La vaticanizzazione della Santa Sede

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 22.05.2023 – Andrea Gagliarducci – Quello che sta accadendo sotto Papa Francesco sembra essere un processo di “vaticanizzazione della Santa Sede”. È una sorta di rivoluzione copernicana, che di fatto ribalta un principio fondamentale. Lo Stato della Città del Vaticano è stato infatti concepito al servizio della Santa Sede, la sua esistenza garantisce una sovranità che è più di una formalità. Ma Papa Francesco ha reso lo Stato sempre più centrale con una serie di decisioni solo apparentemente marginali. Decisioni che hanno ribaltato la prospettiva, e che fanno dello Stato il soggetto centrale, con la Santa Sede obbligata a seguire.

Una “vaticanizzazione della Santa Sede” si è cominciata a percepire quando Papa Francesco ha deciso di intervenire nel processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato con quattro Rescritti [QUI] che, di fatto, hanno cambiato le regole del processo mentre il processo era in corso. Il Papa, ovviamente, ha il potere di farlo, essendo il Sovrano e il Supremo organo legislativo. Allo stesso tempo, i Papi non l’avevano mai fatto, proprio per evitare di rendere lo Stato più importante dell’entità internazionale.

Infatti, cosa accadrebbe se la Santa Sede si trovasse in un foro internazionale a difendere il giusto processo dovendo fare i conti con un sistema giudiziario che cambia le leggi mentre i processi sono in corso? Quanta credibilità avrebbe la Santa Sede nel firmare trattati internazionali, se questi trattati venissero poi disattesi, almeno in linea di principio o nella loro applicazione?

Siamo di fronte ad azioni che, pur rispondendo a logiche interne, hanno ricadute internazionali da non sottovalutare. Sono riforme che, come tutte quelle di Papa Francesco, hanno ramificazioni oltre i confini dello Stato della Città del Vaticano.

Un esempio sono i nuovi statuti dell’Autorità di Informazione Finanziaria. Rilasciati nel 2020, gli statuti hanno cambiato il nome dell’autorità in Autorità di Informazione e Vigilanza Finanziaria e hanno dato più centralità al ruolo del Presidente. Ma gli statuti erano stati pensati con un Presidente nel ruolo di garante proprio per evitare che il Presidente debba agire da deus ex machina, e che i Membri del Consiglio abbiano altre attività esterne senza incorrere in conflitti di interesse.

A livello europeo, e in particolare contro il riciclaggio, potrebbe destare preoccupazione anche la nuova normativa giudiziaria vaticana [QUI], che annulla la precedente riforma e consente a tutti i Giudici e Promotori di Giustizia vaticani di lavorare a tempo parziale. È una decisione che crea una situazione particolarmente difficile. È come se un pubblico ministero negli Stati Uniti fosse contemporaneamente un avvocato in Francia. E infatti la legge fu aggiornata in modo che almeno uno dei Giudici e uno dei Promotori di Giustizia lavorassero a tempo pieno per lo Stato della Città del Vaticano. Questo non è più il caso.

In un crescendo di riforme di questo genere, che sembrano non considerare la specificità dello Stato della Città del Vaticano e della Santa Sede, la quasi improvvisa promulgazione della nuova Legge Fondamentale dello Stato della Città del Vaticano sembra un ulteriore passo in questa direzione [QUI].

La precedente Legge Fondamentale, che era stata approvata da Giovanni Paolo II nel 2000, aveva uno scopo preciso: riconoscere che l’impegno del Papa aveva una dimensione universale, diversa da quella di un monarca di uno Stato, e che i doveri, i poteri dello Stato si potrebbe dire, erano affidati a una Commissione, composta da cardinali perché erano alla pari del Papa e condividevano uno stesso livello di poteri di governo.

La Legge Fondamentale di Giovanni Paolo II rifletteva un percorso di progressiva sottrazione dei compiti di gestione ordinaria alla figura del Pontefice. Questo percorso iniziò nel 1939 con Pio XI, che passò da una gestione fatta con l’aiuto di un Governatore a quella di una Commissione cardinalizia. Poi, Giovanni Paolo II ha affidato le sue prerogative alla Segreteria di Stato nel 1984, fino a promulgare la nuova Legge Fondamentale nel 2000.

