“Scritti oratoriani” di John Henry Newman. Coscienza e verità

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 09.02.2023 – Vik van Brantegem] – Mi è giunto qualche giorno fa la notizia della presentazione nel mese scorso a Verona di un prezioso volume, che rimane ancora oggi molto importante, anche se pubblicato più di dieci anni fa. Visto il valore di John Henry Newman. Scritti oratoriani (Cantagalli 2010, 504 pagine, con Introduzione e note di Dom Placid Murray, O.S.B. [QUI]), a cura di Placid Murray, Sabina Terziani e Alessandra Roana, ritengo opportuno segnalare – anche se con ritardo causa altri impegni – la sua re-presentazione e – con l’occasione – fare riferimento anche alla prima presentazione degli Scritti oratoriani, avvenuta a Genova alcuni mesi prima della beatificazione del suo autore e alla conclusione dell’Anno sacerdotale, lo speciale anno giubilare indetto da Papa Benedetto XVI dal 19 giugno 2009 all’11 giugno 2010, in occasione dei 150 anni dalla morte di San Jean-Marie Baptiste Vianney, patrono dei parroci.

La prima presentazione dell’edizione italiana di Scritti oratoriani si è svolta l’8 giugno 2010 presso l’Oratorio di San Filippo Neri a Genova, alla presenza dell’Arcivescovo metropolita di Genova, Cardinale Angelo Bagnasco, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; di numerose autorità accademiche, civili e militari; e dell’editore Dott. Maurizio Cantagalli.

Per l’occasione sono intervenuti il Procuratore Generale della Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, Padre Edoardo Aldo Cerrato, C.O. e il Preposito dell’Oratorio di San Filippo Neri di Genova, Padre Mauro De Gioia C.O., Direttore dell’Ufficio per la cultura dell’Arcidiocesi di Genova (riportiamo di seguito il testo integrale del suo intervento).

Al termine della presentazione, il Cardinal Bagnasco ha ricordato che “il Cristiano è chiamato ad essere libero ma non indipendente”, in particolar modo, “in un momento storico e culturale come quello che stiamo vivendo nel quale l’indipendenza culturale sembra essere il contrario della verità, quasi come se l’indipendenza personale fosse più importante della verità”. “Nel clima storico nel quale viviamo – ha aggiunto il Cardinal Bagnasco – si assiste ad un capovolgimento di categorie” per cui “l’indipendenza personale sembra più importante della verità al punto che, per la cultura, avere un legame con la verità, con il bene, con il criterio morale, sembra essere un fatto negativo”. I Cristiani, ha affermato il Cardinal Bagnasco, “devono essere intelligentemente critici” e non farsi influenzare dalle visioni del mondo e dalle mode correnti. Ha parlato inoltre della coscienza, spiegando che “oggi viene intesa come una scatola da riempire a beneplacito dell’individuo”. Ma la coscienza, ha aggiunto, “è un sacrario, dove Dio ha deposto l’eco di sé stesso, ed uno scrigno, che deve però essere continuamente purificato dai miasmi delle opinioni comuni che rischiano di oscurarla e soffocarla”.

