Rondoni, presidente del comitato nazionale per la celebrazione dell’ottavo centenario della morte di san Francesco d’Assisi, a Tolentino all’edizione di ‘Di-Vento’ festival, che si è interrogato sugli ‘invisibili’, leggendo alcuni suoi testi tratti da ‘Gli invisibili, tra Assisi e la stazione Termini’, spiegando il motivo per cui si è occupato degli ‘invisibili’: “Sono stato invitato da amici a dare un piccolo contributo s questo tema, riallacciandomi all’esperienza di san Francesco che si occupò degli invisibili, che nel suo tempo erano i lebbrosi, avvicinandosi a loro, mentre la società del tempo li schifava. Il ‘gancio’ è stato questo. Ho letto alcune mie poesie dedicate a tanti invisibili, che sono intorno a noi e sono invisibili per chi ha paura di guardare”.
Per quale motivo san Francesco si è ‘innamorato’ proprio degli invisibili?
“E’ il segno che l’abbraccio di Cristo non lascia fuori nulla:ciò che è inguardabile per la società è guardato da Dio. San Francesco sottolinea questo sguardo di Dio”.
In quale modo san Francesco ha coniugato lo spirito con la carne?
“Lui non ha coniugato. Il cristianesimo è credere in Dio incarnato, quindi Gesù ha legato per sempre nella sua persona la possibilità che ciò che è spirito e ciò che è carne vivessero insieme. Vivere insieme è un destino positivo, perché lo scandalo dei cristiani è che non credono solo all’eternità dell’anima ma anche nella resurrezione del corpo. Non sappiamo in quale forma, ma sono sicuro che io rivedrò mio padre e mia madre. Questo è il privilegio dato all’esperienza, perché l’uomo non può fare alcuna esperienza senza carne. Pensare di ‘salvare’ solo l’aspetto spirituale dell’uomo sarebbe una cavolata”.
Allora quale era la spiritualità di san Francesco?
“Una grande simpatia per la vita. La spiritualità di san Francesco, a differenza dei catari, che disprezzavano il mondo per amare Dio, legava insieme l’amore per Dio e l’amore per il mondo, in quanto le creature sono segno di Dio. Non a caso il francescanesimo è un’esplosione di vita in tutti i saperi umani, dall’arte all’economia ed alla medicina: la spiritualità di san Francesco è un grande amore per la vita”.
Quale significato dare alla parola ‘humile’?
“Leopardi come san Francesco diceva che l’uomo nella natura deve essere come un mendicante. Vuol dire non ritenere che la natura dipenda da te. Tu sei piccolo. E poi c’è l’ ‘Altissimu’, prima di tutto la sproporzione, prima di tutto il senso della sproporzione. Quest’idea che noi salviamo la natura fa sorridere e sembra che tutto dipenda dall’uomo. Siamo una pulce, siamo semmai una pulce in mezzo alle forze della natura. Quindi pensare che sia tutto merito o colpa nostra fa un pò ridere, bisogna volare più bassi e ammettere anche di avere un limite”.
Dopo 800 anni quale è l’attualità del Cantico delle Creature?
“Uno degli elementi che risalta in evidenza è quello per cui san Francesco non chiama la natura ‘buona’ o ‘cattiva’, perché la natura è ciò che esiste. San Francesco, vedendo dietro le creature il segno di chi le ha create, cioè Dio, riesce a vedere un ‘buono’ anche nella natura. Ma non è un’esaltazione della natura, ma un’esaltazione di Dio: Laudato sii mi Signore per le creature. Questo ‘per’ è importantissimo”.
Ed a Greccio san Francesco ‘inventò’ il presepe: “L’incontro di due protagonisti, il divino e l’umano: è questa la ‘storia’ che il presepe racconta. Un racconto di cui c’è bisogno oggi almeno come ce n’era quando nel 1223 Francesco d’Assisi, per la prima volta, riprodusse nella grotta di Greccio la scena della Natività. Oggi come allora l’uomo ha bisogno di Dio: oggi, forse ancor più che allora, c’è sete di un amore che vinca la ‘folla delle solitudini’ e stemperi l’accanirsi dei conflitti.’’Fare il presepe’ è perciò oggi più che mai un messaggio di pace e di speranza, un gesto d’amore, che può parlare al cuore di tutti”.
Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: non restiamo indifferenti

In questa giornata mondiale dedicata ai diritti dei bambini, il mio pensiero va a tutte quelle situazioni che incontro e che troppo spesso sfuggono agli sguardi distratti e indifferenti. È doloroso vedere come, in una società che dovrebbe essere basata sull’uguaglianza e sull’amore per i più piccoli, ci siano così tante storie che passano inosservate, dimenticate. Mi preoccupa questa indifferenza, questa incapacità di fermarsi e vedere davvero la sofferenza degli altri, specialmente quella dei bambini, i più vulnerabili tra noi.
