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Il Concilio di Nicea per rendere gloria a Dio

“Il 20 maggio 2025, la Chiesa cattolica e l’insieme del mondo cristiano fanno memoria con gratitudine e gioia dell’apertura del Concilio di Nicea del 325… Questo Concilio è rimasto nella coscienza cristiana principalmente attraverso il Simbolo che raccoglie, definisce e proclama la fede nella salvezza in Gesù Cristo e nel Dio Uno, Padre, Figlio e Spirito Santo. Il Simbolo di Nicea professa la buona notizia della salvezza integrale degli esseri umani operata da Dio stesso in Gesù Cristo.

Dopo 1700 anni, si tratta di celebrare questo avvenimento in una dossologia, che sia una lode alla gloria di Dio, dal momento che essa si è manifestata nell’inestimabile tesoro della fede espressa dal Simbolo: l’infinita bellezza di Dio Padre, che ci salva, l’immensa misericordia di Gesù Cristo nostro Salvatore, la generosità della redenzione che è offerta a ogni persona umana nello Spirito Santo. Uniamo le nostre voci a quelle dei Padri della Chiesa, come Efrem il Siro, per cantare questa gloria”.

Così inizia il documento della Commissione Teologica Internazionale, ‘Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore. 1700° anniversario del Concilio Ecumenico di Nicea (325-2025)’, presentato dal Dicastero della Dottrina della Fede, composto da quattro capitoli, un’introduzione ed una conclusione, ripetendo una preghiera di Efrem il Siro: ‘Gloria a Colui che è venuto presso di noi mediante il suo Primogenito! Gloria a quel Silente che ha parlato attraverso la sua voce! Gloria a quel Sublime divenuto visibile mediante la sua Epifania!  Gloria a quello Spirituale, che si è compiaciuto che suo Figlio divenisse corpo, affinché, attraverso questo corpo, divenisse tangibile la sua potenza e attraverso questo corpo avessero vita i corpi dei figli del Suo popolo!’

Articolato in 124 punti, il documento è frutto della decisione della Commissione Teologica Internazionale di approfondire uno studio sull’attualità dogmatica di Nicea. Il lavoro è stato condotto da una Sottocommissione presieduta dal sacerdote francese Philippe Vallin e composta dai vescovi Antonio Luiz Catelan Ferreira ed Etienne Vetö, dai sacerdoti Mario Angel Flores Ramos, Gaby Alfred Hachem e KarlHeinz Menke, e dalle professoresse Marianne Schlosser e Robin Darling Young. Il testo è stato votato e approvato in forma specifica all’unanimità nel 2024 e poi sottoposto all’approvazione del cardinale presidente Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, presso il quale è istituita la Commissione.

Il primo capitolo ‘Un Simbolo per la salvezza: dossologia e teologia del dogma di Nicea’ (nn. 7-47) è il più corposo, offrendo “una lettura dossologica del Simbolo, per metterne in evidenza le risorse soteriologiche e quindi cristologiche, trinitarie e antropologiche”, con l’intento di dare «nuovo slancio al cammino verso l’unità dei cristiani”. Rimarcando la portata ecumenica della fede di Nicea, il testo esprime la speranza di una data comune per la celebrazione della Pasqua, più volte auspicata dal papa. In proposito il n. 43 evidenzia infatti come quest’anno rappresenti per tutti i cristiani “un’occasione inestimabile per sottolineare che ciò che abbiamo in comune è molto più forte di ciò che ci divide: tutti insieme, noi crediamo nel Dio trinitario, nel Cristo vero uomo e vero Dio, nella salvezza in Gesù Cristo, secondo le Scritture lette nella Chiesa e sotto la mozione dello Spirito Santo. Insieme, noi crediamo la Chiesa, il battesimo, la risurrezione dei morti e la vita eterna”.

Ma accogliere la ricchezza di Nicea dopo 17 secoli porta anche a percepire come quel Concilio nutra e guidi l’esistenza cristiana quotidiana: ecco perché il secondo capitolo, ‘Il Simbolo di Nicea nella vita dei credenti’ (nn. 48-69), di tenore patristico, esplora come la liturgia e la preghiera siano state fecondate nella Chiesa dopo quell’avvenimento, che costituisce una svolta per la storia del cristianesimo. Il terzo capitolo, ‘Nicea come evento teologico e come evento ecclesiale’ (nn. 70-102), approfondisce il modo in cui il Simbolo e il Concilio ‘rendono testimonianza dello stesso avvenimento di Gesù Cristo, la cui irruzione nella storia offre un accesso inaudito a Dio e introduce una trasformazione del pensiero umano’ e come essi rappresentino anche una novità nel modo in cui la Chiesa si struttura e adempie la propria missione: “Convocato dall’imperatore per risolvere una contesa locale che si era estesa a tutte le Chiese dell’Impero romano d’Oriente e a numerose Chiese dell’Occidente, per la prima volta vescovi di tutta l’Oikouménè sono riuniti in Sinodo.