“I testi di Newman sull’Oratorio – ha affermato Padre Cerrato nella presentazione – mostrano chiaramente quanto la vocazione oratoriana abbia segnato la vita e l’opera del prossimo beato e quanto profonda sia stata la sua appartenenza all’Oratorio”. Un’appartenenza che ha segnato molti anni della sua esistenza. “Infatti – ha proseguito Padre Cerrato – il cardinale ha vissuto metà della sua vita, dentro la Chiesa Cattolica, ed il suo ministero e la sua opera pastorale, come sacerdote cattolico, sono indissolubilmente legati all’Oratorio e all’opera di San Filippo”. “Il futuro beato – ha proseguito Padre Cerrato – fu oratoriano con la profondità che caratterizzò ogni scelta della sua vita e ogni opera intrapresa” tanto che fu sempre forte il suo desiderio “di svolgere la propria vita in una comunità caratterizzata da un acuto senso della cultura e dal gusto innato per l’umanesimo, dal rispetto per le persone”. Il Cardinal Newman, ha affermato ancora Padre Cerrato, ha mostrato “un’intelligenza poderosa e una spiritualità profonda” ed ha realizzato una “sintesi nuova tra ‘devozione’ e ‘ragione’”. Per padre Cerrato, infine, “San Filippo Neri e l’Oratorio, facilitarono la sua felice sintesi tra pietà e cultura di cui egli trovò altissima espressione nell”Umanesimo Devoto’ di San Francesco di Sales tanto che non è senza significato che il cardinale abbia posto l’immagine del Santo sopra l’altare della sua cappella privata nell’Oratorio di Birmingham come non è senza rilievo che, proprio da un testo del Santo, Newman abbia tratto per il suo stemma cardinalizio il motto Cor ad cor loquitur”.

La recente presentazione, che ho menzionato prima, organizzata dalla Sezione di Mantova-Cremona della Delegazione della Lombardia del Sacro Militare Ordine Costantiniana di San Giorgio, alla quale si è associata anche la Delegazione del Triveneto, è avvenuta presso la chiesa di San Fermo Minore di Brà ai Filippini in Verona.

La Santa Messa è stata presieduta dal Procuratore Generale della Congregazione dell’Oratorio di San Filippo Neri e Preposito dell’Oratorio di Verona, Padre Michele Nicolis, C.O., concelebranti il Referente della Sezione Mantova-Cremona della Delegazione della Lombardia, Prof. Don Stefano Peretti, Cappellano di Merito con Placca, e il Parroco, Padre Samuele Berta, C.O.

A seguire, la conferenza per la presentazione del libro è stata tenuta dai Padri Nicolis e Berta.

Presenti il Cappellano Capo della Real Commissione per l’Italia, Don Fabio Fantoni, Cappellano Gran Croce di Merito; il Delegato del Triveneto, S.A.S. Don Benedetto Orsini, Principe di Vallata, Cavaliere di Gran Croce di Giustizia; il Delegato Vicario della Lombardia, Ing. Gilberto Spinardi, Cavaliere di Gran Croce di Merito; e una rappresentanza di Cavalieri Costantiniani al seguito.

Il merito della re-presentazione a Verona risiede nel fatto, che la raccolta completa degli Scritti oratoriani del Cardinale John Henry Newman, pubblicati nel 2010 per la prima volta tradotti in italiano, offre un ritratto preciso e veritiero della spiritualità sacerdotale del grande teologo e pastore anglicano convertito al Cattolicesimo, creato cardinale da Papa Leone XIII nel 1879 e proclamato beato da Papa Benedetto XVI, domenica 19 settembre 2010 al Cofton Park di Rednal in Birmingham, straordinaria e solenne cerimonia a cui ho partecipato in occasione del Viaggio Apostolico nel Regno Unito dal 16 al 19 settembre 2010 [QUI].

«Lo specifico servizio al quale il Beato John Henry Newman fu chiamato comportò l’applicazione del suo sottile intelletto e della sua prolifica penna a molti dei più urgenti “problemi del giorno”. Le sue intuizioni sulla relazione fra fede e ragione, sullo spazio vitale della religione rivelata nella società civilizzata, e sulla necessità di un approccio all’educazione ampiamente fondato e a lungo raggio, non furono soltanto di importanza profonda per l’Inghilterra vittoriana, ma continuano ancor oggi ad ispirare e ad illuminare molti in tutto il mondo. Desidero rendere onore alla sua visione dell’educazione, che ha fatto così tanto per plasmare l’”ethos” che è la forza sottostante alle scuole ed agli istituti universitari cattolici di oggi. Fermamente contrario ad ogni approccio riduttivo o utilitaristico, egli cercò di raggiungere un ambiente educativo nel quale la formazione intellettuale, la disciplina morale e l’impegno religioso procedessero assieme» (Papa Benedetto XVI – Omelia, 19 settembre 2010).