Penso ad Adriano, un ragazzo di 27 anni che ho incontrato una sera mentre stavo distribuendo indumenti e viveri in quel “non posto” al bosco di Rogoredo. Non apparteneva a quel mondo di persone perse e dimenticate, invisibili che vivono tra quegli alberi, eppure era lì, in cerca di aiuto. Mi ha avvicinato con estrema dignità, senza chiedere nulla per sé. Mi ha detto che aveva bisogno di vestiti e alimenti per i suoi figli, per la sua famiglia. Mi ha spezzato il cuore!
Quando gli ho chiesto dove abitasse, mi ha confidato che vive in un luogo di Milano, in una baracca con sua moglie e i loro due bambini piccoli, uno di appena sette mesi e l’altro di due anni e mezzo. All’inizio non riuscivo a crederci. Come è possibile che in mezzo a noi, in una città come questa, una famiglia viva in quelle condizioni? Eppure era così.
Sabato scorso sono andato a trovarli. Non potevo ignorare quella richiesta, non potevo voltarmi dall’altra parte. Ho portato tutto quello che potevo: abiti caldi, cibo, e soprattutto ciò che un bambino e una bambina hanno diritto di avere solo perché sono nati. Giocattoli, pannolini, qualche piccola attenzione che li facesse sentire speciali, amati. La loro ‘casa’ è una baracca: niente elettricità, niente acqua corrente, solo quattro pareti di fortuna per cercare di proteggersi dal freddo e dalla pioggia. È difficile immaginare come si possa vivere così, eppure, nonostante tutto, in quella famiglia ho trovato qualcosa che mi ha commosso profondamente.
Ho visto due bambini felici, stretti tra le braccia della loro mamma e del loro papà. Ho visto l’amore più puro e disarmante, quello di genitori che, pur non avendo nulla, riescono a dare ai propri figli tutto il calore e la protezione che possono. Ho visto sorrisi, e in quegli sguardi ho ritrovato la forza di chi non si arrende, di chi, nonostante la povertà e la fatica, cerca ogni giorno di dare un futuro migliore ai propri figli, nonostante le poche opportunità.
Oggi, in questa giornata speciale, voglio ricordare Adriano, sua moglie, i suoi due bambini e tutte le famiglie come la loro. Voglio ricordare che i diritti dei bambini non sono solo parole su un foglio, ma impegni concreti che ci riguardano tutti. Ogni bambino ha diritto a una casa sicura, a cibo, a cure, a una vita degna. Ma soprattutto, ha diritto a non essere dimenticato.
La cosa che più mi rattrista è pensare che troppo spesso non vediamo queste persone come parte di noi. Ci illudiamo che siano ‘altro’, che le loro vite siano distanti dalle nostre. Ma non è così. Sono come noi. Sono noi. E se possiamo permettere che un bambino cresca senza ciò che gli spetta, che diritto abbiamo di parlare di umanità?
Oggi, più che mai, voglio ringraziare chi non si arrende, chi con un piccolo gesto continua a ricordare che nessuno dovrebbe essere lasciato indietro. Voglio ringraziare tutti quelli che si fermano, che ascoltano, che scelgono di vedere. Perché solo vedendo, solo riconoscendo nell’altro un fratello, una sorella, possiamo costruire una società dove i diritti non siano solo un ricordo da celebrare un giorno all’anno, ma una realtà che appartiene a tutti, soprattutto ai bambini.
Oltre l’assistenza: un’amicizia che trasforma la povertà

C’è un’Associazione che da 191 anni è accanto agli ultimi, ai vulnerabili, agli invisibili: la Società di San Vincenzo De Paoli, che in occasione della VIII Giornata mondiale dei Poveri ha deciso di offrire un segno tangibile.
“In tutto il Paese – dichiara Paola Da Ros, Presidente della Federazione Nazionale Italiana Società di San Vincenzo De Paoli ODV – si moltiplicano le iniziative a favore dei bisognosi: raccolte di alimenti, pranzi ed altre attività da svolgere insieme come le visite ai musei o la partecipazione a spettacoli teatrali. Quest’anno, insieme agli altri membri della Famiglia Vincenziana Italia consegneremo 1.300 zaini contenenti prodotti per la cura e l’igiene personale ed altri generi di conforto alle persone che parteciperanno al pranzo con Papa Francesco in Vaticano domenica 17 novembre”.
