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Da Pesaro in cammino per cambiare il mondo in tre azioni: perdono, remissione, pace

Perdono, debito e disarmo: queste sono state le tre tappe che hanno orientato quasi 2.000 persone arrivate a Pesaro l’ultimo giorno dello scorso anno per partecipare alla 57ª edizione della Marcia nazionale per la pace, voluto nella capitale della cultura italiana dall’arcivescovo di Pesaro e di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado, mons. Sandro Salvucci, insieme alla Cei, Pax Christi, Agesci, Caritas Italiana, Movimento dei Focolari, Azione Cattolica Italiana, Acli e Libera, alla presenza delle autorità civili e dei rappresentanti delle altre confessioni che hanno contribuito a questo momento ecumenico, aperto dalla fiaccola del pellegrinaggio Macerata-Loreto e da quella giunta da Betlemme. Ed a conclusione della Marcia della pace l’annuncio della prossima località ospitante la marcia: Catania.

Fra canti e meditazioni i partecipanti hanno raggiunto la cattedrale della città per la celebrazione eucaristica, presieduta da mons. Salvucci e concelebrata dai vescovi e sacerdoti presenti: “Nell’anno del Giubileo vorrei farvi una proposta: scambiamoci gli auguri di un buon anno benedicendoci a vicenda; annunceremo così il sogno di fraternità e pace del Signore. La pace è una responsabilità di tutti soprattutto in questo tempo in cui sembra che la parola guerra abbia riacquistato l’esclusiva; noi non vogliamo rassegnarci ma essere costruttori di pace”.

La marcia della pace si è articolata in tre momenti, di cui il primo ha riguardato il perdono con la testimonianza di Giorgio Pieri, responsabile del ‘Progetto Cec’ (Comunità educanti con i carcerati) dell’associazione ‘Papa Giovanni XXIII’, che ha iniziato con una frase di papa san Giovanni Paolo II (‘Non c’è pace senza giustizia, non c’è giustizia senza perdono’): “Abbiamo capito che bisogna lavorare sulla ferita e che la ferita nasce soprattutto in ambito familiare. Non tutti quelli che hanno problemi familiari vanno a finire in carcere, ma la maggioranza di quelli che sono in carcere hanno avuto problemi familiari. Quindi se si vuole costruire la pace, si deve custodire la famiglia.

Sul perdono abbiamo capito che prima di chiedere perdono alla società, le persone devono imparare a perdonare se stesse e che, come il male fisico può essere curato, così anche il male morale può essere curato. Questa è la bella notizia. Ed allora ci vogliono luoghi, comunità, che sono come ospedali da campo, come diceva il papa, dove il medico è il Signore”.

Poi è seguita la testimonianza di Antonio, un ex carcerato: “Io faccio parte delle persone che sono andate in carcere e hanno sbagliato. Ogni uomo ha una storia e molte volte il reato è solo la punta di un iceberg, perché al di sotto c’è un malessere, una ferita. Questo non giustifica il male che uno fa, ma qual è la differenza tra il carcere e la Casa in cui mi trovo?

Che nella nostra Casa si accende la fiaccola della speranza. Sant’Agostino diceva che la speranza ha due vie: l’indignazione e il coraggio. L’indignazione è capire quello che non va, il coraggio è cambiarlo. Ma per cambiare occorre la comunità; io da solo non posso farlo. Io posso alzare la mano per chiedere aiuto, ma occorre qualcuno che mi aiuti a sorreggere quella mano”.

Quindi il perdono è un bene non solo per chi lo chiede, ma anche per chi lo concede, come ha raccontato la sorella di Antonio, Evelina: “Perdono non vuol dire dimenticare. Quello che è stato fatto, però, è il passato e magari può continuare a procurare ancora delle ferite, ma il perdono è guardare l’altro ed amarlo così come è.

Per perdonare, bisogna sentirsi perdonati e io mi sono sentita perdonata da Dio, perché anche io mi chiedevo che cosa avessi fatto di male per portare mio fratello a compiere un reato e mi sentivo bisognosa di perdono. Perdonare se stessi è molto più difficile che perdonare l’altro. E’ un cammino. Ma la pace solo così può essere costruita, perché la pace è un ‘per – dono’ è un dono che faccio a me, a lui e agli altri”.

