Il significato delle recenti nomine di Papa Francesco. La corsa per assicurare la sua eredità
[Korazym.org/Blog dell’Editore, 03.07.2023 – Andrea Gagliarducci] – La notizia non sta nella nomina del suo teologo di fiducia a Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede. Sebbene le recenti indiscrezioni si fossero concentrate maggiormente sulla possibilità che un tedesco come il Vescovo Wilmer potesse assumere l’incarico di custode della dottrina della fede [QUI], il nome di Victor Manuel Fernández era sempre stato tra i possibili candidati alla guida dell’ex Sant’Uffizio.
Ma la vera notizia è la lettera, in spagnolo, con cui Papa Francesco accompagna la nomina di Fernández. Allo stesso tempo, il Bollettino della Sala Stampa della Santa Sede non manca di soffermarsi sull’elenco delle pubblicazioni del nuovo prefetto, arrivando addirittura, in maniera rituale minima, a sottolineare che “tra libri e articoli scientifici, ha più di 300 pubblicazioni, molte delle quali tradotte in varie lingue. Questi scritti mostrano un’importante base biblica ed un costante sforzo di dialogo della teologia con la cultura, la missione evangelizzatrice, la spiritualità e le questioni sociali”.
Non è certo nello stile di un comunicato stampa della Sala Stampa della Santa Sede. Era come se qualcuno dovesse giustificare la nomina, o accreditarla a un pubblico più vasto. La Sala Stampa della Santa Sede sembra aver ricevuto tutto già impacchettato, compresa la lettera di accompagnamento del Papa, diffusa in spagnolo e senza alcuna traduzione di lavoro.
Ma il vero nodo è la lettera. Perché nella lettera ritroviamo tutto l’intento di Papa Francesco di definire un cambio di rotta per la Chiesa, chiudendo un percorso che lo aveva visto, dieci anni fa, nominare Fernández arcivescovo quando era ancora Rettore dell’Università Cattolica di Buenos Aires. Una nomina che doveva essere un segnale, perché l’Arcivescovo di Buenos Aires Bergoglio si era battuto per avere Fernández Rettore contro il parere della Congregazione per l’Educazione Cattolica, in particolare dell’allora Segretario, Monsignor Brugués. Papa Francesco ha trovato quest’ultimo come Archivista e Bibliotecario di Santa Romana Chiesa, ma non lo ha mai creato cardinale, mandandolo in pensione come arcivescovo.
La nomina di Fernández a Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede completa un percorso decennale, durante il quale Fernández è sempre stato nell’ombra: è considerato il ghostwriter di Evangelii gaudium, l’esortazione programmatica di Papa Francesco, e di Amoris laetitia, i risultati di due Sinodi sulla famiglia, dove l’Arcivescovo Fernández spingeva per un testo sicuramente più aperto dell’esortazione stessa. In qualche modo, la nomina rivela il pensiero del Papa. Perché nella lettera il Papa sottolinea che il dicastero «in altri tempi è arrivato ad usare metodi immorali», con i quali «più che promuovere la conoscenza teologica, si perseguitavano eventuali errori dottrinali».
E viene da chiedersi a quali altre epoche Papa Francesco stia pensando, perché le parole suonano anche come un atto d’accusa verso decisioni recenti. Eppure, se si pensa alla Congregazione per la Dottrina della Fede degli ultimi anni, e in particolare a quella guidata dal Cardinale Joseph Ratzinger, si pensa a una delle congregazioni con i metodi più sinodali possibili: gli incontri di feria quarta, continue discussioni prima di giungere ad avvertimenti dottrinali, la decisione, se si dovesse procedere contro una determinata linea teologica o correggere un errore, di operare sempre in positivo, mai in negativo. E in fondo la congregazione ha redatto due documenti sulla teologia della liberazione, due istruzioni che andavano l’una a metterne in luce i suoi aspetti positivi e l’altra le sue derive negative [QUI].
