Tanti giovani alla Tendopoli di san Gabriele

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Migliaia di pellegrini hanno partecipato, a fine agosto, alla conclusione della XXXII Tendopoli, partecipando al Santuario di San Gabriele dell’Addolorata alla messa celebrata dal cardinale Angelo Comastri, vicario del Papa per la Città del Vaticano: “L’amore sta nel dare la vita, nel vivere per gli altri, non nel succhiare amore ovunque. Oggi viviamo in piena crisi di amore. Madre Teresa di Calcutta diceva che ‘la più grande povertà di oggi è quella di non amare’. E nei paesi ricchi, ragazzi, sta scomparendo l’amore. Per questo c’è tanta violenza, proprio perchè si sta spegnendo l’amore. Si sfasciano le famiglie non perchè finisce l’amore, ma perchè non c’è mai stato… Chi potrà insegnarci l’amore? Solo Dio. San Gabriele diceva ‘la mia vita è una gioia continua’, perchè viveva l’amore vero. Anche nel nostro tempo abbiamo avuto un’icona d’amore: Giovanni Paolo II. Poco prima di morire, durante la via Crucis del venerdì santo, non potendo fare la via Crucis la seguì da uno schermo con un crocifisso in mano rivolto verso se stesso. Pochi giorni dopo, il 30 marzo, pur non potendo più parlare, lui che era stato un grande comunicatore, né potendo più muoversi, lui che era stato un grande camminatore, si svegliò e disse sottovoce ‘oggi è mercoledì, la gente viene e non voglio deluderla’. Giovanni Paolo II a fatica si alzò e volle il microfono davanti alla finestra. Non riuscì a dire nulla, se non a fare un segno di croce che voleva dire ‘sono contento’. Io che ho visto i suoi occhi vi assicuro che erano contentissimi perchè aveva vissuto la sua vita amando. E allora cari giovani non vi lasciate imbrogliare: questa è la strada della felicità”.

Ed all’inizio dell’incontro  il padre provinciale della Congregazione dei Passionisti, Bartali, ha dato il benvenuto ai giovani, ricordando come un cristiano senza gioia non sia cristiano: “I tendopolisti sono una perla per la congregazione passionista, la tendopoli ha formato generazioni di cristiani, i padri portano in Tendopoli i loro figli: è questa testimonianza di fede e di continuità nell’appartenenza alla Chiesa e alla famiglia passionista che genera la Speranza”. E nella prima relazione ‘Giovane: cerca la gioia. Abita la terra, vivi con fede’ l’eremita e studioso di religioni comparate, Dag Tessore, ha ricordato che: “Maria chiamò San Gabriele alla vita religiosa dicendogli che questo mondo non era per lui. Non c’è contraddizione però con il tema della tendopoli, perché vi sono due significati della parola mondo. Il primo ci rimanda a quello esperienziale, il mondo è ciò che ci circonda, ciò con cui ci relazioniamo. Poi c’è un significato più ‘tecnicamente’ evangelico: il mondo inteso come luogo del male, della corruzione,del peccato. Il regno di Dio non è questo, ed è  questo il mondo che Dio ci invita a lasciare. Quando ci allontaniamo dal mondo del peccato arriviamo nel mondo reale, siamo nella vita vera. Questo mondo è fatto di individui, di ciascuno di noi in relazione all’altro. Dio si trova vivendo su  questa terra,che è la scala che ci porta a Lui. Con gioia e con fede, come ci ricorda il salmista. Con gratitudine anche per il dolore, che fa parte della nostra vita ma che solo nella fede trova senso. Sant’Agostino ci dice che anche se Dio non esistesse, i valori evangelici sarebbero comunque i migliori per vivere pienamente e con gioia la vita terrena. Chi si allontana dalla vita  per cercare Dio non trova nulla, solo se stesso e le sue inquietudini”.

