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In Toscana approvata la legge per il suicidio medicalmente assistito

Nei giorni scorsi la Regione Toscana ha approvato una legge di iniziativa popolare che regolamenta procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, prevedendo di individuare i requisiti di accesso alla pratica, la verifica delle condizioni e delle modalità di accesso alla morte medicalmente assistita, affinché l’aiuto al suicidio non costituisca reato.

La legge stabilisce anche che possono accedere al suicidio medicalmente assistito le persone affette da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che reputano intollerabili; tenute in vita da trattamento di sostegno vitale; pienamente capaci di prendere decisioni libere e consapevoli; che esprimono un proposito di suicidio formatosi in modo libero e autonomo, chiaro e univoco.

A seguito di tale approvazione il card. Paolo Augusto Lojudice, presidente della Conferenza Episcopale Toscana, ha sostenuto che una legge non può sostenere un diritto al suicidio: “Prendiamo atto della scelta fatta dal Consiglio Regionale della Toscana, ma questo non limiterà la nostra azione a favore della vita, sempre e comunque. Ai cappellani negli ospedali, alle religiose, ai religiosi e ai volontari che operano negli hospice e in tutti quei luoghi dove ogni giorno ci si confronta con la malattia, il dolore e la morte dico a tutti di non arrendersi e di continuare ad essere portatori di speranza, di vita nonostante tutto. Sancire con una legge regionale il diritto alla morte non è un traguardo, ma una sconfitta”.

A supporto di questa posizione si è aggiunto anche l’intervento della diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro con il suo vescovo Andrea Migliavacca e il responsabile diocesano per la pastorale della salute, insieme alla consulta diocesana di pastorale sanitaria, all’associazione Medici cattolici di Arezzo e all’opera Casa Betlemme, sostenendo che la vita deve essere tutelata: “La vita è un dono che va difeso e tutelato in tutte le sue condizioni. Siamo contrari ad alimentare una cultura dello scarto dove si stabilisce chi ha la dignità per vivere”.

Una società non può creare ulteriori solitudini: “La risposta di una comunità che accoglie non può essere quella di creare la solitudine del suicidio ma di rendersi capace di farsi prossimo in maniera concreta a chi vive il dolore nel corpo e nella mente. Dobbiamo tornare ad umanizzare la morte e al giusto accompagnamento attraverso la terapia palliativa oltre ad ‘una buona dose di amore’.

A tutti coloro che credono nel valore della vita e della centralità della persona chiediamo di non perdere coraggio: continuino, invece, ad essere testimoni di speranza con rinnovata passione ed entusiasmo. Nessuno si deve sentire abbandonato, perché solo così e senza altri artifizi, saremo in grado di dare dignità alle persone anche nel loro percorso finale di vita”.

Nelle settimane precedenti i vescovi toscani erano già intervenuti sul tema con una nota diffusa in attesa della discussione in aula della proposta di legge regionale, chiedendo prudenza e saggezza: “Siamo consapevoli che questa proposta di legge assume per molti un valore simbolico, nel senso che si chiede alla Regione Toscana di ‘forzare’ la lentezza della macchina politica statale chiamata a dare riferimenti legislativi al tema (importantissimo) del fine vita. Vorremmo in primo luogo invitare i consiglieri regionali ed i dirigenti dei loro partiti a non fare di questo tema una questione di ‘schieramento’ ma di farne un’occasione per una riflessione profonda sulle basi della propria concezione del progresso e della dignità della persona umana”.

Per questo avevano invitato i consiglieri regionali a leggere il documento ‘Dignitas Infinita’ e la storia di questa regione: “Nella cura delle persone in condizione di fragilità la Toscana è stata esempio per tutti: la nascita dei primi ospedali, dei primi orfanotrofi, delle associazioni dedicate alla cura dei malati e dei moribondi, come le Misericordie, e poi tutto il movimento del volontariato, sono un’eredità che continua viva. Ci sembra che in un momento di crisi del sistema sanitario regionale, più che alla redazione di ‘leggi simbolo’, i legislatori debbano dare la precedenza al progresso possibile anche nel presente quadro legislativo, in un rinnovato impegno riguardo alle cure palliative, alla valorizzazione di ogni sforzo di accompagnamento e di sostegno alla fragilità”.