Nella seconda tappa della Marcia è stato affrontato il tema del debito, tema centrale del messaggio del papa per la Giornata della pace con la testimonianza del prof. Gabriele Guzzi, docente di economia all’Università di Cassino: “L’attuale sistema economico capitalistico è il più anticristiano possibile; non punta alla remissione del debito, ma alla sua espansione.

Questo tipo di economia è volto ad accumulare cose, accumulare denaro, che sono surrogati di quel rapporto di fede, di fiducia profonda tra le persone, che non può essere solo un’esperienza spirituale, ma deve governare anche l’economia… Dobbiamo cambiare la logica che sta dietro questa economia, dobbiamo cambiare mentalità, altrimenti rimarremo alla superficie, non riusciremo a colmare il vuoto che si è creato”.

E’ stato un invito a cambiare mentalità ‘economica’, capace di condurre alla pace: “Noi dobbiamo cambiare la gerarchia di valori di questa società. Il denaro non è un elemento aggregante, ma è un elemento individualizzante ontologicamente. Disgrega tutti gli altri valori: il valore del bene, del bello, della giustizia… Io credo che si debba cambiare radicalmente il sistema monetario internazionale… L’economia non deve essere la continuazione della guerra con altri mezzi”.

Ed ecco la testimonianza di John Mpaliza, attivista congolese di ‘Peace Walking Man Foundation’: “Il Congo è il paese da cui provengono quasi tutte le materie prime di cui il mondo ha bisogno e che vengono estratte in condizioni di lavoro disumane. Io, cittadino italiano ed europeo, mi vergogno di questa situazione in cui ho perso anche familiari e che ha fatto 10.000.000 di vittime in 13 anni…

Il papa nell’enciclica ‘Laudato sì’ ha parlato del debito che abbiamo nei confronti della Madre Terra e delle nuove generazioni e dice che bisogna pagare il debito verso i paesi poveri: e quando si parla di Paesi poveri si pensa subito all’Africa. La stessa cosa l’ha detta Giovanni Paolo II nel 2000 e temo che dopo questo giubileo si continuerà a dire la stessa cosa”.

Infine nella terza tappa il tema ha riguardato il disarmo con la testimonianza di don Fabio Corazzina, aderente a ‘Pax Christi’, che ha raccontato le ‘occasioni’ di pace sorte a Brescia, città ‘armata’: “E’ nato l’OPAL (Osservatorio sulla produzione di armi leggere), che cerca di capire come si producono gli alti profitti che la Beretta sta ottenendo in questo periodo. Negli anni ’80 è stata approvata la legge 185 che chiedeva un controllo sulla produzione, su dove venivano vendute queste armi e sui sistemi bancari di pagamento. Ma questa legge è stata pian piano disattesa”.

Ed ecco, al termine di questa marcia della pace, la risonanza della frase di mons. Tonino Bello come incoraggiamento al popolo della pace: “Don Tonino Bello diceva: se vuoi cambiare il mondo, devi saper coniugare tre verbi: denunciare, annunciare, sacrificare”.

(Tratto da Aci Stampa)

La Fiaccola della Pace e del Perdono accesa a Enna, città gemellata 2024

“In questo tempo in cui sembriamo abituarci alle guerre, smarrendo la speranza nel buio della violenza, la luce della Fiaccola di Santa Rita ci desta per ricordarci che oggi la pace ha tanti nomi, quelli di chi non accetta di vivere nell’odio, e nel quotidiano fa sì che essa sia la norma e non l’eccezione. Che da Enna questo fuoco sacro raggiunga nella preghiera ogni popolo in conflitto, a partire da Ucraina e Terra Santa, per smuovere le coscienze di chi può porre subito fine alle ostilità e per riscaldare i cuori di quanti ne sono vittime”.

Così suor Maria Rosa Bernardinis, Madre Priora del Monastero Santa Rita da Cascia commenta dall’Umbria l’accensione della Fiaccola della Pace e del Perdono, simbolo dei festeggiamenti di maggio della patrona dei casi impossibili, avvenuta questa sera a Enna, nel Duomo Maria Santissima della Visitazione, gremito di fedeli. La città siciliana è stata scelta per il Gemellaggio di Fede e Pace, che ogni anno Cascia stringe con una località, per amplificare il messaggio e i valori della santa, attuali, universali e preziosi.