«Mentre il testamento intellettuale di John Henry Newman è stato quello che comprensibilmente ha ricevuto le maggiori attenzioni nella vasta pubblicistica sulla sua vita e la sua opera, preferisco in questa occasione, concludere con una breve riflessione sulla sua vita di sacerdote e di pastore d’anime. Il calore e l’umanità che sottostanno al suo apprezzamento del ministero pastorale vengono magnificamente espressi da un altro dei suoi famosi discorsi: “Se gli angeli fossero stati i vostri sacerdoti, cari fratelli, non avrebbero potuto partecipare alle vostre sofferenze, né compatirvi, né aver compassione per voi, né provare tenerezza nei vostri confronti e trovare motivi per giustificarvi, come possiamo noi; non avrebbero potuto essere modelli e guide per voi, ed avervi condotto dal vostro uomo vecchio a vita nuova, come lo possono quanti vengono dal vostro stesso ambiente (“Men, not Angels: the Priests of the Gospel”, Discourses to mixed congregations, 3). Egli visse quella visione profondamente umana del ministero sacerdotale nella devota cura per la gente di Birmingham durante gli anni spesi nell’Oratorio da lui fondato, visitando i malati ed i poveri, confortando i derelitti, prendendosi cura di quanti erano in prigione» (Papa Benedetto XVI – Omelia, 19 settembre 2010).

L’edizione italiana degli Scritti oratoriani, nata dalla collaborazione tra la Procura generale e le Congregazioni italiane dell’Oratorio di San Filippo Neri, e l’Editrice Cantagalli di Siena, raccoglie tutti gli scritti che il celebre cardinale inglese dedicò alla vita oratoriana. L’opera è introdotta da un ampio studio del benedettino Placid Murray, che permette di cogliere il contesto storico e teologico nel quale si inseriscono gli scritti newmaniani (la maggior parte dei quali erano inediti in Italia) ed è corredata di indici analitici, uno generale e uno specifico degli Scritti oratoriani.

Attingendo alle fonti dirette del suo pensiero, Dom Murray rende possibile conoscere in profondità lo spirito di Newman, per seguire da vicino il cammino della sua conversione e intuire l’armoniosa linea di continuità tra il suo passato nella Chiesa Anglicana e la vita Cattolica all’interno del “nido” oratoriano. Esperto prosatore, scrittore e oratore, Newman negli anni del suo noviziato cattolico resta affascinato dalla figura di San Filippo Neri al punto da voler istituire a Birmingham la Congregazione dell’Oratorio, per riproporre in terra britannica i fondamenti della spiritualità filippina, aggiornati e interpretati secondo lo spirito inglese.

In questo libro sono pubblicati tutti gli Scritti oratoriani di Newman ricavati direttamente dai suoi manoscritti autografi. Per la prima volta in assoluto ha offerto al lettore la possibilità di poter leggere e conoscere il Newman oratoriano, permettendo a chi legge di comprendere appieno l’identità e la continuità della sua vita sacerdotale. Quindi un Newman inedito che si scopre leggendo le pagine straordinarie di questo libro: la spiritualità, l’umanità, la vocazione sacerdotale, la conversione di un Newman fino ad allora sconosciuto.

Presentata alla fine degli anni Sessanta come tesi di laurea, l’opera è stata pubblicata nel 2004 [Newman the Oratorian: Oratory Papers (1846 – 1878), a cura di Placid Murray (Gracewing Publishing 2004, 528 pagine – Edizione del 2021, 422 pagine [QUI])], poi tradotta e pubblicata nel 2010 in italiano. Come detto, raccoglie per la prima volta la totalità degli Scritti oratoriani di Newman, che testimoniano la particolare vicinanza e simpatia del teologo e pastore verso la tradizione spirituale di San Filippo Neri, in particolare per la sua «gentilezza», cioè per quella fusione di libertà di spirito, intelligente discrezione, rispetto degli altri, sapiente semplicità e gioia pensosa che è stata anche la nota distintiva di Newman. L’ampia introduzione di Murray si presenta come opera in sé (120 pagine), mentre il resto del volume è occupato dai 36 scritti composti per la comunità dell’Oratorio e alcune appendici.