Ed infine avevano rivolto un invito a non stravolgere la Costituzione italiana: “La vita umana è un valore assoluto, tutelato anche dalla Costituzione: non c’è un ‘diritto di morire’ ma il diritto di essere curati e il Sistema sanitario esiste per migliorare le condizioni della vita e non per dare la morte. Anche da parte nostra vogliamo affermare la necessità di leggi nazionali aggiornate e siamo disponibili al dialogo e all’approfondimento sul grande tema del fine vita, pronti ad ascoltare e ad apportare, per la passione per ogni persona umana che impariamo da Gesù Cristo e che viene offerta a tutti come contributo libero alla nostra società”.

La Corte Costituzionale: non esiste un diritto alla morte

La decisione della Corte Costituzionale n. 135 della scorsa settimana in tema di suicidio assistito ribadisce quanto già affermato nel 2019 con la sentenza n. 242 e, in questo senso, per quanto la sentenza n. 242 fosse per certi aspetti discutibile, ribadisce che i più fragili vanno comunque tutelati anche rispetto ai possibili abusi e strumentalizzazioni, primo tra i quali la spinta sociale a sentirsi un peso per gli altri con la conseguenza di indurre a optare per la richiesta di morire, come ha sottolineato la presidente del Movimento per la Vita, prof.ssa Marina Casini:

“Fondamentale dunque l’importanza delle cure palliative da assicurare a tutti senza eccezioni. Sono questi i due aspetti, protezione dei fragili e cure palliative, su cui bisogna lavorare molto a livello culturale, operativo e legislativo”.

Al legislatore spetta, quindi, il compito di mettere mano alla materia in maniera assolutamente coerente con i quattro paletti indicati dalla Corte Costituzionale, senza allentamenti, allargamenti, smagliature, scappatoie, inganni semantici, ambiguità, ha specificato Marina Casini: “Deve restare chiaro che le persone colpite dalla malattia e dalla disabilità sono persone da proteggere, che l’ordinamento giuridico non si piega a logiche di morte, che l’assistenza al suicidio deve restare una eccezione circoscritta in presenza dei cinque requisiti, i quattro più il quinto che riguarda le cure palliative, rigorosamente circoscritti, interpretati e intesi”.

Per la presidente del Movimento per la Vita occorre evitare la situazione creatasi con la legge sull’aborto: “Bisogna evitare di ripetere quanto accaduto con la legge sull’aborto, anch’essa preceduta da una sentenza costituzionale, la n. 25 del 1975: la Legge 194 nella disciplina dell’interruzione volontaria di gravidanza nei primi tre mesi di gravidanza è andata ben oltre i criteri stabiliti dalla Corte Costituzionale. “Al di là dell’aspetto legislativo va assolutamente dato spazio e promozione a un’autentica cultura della vita affinché ogni persona si senta, e sappia di esserlo davvero, accolta e amata”.

Sulla decisione della Corte Costituzionale è intervenuti anche il prof. Alberto Gambino, presidente Centro studi ‘Scienza&Vita’, componente Comitato nazionale per la bioetica:“Per la Corte costituzionale non c’è un generale diritto di terminare la propria vita in ogni situazione di sofferenza. Si tratta di un’affermazione importante. Il suicidio assistito resta un’eccezione e, dunque, non si realizza alcuna disparità di trattamento tra pazienti che dipendono da trattamenti di sostegno vitale e pazienti che non vi dipendano”.

Ed ha affermato la ‘oggettività’ della sentenza: “Anzi la Corte ritiene, giustamente, che il requisito ‘oggettivo’ dell’essere sottoposti ad un presidio sanitario eviti che si finisca per creare una ‘pressione sociale indiretta’ su persone malate o semplicemente anziane e sole, le quali (sono parole della Corte) ‘potrebbero convincersi di essere divenute ormai un peso per i propri familiari e per l’intera società, e di decidere così di farsi anzitempo da parte’.

La via italiana, secondo la Corte, è dunque legittima e corrisponde a quanto già recentemente ha ritenuto anche la Corte europea dei diritti dell’uomo. La Corte sembra però sposare una posizione per la quale il sostegno vitale non coincide necessariamente con una completa sostituzione di funzioni vitali ma possa esserlo anche il trattamento che si riveli in concreto necessario ‘ad assicurare l’espletamento di funzioni vitali del paziente, al punto che la loro omissione o interruzione determinerebbe prevedibilmente la morte del paziente in un breve lasso di tempo”.