La Fiaccola, che la notte del 21 maggio tornerà a Cascia per dare vita alla Festa di Santa Rita, ha suggellato l’unione con Enna, dove la delegazione casciana è in visita. Ieri è rientrata dopo la Messa, celebrata da don Davide Travagli, parroco di Cascia, in rappresentanza dell’Arcivescovo di Spoleto-Norcia, nella Chiesa di Sant’Anna. Inoltre è stata consegnata la Reliquia ex ossibus di Santa Rita, portata, a nome del Monastero, dall’oblata Alessandra Paoloni, anche segretaria generale della Pia Unione Primaria Santa Rita, realtà molto attiva a Enna nel rendere concreti i valori ritiani.

“La Fiaccola ci dice che Santa Rita opera per la riconciliazione in tante comunità, che accolgono ogni anno la sua luce e nel cuore il suo esempio, per essere con lei e con Dio impronte di pace”: lo ha evidenziato il Rettore della Basilica di Santa Rita da Cascia, p. Mario De Santis, ad Enna per la famiglia agostiniana.

Insieme anche Padre Giustino Casciano, Priore Provinciale degli Agostiniani d’Italia, che ha sottolineato: “In questo mondo lacerato dalle guerre, Santa Rita è un punto di riferimento, perché la sua capacità di perdono e di pace è una grande luce per tutta la società. Ringraziamo i rappresentanti religiosi e le autorità civili di Enna che hanno accolto Rita come messaggera di pace, dialogo e perdono”.

“Attraverso il gemellaggio con Enna – ha detto il sindaco di Cascia Mario De Carolis, in Sicilia con l’amministrazione, il Comitato Cascia per Santa Rita e alcuni cittadini – viene rinnovato un messaggio molto importante e purtroppo attuale, che porta in sé l’accensione della Fiaccola della Pace e del Perdono. Un messaggio che dal 1958 si ripete in tante parti del mondo, fino ad arrivare a Enna, dove c’è forte devozione verso Santa Rita, anche grazie al legame con la Pia Unione”.

A presiedere la celebrazione dell’accensione della Fiaccola, mons. Antonino Rivoli, vicario generale della diocesi di Piazza Armerina: “Nella Parola del Signore, che stasera abbiamo ascoltato nel Vangelo di Giovanni, il popolo è diviso nel giudizio su Gesù. Oggi, che le fratture sono mondiali, Cristo ci chiama a scegliere da che parte stare. E, questa sera, insieme, abbiamo levato sulla Terra e al Cielo la nostra risposta: siamo col Signore per la pace, guidati da Santa Rita da Cascia. Una scelta da confermare e onorare ogni giorno”.

Ad accendere la Fiaccola, il sindaco di Enna, Maurizio Dipietro, che ha dichiarato: “La scelta del gemellaggio con il nostro Comune si basa sulla fortissima devozione della città di Enna a Santa Rita. Facciamo voti affinché la luce e il calore della Fiaccola della Pace e del Perdono, che celebra questo legame ed è simbolo della vittoria sulle tenebre che Santa Rita è capace di portare in ogni cuore, raggiungano anche l’Ucraina e la Palestina e siano foriere di dialogo, speranza e pace per queste terre martoriate dalla guerra e per tutto il mondo”.

Angelo De Donatis ai pellegrini di Macerata-Loreto: siate fiaccole della pace

“Illustrissimi Presidenti, decine di migliaia di giovani accompagnati da adulti, provenienti da tutta Italia e da vari paesi esteri, hanno partecipato al 45° Pellegrinaggio a piedi Macerata-Loreto, camminando tutta la notte in preghiera per circa trenta chilometri. A conclusione di questo gesto osano rivolgervi questo appello”: così inizia la lettera che i promotori del 45^ pellegrinaggio a piedi da Macerata a Loreto hanno letto domenica mattina davanti a circa 60.000 pellegrini, indirizzata ai presidenti dell’Ucraina, Volodymyr Zelens’kyj, e della Russia, Vladimir Putin.

La festa di santa Rita ancora in diretta streaming da Cascia

Grande attesa per la festa di Santa Rita di sabato 22 maggio, che diffonderà l’amore e la speranza della santa degli impossibili nel mondo, perché per raggiungere l’enorme famiglia di devoti, che non potranno essere a Cascia, la festa entrerà nelle case d’Italia e non solo.

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