La Chiesa del passato, in fondo, non è stata spietata. Benedetto XVI sottolineava che “il nome di Dio è misericordia”. Ma è stato anche Benedetto XVI a scrivere, nella sua lettera ai cattolici d’Irlanda del 2010 [QUI], che il pericolo era perdere il senso del peccato e l’importanza dell’educazione cristiana, portando agli abusi. Insomma, c’era una ricerca di equilibrio.
Questo pontificato sembra composto da due pendoli opposti. Da una parte c’è il pendolo che ora pende totalmente verso l’idea della misericordia totale; dall’altra il pendolo che, in tema di abusi nella Chiesa, ha abbracciato la linea della tolleranza zero assoluto. E da una parte c’è il pendolo che punta alla sinodalità totale; dall’altro, un accentramento delle decisioni del Papa che, alla fine, rende la Chiesa più una monarchia assoluta che mai.
Nella lettera, il Papa non manca di ricordare la riforma del Dicastero per la Dottrina della Fede del febbraio 2022 [QUI]. In precedenza, la Congregazione era composta da quattro uffici: disciplinare, dottrinale, matrimoniale e la quarta sezione. Quest’ultima aveva il compito di seguire la questione dei rapporti con la Fraternità Sacerdotale San Pio X e l’applicazione del Motu proprio Summorum Pontificum, e non aveva più ragione di esistere dopo il Motu proprio Traditionis custodes, che revocava le concessioni di Benedetto XVI nell’uso del rito antico.
Con la riforma, l’ex Congregazione per la Dottrina della Fede è composta di due sezioni, una disciplinare e una dottrinale, con due segretari: Monsignor Joseph Kennedy per la sezione disciplinare e Monsignor Armando Matteo per la sezione dottrinale. Così, il profilo manageriale della Congregazione sembra essersi rafforzato, con una struttura più gerarchica e una più precisa ripartizione delle competenze.
È anche vero che i quattro uffici, operando in sincronia, evidenziavano una vera collegialità decisionale e creavano specialisti in materie specifiche. Le questioni dottrinali sono sempre rimaste in secondo piano in ogni decisione. Se il Papa vuole che il Prefetto si occupa di “custodire la fede” ma non condanni più, resta il rischio che l’elemento disciplinare prevalga su quello dottrinale. In pratica, si rischia di punire gli abusi ma di non poter lavorare a partire dalle questioni di fede. C’è qualcosa come una separazione tra fede e vita, caratterizzata dal fatto che – scrive il Papa nella lettera a Fernández – le idee che non partono dall’onnipotenza di Dio e dalla sua misericordia sono inadeguate.
In quella lettera c’è tutta l’eredità di Papa Francesco, che, in pratica, sta forzando la sua mano, imponendo la sua visione del mondo con misure decisive e talvolta anche dure. È successo quando è dovuto intervenire nell’Ordine di Malta, quando è addirittura intervenuto nell’andamento di processi dello Stato della Città del Vaticano, anche quando nel 2017 ha inviato una lettera ai vescovi argentini sull’interpretazione di Amoris laetitia e ha disposto la pubblicazione negli Acta Apostolicae Sedis [QUI], dando credito e indicando una via, e ora quando interviene su come il Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede deve svolgere la sua missione.
Ma questa nomina, arrivata quasi ad un tratto, racconta anche la fretta del Papa di mettere al sicuro la sua eredità. Matteo Matzuzzi, sul quotidiano Il Foglio [QUI], ha notato che il Papa sta facendo una serie di nomine di giovani vescovi in posizioni critiche, che possono restare in carica per almeno vent’anni. È il caso del nuovo Arcivescovo di Madrid, José Cobo Cano, o del nuovo Arcivescovo di Mechelen-Brussel, Luc Terlinden, e del nuovo Arcivescovo di Buenos Aires, Josè Ignacio Garcìa Cueva, per fare tre degli esempi più recenti.
E poi, c’è la volontà del Papa di dare un titolo ai suoi diretti collaboratori. Un tratto essenziale è che tutti coloro che il Papa mette a capo di commissioni che ritiene finanziarie, li nomina vescovi. Nominò Diego Ravelli, Maestro delle Cerimonie Pontificie, arcivescovo e Legato pontificio per la Basilica di Sant’Antonio a Padova. È successo anche per la basilica papale di Santa Maria Maggiore, il cui commissario pontificio, Rolandas Mackrickas, è stato ordinato vescovo a metà di quest’anno.
