La carne artificiale uccide gusto e memoria. Come e perché anticipa l’orrore del transumanesimo

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 30.03.2023 – Renato Farina] – La domanda è: ma chi sono questi ecologisti, ambientalisti, animalisti che vogliono amputare parti essenziale della nostra umanità? Sono due le dimensioni costitutive del nostro essere persone che queste fazioni inappetenti, ma vogliose di cannibalizzarci, vorrebbero tranciarci dal corpo e dall’anima: il gusto (e con il gusto anche l’olfatto, il tatto, e la vista: mangiare implica tutto del corpo); e la memoria che raccoglie come reliquie e termini di paragone i sapori (che sono la stessa cosa del sapere). Ma sanno quello che dicono?

La Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia vieta espressamente il taglio della coda (art. 10). Lo scorso gennaio a Napoli una coppia è stata condannata per aver tagliato “con crudeltà e comunque senza necessità” code e orecchie “a due cani di razza Pitt Bull”: rifilando un anno e quattro mesi di reclusione all’uomo e nove mesi alla donna. E invece agli uomini e alle donne della razza sapiens (vedi etimologia) si può tagliar via il gusto, il senso che li fa appunto sapiens=sapienti? Ma dai.

Chi abbia qualcosa di umano nel cervello e nel cuore è contro qualsiasi pena che preveda l’amputazione di qualsivoglia organo del reo. Cavare gli occhi ai traditori, tagliare la mano ai ladri – non fosse che per l’orrore che suscitano gesti irreparabili – impedisce quanto espressamente previsto dalla nostra Costituzione: all’art. 27 si parla di pene che “tendano alla rieducazione”. Ma una mano, un occhio, un orecchio caduti nel cesto del boia difficilmente sono rieducabili.

Il no tranciante del governo alla produzione della cosiddetta carne sintetica è una forma di legittima difesa. Manifesta la volontà di impedire la proliferazione di un virus che ci renderebbe alla lunga transumani, trasformati nella parte digestiva in una macchina artificiale quanto a bocca, papille gustative e stomaco. Di più: incide sull’autocoscienza. Era stato il filosofo materialista Feuerbach a sostenere che “siamo ciò che mangiamo”. Il nostro destino è di diventare poveri esseri simil-umani, un po’ come la simil pelle, roba prodotta in laboratorio? Be’, fermiamoli. Bisogna alzare l’argine.  La decisione di Meloni & C non è un atto marginale rispetto all’identità nazionale. Non hanno deliberato a nome del circolo dei gourmet che si nutrono come Lucullo di lingue di pavone purché cucinate a bassa temperatura e cosparse di sale purpureo di Harar. È stato un gesto di radicalità culturale. Condivisibile, condivisibilissimo. Preferisco essere massimalista contro i massimalisti, quando non sono infelici perdenti ma probabili futuri vincenti, sospinti come sono dal vento del pensiero unico progressista, che dopo la cancel culture vuole imporre la cancel meat. Il no alle bistecche si arma di terrorismo catastrofista, con il marchio delle stesse università che impongono il politicamente corretto. Si veda il titolo di Repubblica che pubblicizza una ricerca dell’ateneo di Berkeley, California: “Eliminare del tutto la produzione di carne potrebbe salvare il Pianeta” (12 febbraio 2023). Diventerà un comandamento dell’ONU, scommettiamo?

All’apparenza la fabbricazione di carne sintetica si qualifica come innocua o addirittura benefica. Inserire nella produzione alimentare un prodotto in più che non inquina, consuma pochissima acqua, non ammazza bestie, è propagandato come atto di progresso e di liberalismo economico. Ci viene detto: nessuno sarebbe obbligato a comprare questa pseudo-carne, né alcuno sarebbe costretto a ingollarsela con l’imbuto (nel caso, ovviamente, l’imbuto non sarebbe di plastica, ma biodegradabile). Sono le famose balle di frate Giulio. Lo sappiamo bene come funziona la pesca a strascico. Si chiama imperativo tecnologico: ciò che è possibile produrre, andando oltre la natura, viene prima sdoganato in nome della libertà individuale e l’inesorabile cammino della scienza, poi – costa meno, non produce scorie, evita la nascita di creature con handicap, salva il Pianeta – diventa eticamente consigliato, indi obbligatorio, infine si cristallizza in ideologia di Stato, contraddire la quale è fobia di qualche cosa, e pertanto punita dalla legge. Vale nel campo della genetica, del gender, adesso per il cibo. Imperativo gastronomico in nome della tutela di natura e animali. Questa nuova genia di mozzaorecchi non si accorge neppure della contraddizione.  La protesta di costoro contro il veto posto sulla carne sintetica è comicamente surreale. Ma come? I paladini del “naturale” a ogni costo si incaponiscono per levare i paletti messi per contenere un processo che non potrebbe essere più artificiale? Secondo l’Organizzazione internazionale protezione animali (Oipa) si tratterebbe di “una produzione che non lede il benessere animale, la sostenibilità ambientale e la sicurezza alimentare”. È la sostenibilità umana a venir meno di sicuro. Del resto l’allevamento come Dio comanda non mette a repentaglio i principi dell’Oipa, anzi li favorisce. Soprattutto corrobora il gusto della vita, il piacere di mangiare insieme, di versare il vino migliore nel bicchiere dell’amico.

Questo articolo è stato pubblicato oggi su Libero Quotidiano.

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