La sua professione di fede e le sue decisioni canoniche sono promulgate come normative per tutta la Chiesa. La comunione e l’unità inaudite suscitate nella Chiesa dall’evento Gesù Cristo sono rese visibili ed efficaci in modo nuovo da una struttura di portata universale, e l’annuncio della buona notizia di Cristo in tutta la sua immensità riceve anche esso uno strumento di un’autorità senza precedenti”.

Infine, nel quarto e ultimo capitolo ‘Custodire una fede accessibile a tutto il popolo di Dio’ (103-120) sono messe in luce ‘le condizioni di credibilità della fede professata a Nicea in una tappa di teologia fondamentale che mette in luce la natura e l’identità della Chiesa, in quanto essa è interprete autentica della verità normativa della fede mediante il Magistero e custode dei credenti, in special modo dei più piccoli e dei più vulnerabili’.

Secondo la Commissione Teologica Internazionale la fede predicata da Gesù ai semplici non è una fede semplicistica e il cristianesimo non si è mai considerato come una forma di esoterismo riservato a una élite di iniziati, al contrario Nicea sebbene dovuta all’iniziativa di Costantino rappresenta «una pietra miliare nel lungo cammino verso la ‘libertas Ecclesiae’, che è dovunque una garanzia di protezione della fede dei più vulnerabili di fronte al potere politico’. Nel 325 il bene comune della Rivelazione è realmente messo ‘a disposizione’ di tutti i fedeli, come conferma la dottrina cattolica dell’infallibilità ‘in credendo’ del popolo dei battezzati.

Ecco le conclusioni del documento con ‘un pressante invito’ ad ‘annunciare a tutti Gesù nostra Salvezza oggi’ a partire dalla fede espressa a Nicea in una molteplicità di significati. Anzitutto la perenne attualità di quel Concilio e del Simbolo da esso scaturito sta nel continuare a lasciarsi «stupire dall’immensità di Cristo, così che tutti ne siano meravigliati’ ed a ‘rianimare il fuoco del nostro amore per lui’ perché ‘in Gesù homooúsios (consustanziale) al Padre… Dio stesso si è legato all’umanità per sempre’.

Inoltre una giornata di studio su ‘Gesù Cristo, Figlio di Dio, Salvatore – 1700° anniversario del Concilio Ecumenico di Nicea (325-2025)’, si terrà il 20 maggio, alla Pontificia Università Urbaniana dalle 9 alle 19.30, con la partecipazione dei teologi e delle teologhe che hanno contribuito alla elaborazione del documento e di altri esperti della materia.

Comunione e Liberazione ricorda don Luigi Giussani: il cristianesimo è avvenimento

Don Giussani

In occasione del 19° anniversario della salita al Cielo del Servo di Dio don Luigi Giussani (22 febbraio 2005) e del 42° del riconoscimento pontificio della Fraternità di Comunione e Liberazione (11 febbraio 1982), oltre che per la ricorrenza dei 70 anni dalla nascita del movimento di CL, nei mesi di febbraio e marzo in Italia e nel mondo si sono celebrate le messe con la seguente intenzione:

“Grati per il dono del carisma donato dallo Spirito Santo a don Giussani, desideriamo servire con tutte le nostre energie la Chiesa e i suoi pastori, certi che solo nella sequela quotidiana a Cristo e al Suo Vicario è possibile vivere la vera unità tra noi e servire il bene degli uomini del nostro tempo. Maria Regina della pace guidi il cammino di tutto il movimento e interceda per la pace nel mondo”.

Ed il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, Davide Prosperi, ha ricordato il compito affidato da don Lugi Giussani al Movimento: “Consapevoli del compito che ci è affidato per contribuire alla costruzione della Chiesa e per l’annuncio al mondo della speranza che Cristo è per la vita di ogni uomo, desideriamo far memoria di don Giussani, e della storia generata dalla sua amicizia con coloro che l’hanno seguito, tenendo lo sguardo fisso sulle parole che papa Francesco mi ha rivolto nella lettera inviata al movimento in occasione di queste ricorrenze:

‘Ho particolarmente a cuore di raccomandare a Lei e a tutti gli aderenti di avere cura dell’unità tra voi: essa sola, infatti, nella sequela ai pastori della Chiesa potrà essere nel tempo custode della fecondità del carisma che lo Spirito Santo ha donato a don Giussani: Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, cosi amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri’”.