Infatti, intervenendo sui confini di non punibilità dell’aiuto al suicidio, la Corte costituzionale ha ribadito un punto fermo della sua giurisprudenza recente in materia: non esiste né è invocabile un ‘diritto di morire’ nel nostro ordinamento, al centro del quale c’è invece la ‘tutela della vita umana’, un bene che ‘si colloca in posizione apicale nell’ambito dei diritti fondamentali della persona’, come ricorda l’articolo 2 della Costituzione Italiana.

Anche il prof. Marco Ronco, presidente del Centro Studi Livatino, docente universitario emerito di Diritto penale e vicepresidente del Comitato nazionale per la Bioetica, ha ritenuto fondamentale la sentenza della Corte Costituzionale: “La Corte Costituzionale, con sentenza n. 135/2024, impone un chiaro stop alle istanze di estensione dei casi di non punibilità dell’aiuto al suicidio…

La sentenza ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 580 del Codice penale, che punisce chi aiuta un’altra persona a togliersi la vita. Di conseguenza non ha creato nessuna nuova estensione, rispetto a quelle riconosciute con le pronunce del 2018 e 2019, del diritto di accedere al suicidio assistito. Per questo, sono piuttosto soddisfatto”.

Ed ha sottolineato che non esiste nella legislazione il ‘diritto’ a morire: “Appare di assoluto rilievo che la Corte abbia evidenziato, con tanta chiarezza, il rischio della ‘pressione sociale indiretta’ che una legislazione sul suicidio assistito si presta a generare, rischio già più volte posto in evidenza dal Centro Studi Livatino.

Sotto altro profilo la Corte, nel ribadire che non esiste un ‘diritto a morire’, ha richiamato (par. 7.3.) l’attenzione sul fatto che, ‘dal punto di vista dell’ordinamento, ogni vita è portatrice di una inalienabile dignità, indipendentemente dalle concrete condizioni in cui essa si svolga’. Sicché, come sottolineato anche da vari amici curiae (fra cui il Centro Studi Livatino), certamente non potrebbe affermarsi che il divieto penalmente sanzionato di cui all’art. 580 cod. pen. costringa il paziente a vivere una vita, oggettivamente, ‘non degna’ di essere vissuta”.

Tale sentenza non contrasta la giurisprudenza fin qui espressa: “La sentenza si pone, dunque, in continuità con la giurisprudenza precedente, nulla concedendo alle istanze di (ulteriori) balzi perorate dall’ordinanza di rimessione e, anzi, per alcuni profili mostrando sviluppi argomentativi di particolare pregio. Ciò non significa, naturalmente, che la stessa giurisprudenza precedente, cui la Corte si conforma, andasse esente da critiche.

Come ricordato anche di recente dalla CEDU, infatti, la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo non impone di escludere la punibilità dell’aiuto al suicidio neppure nei casi in cui la Corte Costituzionale Italiana aveva ritenuto, invece, nel 2019, che la punizione dell’aiuto al suicidio fosse da considerarsi contraria a Costituzione”.

Papa Francesco: l’indifferenza si combatte con il ‘farsi prossimo’

Fine settimana all’insegna dell’accoglienza per papa Francesco, che ieri ha incontrato alcuni soci dell’associazione ‘Progetto Agata Smeralda’,  lodando quanti si impegnano per le adozioni a distanza e i coniugi che si aprono all’accoglienza di bambini che non hanno famiglia, in collaborazione con l’arcidiocesi di Firenze, apprezzado l’impegno per la diffusione nel mondo della tenerezza di Dio e della sua paternità:

Papa Francesco: l’eutanasia è inaccettabile

Al termine dell’udienza generale papa Francesco, a proposito del conflitto nell’est europeo, ha ribadito che la guerra è una follia, ricordando la giornata di preghiera di gennaio:

Suicidio assistito:la vita prevalga

Nelle settimane scorse ‘Mario’ (nome di fantasia) aveva chiesto di avere il farmaco che gli avrebbe consentito di morire invocando la sentenza Fabo-Cappato (242 del 2019) della Corte costituzionale con la richiesta, attraverso l’associazione ‘Luca Coscioni’, che ha portato anche a un’azione legale al Tribunale di Ancona contro l’Azienda sanitaria regionale in cui si ipotizzavano inadempienze della stessa.

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