Mentre lo psichiatra Alessandro Meluzzi ha lanciato una provocazione: “La giovinezza non esiste. Non esiste come categoria anagrafica o socio-antropologica. La giovinezza è una categoria dello spirito, è un’apertura del cuore alla relazione con l’altro, alla speranza che è la ‘condicio sine qua non’ della fede. Aderire a Cristo vuol dire svuotarsi del proprio Io per lasciarsi possedere da Lui. Oggi i giovani anagrafici sono considerati un problema, una zavorra per la nostra società La precarietà che viviamo in questo tempo di crisi economica ci proietta una visione della vita senza futuro,siamo terrorizzati dall’idea della povertà, della scarsità di mezzi e non consideriamo che comunque viviamo l’epoca di maggior benessere che l’Occidente abbia mai conosciuto. Si tratta allora di cambiare orizzonte, di riscoprire la gioia nella semplicità, di riappropriarsi della capacità/necessità di affidarsi. Se la resurrezione è la speranza che alimenta la nostra fede, la croce è una certezza per ogni uomo. E Cristo sulla croce si è affidato al Padre. L’idea di autosufficienza è l’idea luciferina per eccellenza che si nutre del capostipite di tutti i peccati, quello dell’orgoglio. La cultura imperante ci educa all’adorazione del totem dell’autosufficienza, e questa pedagogia costruita sul peccato originale rende fragili. La precarietà che viviamo è in realtà una grande opportunità per riscoprire che siamo frutto di un’autenticità che si chiama Cristo…In questo relazionarsi, si diventa allora vero sale per il mondo. Consapevoli  che il sale non da solo sapore ma brucia anche sulle ferite. Ma non c’è crescita senza cicatrici”.

Infine mons. Claudio Giuliodori, vescovo di Macerata e Presidente della Commissione episcopale Cultura e comunicazioni sociali,  ha offerto alcune provocazioni sull’utilizzo della ‘rete’: “ Davvero la rete ci rende più autonomi, liberi, capaci di conoscere la realtà? Ci sono analisi dettagliate che dimostrano che la rete è il nuovo mondo con cui alcune agenzie controllano la società e i meccanismi di sviluppo del sistema sociale sempre più globalizzato. Questo significa che qualcuno ci guadagna, si determinano e inducono bisogni, costituiscono un aggancio commerciale formidabile in un mondo globale, e non ne siamo consapevoli. La seconda provocazione: la rete è un’immensa enciclopedia dove possiamo aumentare la nostra conoscenza. Ma si pone il problema dell’attendibilità delle fonti e della loro veridicità, soprattutto sul fronte delle questioni morali, etiche. Si pone il problema dell’autenticità della gerarchia delle fonti. Abbiamo tutto sottomano ma nessuno ci guida e possiamo smarrirci. Terza provocazione. I social network sono un prolungamento delle relazioni reali. Normalmente sono un’estensione di quelle che sono i rapporti già consolidati.

Non è così vero che internet sia il luogo dell’isolamento, della separazione dalla vita. Chi è solo nella vita lo è anche in internet, chi è in relazione nella vita lo è anche in internet. Internet pone delle fondamentali questioni non solo etiche ma anche antropologiche, di identità, del nostro essere nel mondo, del nostro costruire relazioni autentiche. Internet può banalizzarle o farle crescere… Quindi la prima rete dove dobbiamo riprendere a muoverci è quella dell’amore di Dio, in cui eros e àgape si ricompongono. Se voi giovani siete qui, a San Gabriele, è perché anelate all’amore di Dio. Anche Gesù parla di rete: vi farò pescatori di uomini, sulla tua parola getteremo le nostre reti. Una rete che non ha una parola, che non ha la Parola che guida diventa un mare dove si naviga a vista e dove si rischia di perdersi. Oggi il compito di gettare le reti è della Chiesa, che ci ricorda come le tecnologie siano un segno dei tempi se le viviamo da protagonisti senza subirle, e per i cristiani anche la rete è uno spazio fecondo per annunciare il Vangelo”.

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