Intervento di Padre Mauro De Gioia, C.O.
Preposito dell’Oratorio di Genova
alla prima presentazione dell’8 giugno 2010


L’edizione italiana degli Scritti Oratoriani di John Henry Newman, nasce dalla collaborazione tra la Procura Generale dell’Oratorio, le Congregazioni italiane dell’Oratorio di San Filippo Neri e la Casa Editrice Cantagalli di Siena, e raccoglie tutti gli scritti che il celebre cardinale inglese dedicò alla vita oratoriana.

Il volume, che supera le 470 pagine, è introdotto da un ampio studio di Padre Placid Murray, O.S.B., che permette di cogliere il contesto storico e teologico nel quale si inseriscono gli scritti newmaniani. Essi sono in numero di 36, più alcuni altri presentati in appendice, la maggior parte dei quali inediti in Italia.

Due ampi indici analitici, uno generale e uno specifico degli Scritti Oratoriani, completano l’opera, che vede nella sua edizione italiana la prefazione del Procuratore Generale della Confederazione dell’Oratorio di San Filippo Neri, Padre Edoardo Aldo Cerrato.

L’opera nel suo complesso ha l’ambizione di essere “uno strumento prezioso per approfondire la vita, l’opera e la spiritualità di John Henry Newman e per conoscere dall’interno l’Oratorio filippino” [1].

Approfondire la figura di John Henry Newman diventa tanto più urgente quanto più sembra emergere sempre più la sua grandezza, fino a manifestarsi come una delle personalità in assoluto più significative della Chiesa moderna, anzi della storia del pensiero contemporaneo: lo ricordava nella Fides et ratio Giovanni Paolo II, ponendolo primo nella lista, nell’ambito occidentale, dei pensatori recenti nei quali la ricerca coraggiosa della verità manifesta “il fecondo rapporto tra filosofia e parola di Dio” [2].

Egli “non insegna solo con il suo pensiero e i suoi discorsi, ma anche con la sua vita, poiché in lui pensiero e vita si compenetrano e si determinano reciprocamente”.

Queste ultime sono parole dell’allora Cardinale Joseph Ratzinger, che mentre affermava che questo è “il segno caratteristico del grande dottore nella Chiesa” concludeva: ”Se ciò è vero, allora davvero Newman appartiene ai grandi dottori della Chiesa, perché egli nello stesso tempo tocca il nostro cuore e illumina il nostro pensiero” [3].

Sono parole molto impegnative che acquistano un particolare rilievo, anche per l’uso non casuale del termine “dottore della Chiesa”, oggi, alla vigilia della beatificazione, che come sapete si terrà in Inghilterra il prossimo 19 settembre e sarà presieduta personalmente dal Santo Padre: per l’occasione derogherà alla prassi, da lui nuovamente instaurata, per la quale non il Papa, ma un suo rappresentante (ordinariamente il Prefetto della Congregazione dei Santi), presiede i riti di beatificazione. Questo è un ulteriore segno dell’importanza e dell’attualità di Newman nella Chiesa contemporanea, così da essere a buon diritto chiamato “padre del Concilio Vaticano II” [4] per l’influsso esercitato sui Padri conciliari, soprattutto per le sue riflessioni sulla coscienza, sullo sviluppo della dottrina cristiana, sul rapporto tra sensus fidei e sensus fidelium. Ora però nessuno dei temi qui accennati è argomento del volume che presentiamo stasera, e questo può far sorgere il rischio di considerarci davanti a un “Newman minore”, la cui conoscenza sia utile agli specialisti, ma di cui il lettore comune possa tranquillamente fare a meno.

