E Giovanni Battista apparve a Pontecorvo. Per convertire i cuori

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“La missione di Giovanni Battista fu un appello straordinario alla conversione”. Così Benedetto XVI ha delineato la figura del predecessore di Gesù nell’Angelus del 4 dicembre 2011. Ed è proprio in un periodo di conversione e purificazione che ha luogo l’unica apparizione riconosciuta di San Giovanni Battista nella storia della Chiesa, descritta con precisione negli Acta Sanctorum. Avviene a Pontecorvo, un piccolo centro a metà strada tra Roma e Napoli, nelle Alte Terre di Lavoro, dove il 14 aprile 1137, il predecessore di Gesù appare  un contadino di nome Giovanni Mele. Questi sta coltivando il terreno sulle sponde del fiume Liri, quando sull’altra riva un nobile signore gli mostra delle monete d’oro. “Se verrai qui, saranno tue”, dice. Il nobile signore è in realtà il diavolo. Il contadino non lo riconosce, e – tentato dalle monete – si butta nel fiume pur non sapendo nuotare. Rischia di affogare. Compare San Giovanni Battista, e lo porta in salvo a riva. Gli rivela chi è e dice di parlare dell’apparizione all’arciprete della Cattedrale di San Bartolomeo, Grimoaldo. Ma Giovanni Mele non lo fa subito. Poi, quando lo fa, non viene creduto. Giovanni Battista allora appare in sogno a Grimoaldo. Gli conferma la veridicità del racconto. Chiede che sia costruita una Chiesa sul luogo dell’apparizione. Vuole penitenza e purificazione. E Grimoaldo – venerato come santo – adempie ai voleri del Battista. Questa, però, non è una semplice storia di una devozione popolare. È una storia in cui si incrociano devozione popolare, cavalieri ospitalieri, massoni e anticlericali. È una storia che riprende vigore oggi, quando questo Papa fa un percorso di purificazione della fede. E, anche a Pontecorvo, si sta facendo un percorso simile di purificazione di una fede che era stata messa da parte.

 

Come era messa da parte al tempo dell’Apparizione di San Giovanni Battista. Era il tempo della riforma Gregoriana, un’impresa eroica di uomini retti guidati da Papa Gregorio VII, Ildebrando di Soana. E un uomo puro, retto, cristallino è anche San Grimoaldo, che di buon diritto può essere annoverato idealmente tra gli uomini che si erano raccolti intorno a Ildebrando. È nel contesto della riforma gregoriana – che pure incontrava non poche resistenze – che si  inserisce l’apparizione di San Giovanni Battista. Grimoaldo lo comprende, e lo fa comprendere ai cittadini. Riforma i costumi del popolo, promuove il culto di San Giovanni Battista e sprona a seguirne gli esempi. La liturgia che celebra ogni anno il ricordo dell’apparizione – che in seguito si deciderà di spostare per motivi liturgici alla seconda domenica di maggio – viene così strutturata: rito penitenziale; confessioni e processione dalla Cattedrale di San Bartolomeo al luogo dell’apparizione; arrivo in prossimità del luogo dell’apparizione, dove simbolicamente si gettano a fiume delle pietre a simboleggiare “li peccata mea”, i miei peccati; Messa nella Chiesa di San Giovanni Appare, costruita sul luogo dell’Apparizione; ritorno in cattedrale.

Il luogo dell’apparizione è un posto perfetto per l’Ospedale San Giovanni Gualdo in Pontecorvo (“Hospitalis S.Johannis de Gualdo”), una Casa o Precettoria che gli Ospedalieri – detti anche Giovanniti, chiamati in seguito Cavalieri di Malta – impiantano dal 1269. La “commenda”, come viene chiamata, faceva capo all’omonimo ospedale di S.Giovanni di Gerusalemme di Capua, il quale proprio intorno alla metà del sec. XIII assurge a priorato.  Lì, a metà strada tra Roma e Napoli, in un terreno di passaggio, i Cavalieri di Malta possono venerare San Giovanni e ospitare i pellegrini in viaggio verso la Terrasanta. La devozione per l’apparizione è promossa anche da loro.