Papa Francesco ha nominato arcivescovo, Alejandro Arellano Cedillo, il Decano del Tribunale della Rota Romana, carica che in genere non era occupata da un vescovo. Alejandro Arellano Cedillo è anche Presidente della Corte d’appello dello Stato della Città del Vaticano, che gestisce alcuni processi finanziari giunti al secondo grado.
Se la parte finanziaria sembra essere un tema centrale, allargando lo sguardo, si può vedere che il Papa sta cercando anche di rompere collegamenti nell’ambito della giustizia vaticana. Lo ha fatto, ad esempio, riformando la Corte di Cassazione dello Stato della Città del Vaticano, che tradizionalmente guidata dal Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, che ora ha come Presidente il Cardinale Kevin Joseph Farrell e come giudici i Cardinali Mauro Gambetti, Matteo Zuppi e Paolo Lojudice. Quello che colpisce è la scelta del Cardinal Farrell come Presidente della Cassazione. Farrell è anche il Camerlengo di Santa Romana Chiesa, e sarà lui a gestire la Sede Vacante e, quindi, l’amministrazione, anche economica, della Santa Sede.
Per quanto marginali possano apparire, queste decisioni ci dicono come sarà il governo del Papa nei prossimi mesi? Sì, dicono qualcosa.
Prima di tutto, dicono che il Papa sta creando una squadra di persone che gli sono fedeli e riflettono il suo pensiero. Non devono essere esperti. Devono invece essere esecutori della volontà del Papa, persone allineate e capaci di portare avanti le sue idee.
In secondo luogo, dicono che il Papa vuole dare l’idea che segue da vicino ogni situazione, al punto da nominare stretti collaboratori per essere informati o per coinvolgere ancora di più questi collaboratori.
La nomina di Fernández è arrivata ad un tratto, ma soddisfa questi criteri. Sarà chiamato a un compito difficile, quello di comprendere fino in fondo la linea del Papa. Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha parlato di una conversione pastorale generale, di andare nelle periferie, e di mettere al centro la missione. La Costituzione apostolica Praedicate Evangelium cerca di rendere concreto questo spirito missionario. Il Consiglio di Cardinali, che si è recentemente riunito per la seconda volta nella sua nuova composizione, ha anche discusso su come portare avanti questo spirito missionario e su come coniugare spirito missionario e sinodalità.
Però, si tratta di termini astratti, ancora difficili da concretizzare, che rientrano nella celebrazione di un Sinodo, che mira invece a rinnovare la vita della Chiesa proprio sul principio della sinodalità o del camminare insieme. Ma sinodalità significa una discussione in corso che non si riflette in alcuna decisione finale, o significa una conversazione che porta a una conclusione condivisa?
Probabilmente siamo nella terza fase del pontificato del Papa. È la fase in cui il pontificato cerca il suo consolidamento prima del suo inevitabile declino. E Papa Francesco realizza questo consolidamento proprio nominando vescovi e prefetti, privilegiando i più fedeli. E, magari, pensando al seguente imprevedibile elenco di nuovi cardinali che dovrebbe arrivare entro la fine dell’anno. Un elenco di cui si parla da tempo ma che il Papa per ora ha tenuto per sé.
Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].
Articolo collegato
L’«esperto di baci» Tucho nominato Prefetto del dicastero che fu di giganti come Carafa, Ghisleri, Rebiba, Merry del Val, Ottaviani, Ratzinger, Müller – 2 luglio 2023
Foto di copertina: «LA NUOVA FASE DI FRANCESCO – Ho condiviso una settimana con Francesco – Lavora tutto il giorno – Ha udienze e incontri la mattina e il pomeriggio. Lavora più ore di chiunque altro in Vaticano – Lo vedono stanco dopo 5 ore di cose dense ma dopo il riposino era perfetto e felice» (Víctor Manuel Fernández, Tucho, obispo, monseñor @Tuchofernandez – Twitter, 30 giugno 2023).