Due elementi emergono però immediatamente per la loro attualità.

La “persistenza dei tratti” caratteristici del ministero anglicano di Newman “nel suo ministero cattolico denota come anche i valori spirituali acquisiti fuori dell’ovile cattolico possano trovare una collocazione legittima all’interno della Chiesa”: questa osservazione di Padre Murray nell’Introduzione (p. 125), ci aiuta a meglio comprendere la recente Costituzione Apostolica Anglicanorum coetibus [circa l’istituzione di ordinariati personali per Anglicani che entrano nella piena comunione con la Chiesa Cattolica] del 4 novembre 2009 [QUI], con la quale il Santo Padre Benedetto XVI dà le disposizioni per accogliere nella Chiesa Cattolica gli Anglicani che desiderano entrarvi, conservando le loro legittime tradizioni liturgiche.

Inoltre, il volume, che esce proprio alla conclusione dell’anno sacerdotale, “presenta una spiritualità che molto ha da offrire ai sacerdoti in generale” (ibid). Credo infine – e non per semplice “spirito di corpo” come suo confratello nell’Oratorio – che la scoperta di quanto profonda sia la dimensione “filippina” di Newman favorisca una comprensione più ampia ed equilibrata della sua vicenda biografica e, conseguentemente, anche del suo pensiero. È certo ben noto agli studiosi di Newman come lo stile dell’Oratorio filippino gli fosse certamente congeniale da un punto di vista pratico e psico-affettivo, essendo – o potendosi presentare – come il più simile a quello di un College britannico, che era stato il suo “habitat” fino a quel momento.

Dagli scritti qui raccolti emerge però con chiarezza che la scelta dell’Oratorio fu risposta a una vera vocazione: per Newman la Congregazione non è una semplicemente una soluzione pratica per trovare un modo di conciliare la vita comunitaria con i suoi amici, che lo avevano seguito nel passaggio alla Chiesa cattolica, e la insofferenza per più rigide e regolamentate forme di vita religiosa.

L’incontro di Newman con l’Oratorio non è semplice incontro con una istituzione, ma con la persona di San Filippo Neri: il lettore avveduto di quella che è certo l’opera più famosa di Newman, l’Apologia pro vita sua, avrà notato come essa non solo si concluda con l’esplicita e calorosa citazione di San Filippo e dell’Oratorio, ma che essa inizi con un implicito riferimento allo stesso santo, quando nella prima pagina si cita il versetto Secretum meum mihi [5], che il Neri amava ripetere.

Il rapporto tra Newman e San Filippo è la prospettiva spirituale nella quale inquadrare i testi sull’Oratorio e capire quale auto-comprensione Newman avesse della propria vocazione.

In una sua riflessione sulla storia della Chiesa il nostro considera tre grandi periodi “l’antico, il medievale e il moderno, e in quei tre periodi ci sono rispettivamente tre ordini religiosi che si succedono sulla pubblica scena l’uno all’altro” [6]. I tre grandi ordini sono il benedettino, il domenicano e il gesuita: “Benedetto ha ricevuto la formazione intellettuale antica, San Domenico quella medievale e Sant’Ignazio quella moderna” [7].

Ora “Benedetto, cui venne affidata la sua missione quando era ancora quasi un ragazzo, vi infuse la semplicità romantica della gioventù. Domenico, un quarantacinquenne laureato in teologia, prete e canonico, portò nella religione la maturità e la completezza che aveva acquisito nelle scuole. Ignazio, uomo di mondo prima della conversione, ai suoi discepoli lasciò in eredità quella conoscenza dell’umanità che non può essere appresa nei chiostri. E coì i tre diversi ordini diedero (per così dire) nascita alla poesia, alla scienza e al senso pratico”.

Potremmo sindacare sulla scelta di Newman di identificare le tre grandi ere della Chiesa col carisma di questi tre grandi santi, ma a noi interessa sottolineare come queste tre figure, Benedetto, Domenico e Ignazio, siano poste in relazione con Filippo Neri.

