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Rosario Livatino sarà beato

Al termine dell’anno papa Francesco ha riconosciuto il martirio del magistrato Rosario Angelo Livatino, ucciso dalla mafia nel 1990 in odio alla fede; era nato il 3 ottobre 1952 a Canicattì ed è stato ucciso da un commando mafioso sulla strada tra Canicattì ed Agrigento il 21 settembre 1990.

Azione Cattolica: servire e dare la vita

‘Servire e dare la vita’ è la proposta che l’Azione Cattolica Italiana propone non solo ai propri soci, ma alla Chiesa in vista della prossima Assemblea nazionale che doveva svolgersi nello scorso maggio, ma a causa del Covid 19 è stata  rinviata al prossimo anno:

Mons. Delpini: la vocazione è bellezza

Nella solennità della natività della Madre di Dio l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, ha invitato alla corresponsabilità “perché cresca una visione ecclesiale condivisa, perché ciascuno riconosca che la propria vita ha un nome: vocazione; per comprendere che nella storia tutti sono chiamati ad amare, a essere pietre vive della Chiesa, a rivelare la gloria di Dio che vuole riempire la terra, rivestire di luce ogni vita”.

Giacomo Pigni racconta l’abitare nella città con lo stile dell’Azione Cattolica

Nell’anniversario della festa della Repubblica il presidente Sergio Mattarella visitò Codogno per commemorare i cittadini morti per la pandemia del Covid 19 ricordando le onorificenze assegnate al merito della Repubblica: “Siamo stati testimoni di migliaia di gesti solidali, coraggiosi, di testimonianze di altruismo, di abnegazione e spesso di felice inventiva nell’aiuto a chi ne aveva bisogno. Si è manifestato un patrimonio morale presente nel nostro Paese, spesso sommerso, che va esaltato, che va posto a frutto. E’ il sommerso del bene. Che va fatto affiorare, va fatto prevalere, affinché caratterizzi in modo positivo la ricostruzione che attende la nostra società”.

115 anni fa papa Pio X benedisse l’Azione Cattolica

“La civiltà del mondo è civiltà cristiana; tanto è più vera, più durevole, più feconda di frutti preziosi, quanto è più nettamente cristiana; tanto declina, con immenso danno del bene sociale, quanto all’idea cristiana si sottrae. Onde, per la forza intrinseca delle cose, la Chiesa divenne anche di fatto custode e vindice della civiltà cristiana. E tale fatto in altri secoli della storia fu riconosciuto e ammesso; formò anzi il fondamento inconcusso delle legislazioni civili”: queste parole furono scritte da papa Pio X nell’Enciclica ‘Il fermo proposito’, pubblicata l’11 giugno 1905 ai vescovi italiani per l’istituzione e lo sviluppo dell’Azione Cattolica.

A Milano l’Azione Cattolica forma al futuro

“Di fronte a ciò che sta accadendo nelle ultime settimane, non possiamo oggi formulare delle tesi, perché purtroppo non le possiede nessuno. Così come del resto nessuno aveva previsto quanto sta accadendo con l’emergenza Covid-19. Abbiamo tante chiavi di lettura, ma nessuno può permettersi di avere risposte certe. Come Azione Cattolica ambrosiana abbiamo quindi pensato di non proporre percorsi strutturati e definiti, ma di ragionare insieme, ponendoci insieme delle domande”.

Da Bacau (Romania), tra le soste in diverse comunità rumene a Spoleto per arrivare in Valle D’Aosta. Incontri, ricordi e attese di un parroco di montagna.

Tra il 2007 e il 2009, appena ordinato sacerdote, fui mandato a Farcaseni, una delle più povere parrocchie della diocesi ma con credenti fervidi e generosi. Per la povertà molti di loro erano già andati  in Occidente per un pezzo di pane. Facevo anche l’insegnante di religione. Era un paese che contava 400 bambini, figli di simpatici contadini.

Là avevano fatto in una garage un gruppo di Azione Cattolica giovanile. Di chierichetti ne avevo una marea e, a Natale, un gruppo di famiglie di Milano mi mandava dei regali per loro, così diventava una ‘battaglia’ per chi voleva servire la Messa.