Tutto comincia a cambiare nel periodo che segue la Rivoluzione francese. Un periodo ben delineato da Benedetto XVI nella sua visita a Carpineto Romano per celebrare Papa Leone XIII nel 2010: “L’Europa risentiva allora della grande tempesta Napoleonica, seguita alla Rivoluzione Francese. La Chiesa e numerose espressioni della cultura cristiana erano messe radicalmente in discussione. Le popolazioni delle campagne non erano certo favorevoli a questi stravolgimenti, e rimanevano legate alle tradizioni religiose”.

È un movimento che non lascia indifferente Pontecorvo che, con quel ponte sul fiume Liri che fa gola a molti, con il suo essere isola dello Stato Pontificio nel Regno delle Due Sicilie, vive un periodo politicamente turbolento. Nel 1799, durante il periodo Giacobino, Pontecorvo fa parte della Repubblica Romana, e vi viene innalzato l’Albero della Libertà. Poi viene occupata dalle truppe borboniche. Ma nel 1806 Napoleone Bonaparte ricaccia Papa e Borboni e nomina Principe di Pontecorvo Giovan Battista Bernadotte, che la lascia nel 1810 quando viene designato re di Svezia. Bernadotte non va mai a Pontecorvo, ma promuove una autonoma Carta Costituzionale, improntata sui principi della Rivoluzione francese. La storia però è in agguato. Pontecorvo ritorna all’impero quando Bernadotte diventa re di Svezia, viene quindi occupata da Gioacchino Murat re di Napoli, e dopo il congresso di Vienna ritorna al Papa (e nel frattempo il re di Svezia ha ripreso il titolo di principe di Pontecorvo, che mantiene tuttora).

Ma gli strascichi dell’era napoleonica sono rimasti, e la Carboneria è molto attiva nella zona. È in quel periodo che Giovanni Mele, un veggente cui è apparso san Giovanni Battista, viene dipinto come credulone. Il nome viene storpiato in Camele, e il popolo ne fa uno scemo, un pupazzo da gettare nel fiume insieme al diavolo che lo ha tentato. Resta, forte, il culto di San Giovanni, ma si annacqua tutto il rito pensato nel Medioevo come una grande purificazione collettiva.

E la storia bussa di nuovo a Pontecorvo, che nel 1820 si proclama Repubblica autonoma. Non dura molto: il 17 marzo 1821 gli austriaci occupano il paese. Ma la carboneria è ancora viva. La leggenda vuole che Pio IX, in esilio a Gaeta, passi dalle parti di Pontecorvo. Se di questo fatto non vi è certezza, vero è che Pio IX, avvertito che presso il convento dei Cappuccini di Pontecorvo trovano rifugio alcuni carbonari, li caccia e installa al loro posto i padri Passionisti, che tuttora ne sono i titolari. Ma non basta: il 7 dicembre 1860, nella Sala Comunale, viene ufficialmente deliberata l’annessione all’Italia Unita, tra i primi paesi dello Stato pontificio.

Nel frattempo, il folklore diventa per il popolo “tradizione”, il rito penitenziale della mattina viene sostituita con una Messa. Ci vuole il coraggio di un vescovo, Luca Brandolini, e di un arciprete erede di San Grimoaldo, Luigi Casatelli, per riportare la celebrazione al senso originario, ridando forza al rito penitenziale e riportando tutta la liturgia che ricorda l’apparizione al senso originale: quello della purificazione. Oggi, come allora, c’è un Papa che vuole ricondurre la gente a Dio. Una piccola storia locale assume così un significato universale.

(nella foto: San Giovanni Battista salva Giovanni Mele, in un quadro nella Basilica Con-Cattedrale di San Bartolomeo Apostolo di Pontecorvo – FR)

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