Un dono che rappresenta un’opportunità per farsi prossimi all’umanità ferita. Un beneficio tangibile che viene rinnovato, giorno dopo giorno, attraverso la vicinanza di oltre 11.300 soci e volontari che, in tutta Italia, supportano 30.000 famiglie – più di 100.000 persone -. Questo aiuto va oltre l’assistenza materiale, perché i volontari della Società di San Vincenzo De Paoli incontrano i più fragili visitandoli nelle loro case, negli ospedali, nelle residenze per anziani, nelle strade e perfino nelle carceri. Portano loro un pacco viveri o un sostegno economico che non è il fine dell’incontro, ma solo un mezzo per instaurare una relazione duratura nel tempo.
Perché il vincenziano rappresenta, per chi gli si affida, un punto di riferimento, un confidente, un amico, una guida saggia e non soltanto una persona che eroga servizi. Così il volontario, coinvolgendo le famiglie in un percorso di crescita personale, diventa anche stimolo a migliorarsi e cercare di acquisire nuove competenze da spendere nel mondo del lavoro, ad adottare stili di vita più consapevoli e a ritrovare il proprio posto nella società. “È un modo di aiutare – prosegue la Presidente Da Ros – che non si limita a risolvere una criticità immediata, ma produce cambiamenti e risultati che si mantengono nel tempo”.
Comunione, condivisione, reciprocità, solidarietà sono le parole del corpo semantico Carità che ben racchiude il significato della Giornata mondiale dei poveri. Ogni gesto quotidiano teso verso gli ultimi è un segno di reciproca Carità che eleva non solo l’indigente ma anche chi accoglie la sofferenza dell’altro e tende la mano per condividerla.
Uno scambio che consente di vedere “nei volti e nelle storie dei poveri che incontriamo nelle nostre giornate” (Papa Francesco nel messaggio per l’VIII Giornata mondiale dei poveri) un momento unico e propizio per stare accanto a chi è nel bisogno ed aiutarlo ad elevarsi dalla condizione di povertà, proprio come raccomandava il fondatore della Società di San Vincenzo De Paoli, il beato Federico Ozanam: «L’assistenza umilia quando si preoccupa soltanto di garantire le necessità terrene dell’uomo, ma onora quando unisce al pane che nutre, la visita che consola, il consiglio che illumina, la stretta di mano che ravviva il coraggio abbattuto, quando tratta il povero con rispetto» (da “l’assistenza che umilia e quella che onora”, L’Ere Nouvelle, 1848).
“La Giornata Mondiale dei Poveri è per tutta la Chiesa un’opportunità per prendere coscienza della presenza dei poveri nelle nostre città e comunità, e per comprendere le loro necessità”, afferma Padre Valerio Di Trapani CM, Visitatore della Provincia d’Italia dei Padri della Missione. Il 17 novembre 2024 ogni uomo è chiamato a vivere un momento di riflessione attorno al tema “La preghiera del povero sale fino a Dio” (cfr Sir 21,5) con cui il Papa ha voluto ribadire che i poveri hanno un posto privilegiato nel cuore di Dio, che è attento e vicino a ognuno di loro.
Per la Società di San Vincenzo De Paoli questo rappresenta la quotidianità: “Accanto ai vincenziani che svolgono la visita a domicilio – conclude la Presidente Paola Da Ros – da nord a sud, le nostre strutture si fanno carico delle sfide sociali più complesse: accoglienza temporanea, condomini, negozi ed empori solidali, mense, dormitori, ambulatori, borse lavoro, laboratori di cucito e cucina, centri per il doposcuola e altre iniziative di sostegno allo studio e persino una stireria solidale”.
A Giffoni gli ‘invisibili’ hanno visibilità

“Mi fa piacere ricambiare il saluto che mi hanno rivolto i ragazzi partecipanti al Giffoni Film Festival, che quest’anno è dedicato agli ‘invisibili’, cioè alle persone che vengono messe da parte ed escluse dalla vita sociale. Grazie e auguri!”: con questo breve ricordo al termine della recita dell’Angelus di domenica scorsa papa Francesco ha ringraziato i 5000 giovani giurati che fino a fine luglio saranno impegnati nella 52^ edizione del Giffoni Film Festival, che ha per tema ‘Gli invisibili’.
L’amore di Cristo ci sollecita: la vita di Padre Olinto Marella diventa un film

“L’amore di Cristo ci sollecita, ci spinge, non ci lascia tranquilli, ci inquieta. L’amore vero sazia e, allo stesso tempo, è sempre in ricerca. Marella è stato capace di immaginare ieri quello che sarà domani e di crederlo possibile, anche quando non si vedeva ancora nulla. La carità per lui era il punto di arrivo di un pensiero profondo e lucido, era la scelta di una missione al fianco degli ultimi, era lo strumento di speranza per gli invisibili”: così nello scorso settembre l’arcivescovo di Bologna, card. Matteo Maria Zuppi, si è espresso nel giorno della memoria del beato Olinto Marella, definito la ‘coscienza di Bologna’.