Mi ricordo che in quei due primi anni di sacerdozio avevo timore a predicare, volevo fare tutto ma all’omelia mi tremavano le gambe. Poi con gli anni mi è passato. Una volta un parroco mi chiamarono a predicare nel giorno dei morti, in un cimitero pieno, con migliaia di persone presenti: mi è andato bene ma non so come, forse ha lavorato lo Spirito Santo.

Nel 2009 il vescovo mi mandò in altre due comunità, più vicine al paese natale. Qui i cattolici erano di dialetto vecchio ungherese, quasi come se mons. Pietro sapesse che anche io avevo origini ungheresi. Sono stati due anni bellissimi: poter parlare il mio dialetto e sentirmi come a casa.

Ma mancava la strada per arrivare ogni domenica nella seconda comunità, nascosta in mezzo ad una foresta: in quel villaggio vivevano 76 famiglie e il comunismo non era arrivato. L’avevano respinta loro dall’inizio e il nuovo regime, gestito da Mosca, li aveva obbligati a rimanere chiusi, ma loro hanno preferito la foresta e soprattutto la loro libertà.

Hanno vissuto per circa 55 anni in isolamento totale: tutti contadini e allevatori, si sono costruiti la loro scuola e si sposavano tra di loro, ma sopratutto hanno mantenuto la loro fede. In tutti quegli anni ogni domenica arrivava a piedi un prete dalle parrocchie vicine, diceva la messa e battezzava i loro figli.

Per due anni ho fatto anche io la stessa cosa, anche se ormai era arrivata anche da loro la democrazia. Sono stati gli anni più belli della mia vita sacerdotale finora; ho pianto quando ho dovuto lasciarli (di solito non verso lacrime quando cambio comunità, ma quella volta l’ho fatto). Ricordo che a volte non avevano soldi per pagare un funerale ma mi davano una gallina, non la volevo per rispetto della loro povertà ma insistevano.

Quel villaggio si chiama Larguta, che significa in italiano ‘Una piccola valle’. Sempre in quegli anni per 6 mesi ho dovuto sostituire il sacerdote che era padre spirituale di una comunità di suore di Madre Teresa. E in quel periodo la mattina alle 6 dovevo essere da loro per celebrare la Messa. Sante donne: mi hanno insegnato ad amare i malati e i poveri.

“Santa Teresa di Calcutta ti ringrazio per questa esperienza!.. Per appartenere al cristianesimo non è necessario appartenere a una parrocchia o diocesi, ogni Chiesa locale è come sentirsi a casa”: questo mi ha detto il mio vescovo dandomi la benedizione prima della partenza. Ed io l’ho creduto ma non era proprio così. Il 15 settembre 2011 (è il giorno del mio compleanno) sono arrivato a San Giacomo di Spoleto, diocesi di Spoleto-Norcia. Là mi aspettava il mio nuovo parroco per cui dovevo fare il vice. ‘Da oggi questa è la tua nuova casa’.

Nel pomeriggio abbiamo preso la macchina e mi ha portato a conoscere il vescovo. Un uomo molto simpatico, deciso e alto, mons. Renato Boccardo, piemontese di origine, con una lunga carriera ecclesiastica in Vaticano. Mi ha accolto bene.

La mia missione era l’assistenza spirituale della comunità di lingua rumena della diocesi, così per non dimenticare la cultura materna. Mi impegnai per organizzare l’oratorio e sopratutto ero presente in confessionale. Si confessa parecchio in Umbria, certo è la terra di San Francesco. In un anno ho girato tutte le famiglie per conoscerle e portare loro la benedizione annuale.

Ma nel maggio del 2012 è arrivata una telefonata dalla Romania: dovevo essere trasferito in una diocesi del nord, dove c’è sempre la neve. Ero triste di lasciare i bravi umbri che mi accoglievano spesso nelle loro case per assaggiare il tartufo nero di Norcia; mi ero affezionato ai bambini con i quali avevo fatto un campo estivo, ma nella Chiesa bisogna anche obbedire.

Quando ho dovuto salutare il vescovo di Spoleto ho sentito le sue ultime parole con emozione ‘Mi spiace che te ne vai’ insieme al suo abbraccio paterno. Erano le 11,15 dell’8 settembre 2012 quando toccai per la prima volta la terra dei valdostani. Era il mio nuovo inizio in questa diocesi di montagna, Aosta.

