Tomasi al WIPO: “Le persone più bisognose al centro degli obiettivi post-2015”

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Bilanciare i diritti privati degli inventori con le necessità dei più bisognosi. È la strada segnata a Marrakech, dal Trattato sul copyright per gli ipovedenti. Ed è la strada indicata da Silvano Maria Tomasi, nunzio della Santa Sede all’ufficio ONU di Ginevra, in un intervento alla World Intellectual Property Organization (WIPO) lo scorso 23 settembre. Dopo il successo della Conferenza diplomatica di Marrakech dello scorso giugno, Tomasi parla di Spirito di Marrakech, perché “il processo di negoziazioni e la volontà politica di occuparsi delle persone ipovedenti hanno dato a tutti una lezione che ci permette di guardare al futuro con grande confidenza”.

Dopo Marrakech, la Santa Sede guarda dunque già al futuro e punta al bene comune integrale. L’esempio deve proprio essere il trattato, attraverso il quale “l’organizzazione ha mostrato al mondo la via del futuro”.

Il percorso per il Trattato non era stato cosa facile. C’erano voluti alcuni anni per bilanciare le esigenze dei detentori del copyright con la volontà di non escludere nessuno dal processo culturale. Più cultura equivale a maggiore sviluppo. Ma come si può diffondere la cultura anche tra gli ipovedenti, se i libri specializzati per le cosiddette  “visually empaired persons” avevano prezzi proibitivi per tutti?

Il Trattato di Marrakech ha messo insieme e armonizzato tutti gli interessi. Ha chiesto l’adozione di leggi speciali a livello nazionale che permettono la riproduzione, distribuzione e la messa a disposizione dei lavori pubblicati in formati accessibili attraverso limitazioni ed eccezioni da esercitare su quanti hanno il diritto di copyright. Le limitazioni e le eccezioni saranno armonizzate, in modo da permettere alle organizzazioni che diffondono libri tra gli ipovedenti di operare attraverso le frontiere, traducendo e scambiando volumi. E questo favorirà la crescita del numero di opere accessibili, perché eliminerà le copie e accrescerà l’efficienza.

Non è un caso che la Santa Sede è stato uno dei primissimi Stati a plaudire il trattato e a firmarlo. Ancora nel discorso al WIPO del 23 settembre, Tomasi parla della lezione di “un profondo senso di solidarietà umana con le vittime di disabilità e l’accettazione della loro piena partecipazione nella vita della società”.

Aggiunge Tomasi: “Nel momento in cui nuove priorità sono dibattute per i problemi post-2015, mettere le persone più bisognose al centro dei piani e dei programmi assicurerà il giusto approccio e confermerà che il successo sarà effettivo solo quando la famiglia umana sarà vista come unica”.

Perché il ruolo del WIPO, la questione della proprietà intellettuale, la carestia dei libri, sono così importanti? Tomasi, come di consueto, snocciola cifre. Sottolinea che “gli indicatori economici mostrano che negli ultimi vent’anni i decisivi fattori della produttività si sono spostati dalla terra e dal capitale alla conoscenza, alla tecnologia e alle competenze e che il benessere delle nazioni industrializzate è basato molto più su questo tipo di proprietà che sulle risorse naturali”.

Tomasi cita l’enciclica Centesimus Annus di Giovanni Paolo II, nel passo in cui denuncia che ancora sono in molti quelli che non possono accedere alla conoscenza necessaria per esprimersi e non avendo accesso alla cultura non possono nemmeno avere un peso nella società. “Parole che sono ancora attuali”, chiosa Tomasi.

E per questo il problema della proprietà intellettuale, seppur tenuto così poco in considerazione, è di fondamentale importanza. “L’obiettivo primario della proprietà intellettuale – afferma Tomasi – non è in favore di una efficienza allocativa, ma è inteso a supportare una cultura democratica”. Perché – aggiunge – “un essere umano è veramente umano solo se è padrone delle sue azioni e può giudicare il loro valore, solo se è l’architetto dei suoi personali progressi”.

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