Nei celebri due Sermoni sulla missione di San Filippo Neri, tenuti nell’Oratorio di Birmingham nel 1850, Newman lega infatti le tre tappe fondamentali della formazione della vocazione di Padre Filippo all’incontro con queste tre figure.

La prima educazione avvenuta a Firenze nel convento di San Marco collega Filippo col carisma domenicano. La svolta vocazionale avvenuta durante il giovanile soggiorno a San Germano (Cassino) viene messa in relazione con l’incontro col carisma benedettino. Infine a Roma il giovane Filippo conosce personalmente Ignazio di Loyola e la Compagnia di Gesù.

E così conclude: ”Erano rifulse in Lui (scil. San Filippo) le vedute di San Domenico, la poesia di San Benedetto, l’intelligenza di Sant’Ignazio, tutto accompagnato da una incomparabile grazia e da una avvincente dolcezza. Saremo noi suoi figli di quest’Oratorio…saremo noi capaci di tanto! Prendiamolo almeno come nostro modello, qualunque sia la nostra forza e la misura del nostro successo” [8].

Per Newman Filippo Neri è quindi una sintesi equilibrata e gustosa (parla di incomparabile grazia e avvincente dolcezza) di quelle che considera le tre fondamentali correnti spirituali della storia della Chiesa: se questa è stata la sua missione tale è anche la missione dell’Oratorio – e quindi la sua propria vocazione, la sua vita di cattolico, sacerdote, oratoriano.

Se si tratta di una missione che nasce da una vocazione divina la vita oratoriana per Newman non può non avere un valore in sé come scuola di perfezione cristiana, richiedendo l’esercizio ininterrotto della carità fraterna in una vita comunitaria di stile familiare, nella quale si persevera senza alcun vincolo esterno di voti, giuramenti o promesse.

L’insistenza con la quale Newman sottolinea questa chiamata alla perfezione è una delle note più caratteristiche di quella parte degli Scritti che furono pubblicati come Remarks on the oratorian vocation e già noti al pubblico italiano come Lettere sulla vocazione dei filippini: in esse si evidenzia come questa chiamata alla perfezione della vita cristiana sia ben distinta da quella dei religiosi, rimanendo i preti dell’Oratorio sacerdoti secolari a tutti gli effetti. Questa particolare condizione giuridica e organizzativa facilmente porta ad equivoci circa la natura dell’Oratorio Filippino, una delle realtà peculiari – ma non tra le meglio conosciute! – che dai tempi della Riforma Cattolica hanno caratterizzato la vita della Chiesa: questi Scritti di Newman possono farlo finalmente conoscere in maniera corretta e affascinante a un più vasto pubblico.

Note
[1]Presentazione.
[2] Giovanni Paolo II, Fides et ratio, N. 74.
[3] Cardinale Joseph Ratzinger, John Henry Newman, uno dei grandi maestri della Chiesa, in L’Osservatore Romano, 15 maggio 2005.
[4] Cfr. Ian Ker, A lezione dal dottore del Concilio, in L’Osservatore Romano, 15 luglio 2009.
[5] Is. 24, 16 secondo la Vulgata.
[6] John Henry Newman, Benedetto, Crisostomo e Teodoreto. Profili storici, Milano 2009, 131.
[7] ibid. 142
[8] John Henry Newman, La missione di San Filippo Neri. Due “sermoni dell’Oratorio” tenuti il 15 e il 18 gennaio 1850, Bologna 1994, 66.

* * *

L’unico sonetto di San Filippo Neri che è stato tramandato fino a noi, chiude con queste parole:

Qual prigion la ritien [l’anima]
ch’indi partire non possa,
e al fin col piè calcar le stelle,
e viver sempre in Dio, e a se morire?

San Filippo Neri, voglia Dio, per tua intercessione, donarci le uniche qualità che ci aiutano nella vita e nella morte: gioia e amore. Amen.

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