Quel giorno non faceva freddo ma poi arrivò l’autunno e subito l’inverno. Da anni non vedevo tanta neve! E da quel settembre non mi sono mai mosso da questa diocesi, ottenendo nel settembre 2019 l’incardinazione in questa nuova mia seconda casa: diocesi della Valle d’Aosta.

Da settembre 2012 a settembre 2013 son stato viceparroco a Sant’Orso, la più antica chiesa di Aosta e ho ricoperto lo stesso incarico per la comunità calabrese della città nella chiesa di Sant’Anselmo. L’anno successivo il vescovo di Aosta mons. Franco Lovignana mi ha affidato tre comunità in Alta Valle: Arvier, Avise e Valgrisenche.

Wow! Era la mia prima esperienza come amministratore parrocchiale (equivalente al parroco) e l’ho fatto per sei anni. Sempre con la sua benedizione il vescovo mi ha mandato a Torino alla Facoltà teologica per seguire la Licenza in Morale sociale, che ho preso nell’ottobre del 2018.

Che grande grazia anche quei due anni vissuti in mezzo ai libri ad approfondire un tema molto caldo in Teologia. Tornando alle comunità e ai suoi fedeli, qui ho imparato tanto, ho imparato a fare il padre spirituale, a dimenticare me stesso e a vivere per gli altri senza eccezione, amare e basta.

E ve lo dico, i montanari non sono gente facile, ma siamo cresciuti e santificati insieme. Dopo questa esperienza, dal 15 settembre 2019 (ripeto, per me una data importante) sono stato trasferito in un’altra vallata, la Valle di Lys (c’è chi lotta per chiamarla Valle di Gressoney) a fare il parroco in quattro parrocchie: Lillianes, Fontainemore, Issime e Gaby. E da qui nasce un’altra storia, ora troppo prematura per essere raccontata…  

Poi, circa un mese fa, a febbraio, è arrivata anche l’epidemia di Coronavirus e la vita umana, sociale e implicitamente pastorale ha preso un altro tragitto. Concludo con un’unica frase: non so cosa Dio pensasse quando ha inventato il discepolato, o come lo chiamiamo noi il sacerdozio, ma vi assicuro che è una cosa stupenda, stupenda e difficile o semplicemente e misteriosamente stupenda!

(Fine)

L’Azione Cattolica di Macerata propone gli Esercizi Spirituali da casa

“In questo tempo favorevole, lasciamoci perciò condurre come Israele nel deserto, così da poter finalmente ascoltare la voce del nostro Sposo, lasciandola risuonare in noi con maggiore profondità e disponibilità. Quanto più ci lasceremo coinvolgere dalla sua Parola, tanto più riusciremo a sperimentare la sua misericordia gratuita per noi. Non lasciamo perciò passare invano questo tempo di grazia, nella presuntuosa illusione di essere noi i padroni dei tempi e dei modi della nostra conversione a Lui”.

Mons. Sigismondi: Azione Cattolica palestra di sinodalità

La Presidenza nazionale dell’Azione cattolica hanno accolto con gioia la conferma di mons. Gualtiero Sigismondi ad Assistente ecclesiastico generale dell’Ac italiana per il triennio 2020-2023, che poche settimane fa è stato nominato vescovo della diocesi di Orvieto-Todi, amministratore diocesano di Foligno, presidente della Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata e presidente della Commissione mista vescovi – religiosi – istituti secolari.

Mons. Sigismondi è vescovo di Orvieto-Todi

“L’Azione Cattolica Italiana gioisce insieme a mons. Gualtiero Sigismondi, suo Assistente ecclesiastico generale, per la sua nomina a vescovo della diocesi di Orvieto-Todi. Ci stringiamo a lui nella preghiera, assicurandogli il nostro sostegno e la nostra collaborazione. Conosciamo bene mons. Sigismondi, la sua saggezza e la sua mitezza, la sua fede e la sua preparazione, la sua passione per la Chiesa e per gli uomini. Siamo perciò certi che saprà vivere nel miglior modo possibile questo nuovo ministero che Papa Francesco gli ha voluto affidare, segno di stima, affetto e gratitudine. Stima, affetto e gratitudine che riempiono anche il cuore di tutti gli aderenti dell’Azione Cattolica Italiana”.

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