Con Papa Francesco, invece, si sembra tornare a un ruolo centrale per un Papa che da solo ha poteri e che soltanto delega funzioni ad altri. Non solo. Le funzioni di governo sono affidate a una Commissione, ma non composta di soli cardinali, applicando il principio che è proprio la missione a conferire autorità, come stabilito nella Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium. Ma il punto non è tanto l’inserimento di laici e laiche in strutture di governo.

La nuova Legge Fondamentale elimina ogni riferimento alla Segreteria di Stato, accentra tutto sulla figura del Papa e sottolinea che “lo Stato della Città del Vaticano assicura l’assoluta e visibile indipendenza della Santa Sede per l’adempimento della sua alta missione nel mondo e ne garantisce la sua indiscussa sovranità anche in ambito internazionale”.

In pratica, la Legge Fondamentale stabilisce la necessità per lo Stato della Città del Vaticano di garantire l’indipendenza della Santa Sede. Di fatto, però, la Santa Sede ha avuto indipendenza e sovranità anche senza uno Stato e senza un territorio. È successo quando Roma è stata conquistata ed annessa al Regno d’Italia nel 1871, decretando così la fine dello Stato Pontificio. La Santa Sede, invece, ha continuato ad esistere, ad avere relazioni internazionali, a scambiare ambasciatori. Basti pensare che, durante il pontificato di Benedetto XV, durato dal 1914 al 1922, la Santa Sede ha aperto relazioni diplomatiche con dieci Stati diversi, ampliando la sua rete diplomatica dai 17 Stati all’inizio del pontificato ai 27 alla fine del pontificato.

La nuova Legge Fondamentale rende molto esplicito il ruolo dello Stato, non più un “mezzo” per la Santa Sede, ma addirittura una garanzia di sovranità. Comprende anche i rappresentanti del governatorato precedentemente assenti nelle relazioni internazionali. Mette da parte la Segreteria di Stato, che era invece l’intermediario tra l’apparato dello Stato e il Santo Padre, e così facendo torna centrale un’altra volta la figura del Papa.

Nel 1929, infatti, era previsto che il potere legislativo fosse esercitato direttamente dal Papa, cioè dal Sovrano, con la possibilità di “delegare il potere legislativo per determinate materie o per singoli oggetti al Governatore dello Stato”.

La Legge Fondamentale del 2000 ha invece stabilito che è la Pontificia Commissione ad esercitare direttamente la potestà, salvo i casi in cui il Pontefice la riservi per sé o per altri uffici.

Ora però, il Papa torna al centro, e tra l’altro si sottolinea il suo ruolo di Capo di Stato. È una riforma che forse avvicina lo Stato della Città del Vaticano a uno Stato moderno, ma lo allontana dal suo scopo naturale e principale.

Quella che sta accadendo con Papa Francesco è, insomma, una sorta di rivoluzione copernicana nel modo di concepire lo Stato della Città del Vaticano. Lo Stato non è più un organo che è funzionale alla Santa Sede, ma in alcuni casi diventa addirittura l’organismo che domina la Santa Sede. Le norme dello Stato, che è una monarchia assoluta e patrimoniale, possono mettere a repentaglio la “diplomazia dei valori” della Santa Sede. Sarebbe l’opposto di quanto desiderava Giovanni Paolo II, che era difendere questa “diplomazia dei valori”, rendendo meno centrale la figura del Papa nelle situazioni di governo.

Si è parlato spesso dell’opera di accentramento di Papa Francesco, che va oltre ogni propaganda sinodale e collegiale. Nel frattempo, però, Papa Francesco ha realizzato un’altra riforma, che è quella dello Stato. Ma, se la Santa Sede perde importanza e centralità, che ne sarà della sua diplomazia? E quale sarà il suo vero ruolo sulla scena internazionale?

Il rischio è quello di decostruire un lavoro portato avanti da millenni. Forse alcuni problemi sarebbero risolti. Certo, ne creerebbe molti altri.

Questo articolo nella nostra traduzione italiana è stato pubblicato oggi dall’autore in inglese sul suo blog Monday Vatican [QUI].

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