A Milano mons. Mario Delpini ha ricordato la sua fedeltà alla Chiesa: “Nella storia abita la promessa perché Dio è fedele e la gratitudine e ammirazione per don Giussani ci ha radunati per riconoscere i segni della fedeltà di Dio nella fecondità meravigliosa del carisma che Dio ha affidato a don Giussani.

Nella storia abita la promessa e le vicende di tanti uomini e donne di Dio incoraggia la nostra fiducia: Dio è fedele! Noi crediamo in Dio! E camminiamo nella fede chiedendo il dono della pazienza di coloro che ancora non vedono e chiedendo la santità di una appartenenza senza pentimenti, di una gratitudine senza pretese, di un discernimento semplice per riconoscere l’opera che oggi Dio compie per noi”.

Nel 1992 don Luigi Giussani ha parlato del cristianesimo come avvenimento, partendo da una frase del poeta Rilke: “Il cristianesimo è un avvenimento, nel senso che innanzitutto non è una predicazione morale. Essendo un avvenimento che implica Dio, una mossa del Mistero nella vita dell’uomo, nella storia dell’uomo, credo che la premessa più importante sia il tipo di attenzione o la tensione di tenerezza che l’uomo ha verso se stesso.

Se un uomo non ha attenzione e tenerezza verso se stesso, una tenerezza come la madre l’ha col suo bambino, è in una posizione, dico, necessariamente ostile all’avvenimento cristiano. C’è una frase di Rainer Maria Rilke da cui parto spesso per una meditazione su di me stesso: ‘E tutto cospira a tacere di noi, un po’ come si tace un’onta, forse, un po’ come si tace una speranza ineffabile’ (‘Seconda Elegia’ in Elegie duinesi).

Io non ho mai trovato una sintesi di quello che l’uomo esistenzialmente sente di se stesso, se si pensa con attenzione, per un minimo di attenzione che porta a se stesso, paragonabile a questa frase di Rilke”.

L’avvenimento consiste che Dio si è fatto uomo: “La mossa di Dio è consistita nel fatto che il mistero di Dio si è configurato come un uomo reale, ha preso la realtà d’un uomo vero, un uomo cioè che viene concepito nell’utero di una donna e da questo piccolo e quasi invisibile grumo si sviluppa come infante, come bambino, come fanciullo, come adolescente, come giovane, fino ad essere, a diventare centro di attenzione nella vita sociale del popolo ebraico, fino a trascinare dietro a sé le folle, e fino ad avere le folle, per l’atteggiamento di chi ha il potere in mano, contro di sé, fino ad essere crocifisso, ucciso, e fino a risorgere, risorgere dalla morte. Un fatto, perciò, è la mossa di Dio, un fatto integralmente umano…

Ecco, il fatto cristiano è come un bambino che nasca in una famiglia; infatti è nato anche come un bambino: l’avvenimento cristiano è Dio che entra nella vita dell’uomo e nella storia dell’uomo come entra nella storia dell’uomo e nella vita della sua famiglia e nella storia dell’umanità un bambino che nasce da una donna”.

Per questo il cristianesimo è la storia degli uomini, perché è concretezza: “Ecco, il cristianesimo è la storia degli uomini che, in qualche modo venendo a contatto con questo avvenimento, con l’avvenimento di Cristo, con questo fatto storico, gli sono andati dietro, ognuno così come poteva, ognuno così come può…

Se io penso che il Signore è più concreto di mia mamma, è più mio di mia madre o di mio papà, se si pensa a questo, allora il desiderio di moltiplicare la memoria non solo è lecito, ma è inevitabile, e farlo diventa non solo possibile, ma reale. Così che uno può commettere un errore coscientemente, e poi subito ricordarsi di quella Presenza. E questo moltiplicarsi del ricordo abbrevia sempre di più il tempo della smemoratezza e il tempo del tradimento”.

Al Meeting di Rimini tra don Luigi Giussani e papa Benedetto XVI

Durante l’udienza in Vaticano lo scorso 15 ottobre dello scorso anno con il movimento di Comunione e Liberazione per il centenario della nascita di Don Luigi Giussani, papa Francesco sottolineava la ‘genialità pedagogica e teologica di Luigi Giussani’, con cui è partita l’analisi dell’incontro al Meeting Rimini su ‘La genialità pedagogica di don Giussani’, in cui è stato raccontato il suo genio educativo, come ha sottolineato nell’introduzione il moderatore Alberto Savorana, responsabile delle attività editoriali di Comunione e Liberazione:

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