Un Papa con lo sguardo dell’ America Latina

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Un viaggio tutto latino americano: il luogo, il Papa, i temi.

Il primo viaggio del nuovo Papa che viene “dalla fine del mondo”, dalla periferia come ama dire lui stesso è un viaggio “periferico”. O meglio locale. I temi che Papa Francesco propone ai giovani che sono venuti da ogni parte del mondo sono quelli al centro del dibattito in America Latina.

E’ in questo la novità. La periferia diventa centro. Nei discorsi a Rio de Janeiro il Papa ha riproposto alcuni dei temi forti dei suoi quattro mesi e mezzo di pontificato. Uscire da se stessi per andare incontro all’altro, al sofferente che “carne di Cristo”, avere il coraggio di andare controcorrente, non rendere la vita della Chiesa solo una efficiente struttura. Temi che arrivano da lontano del resto, dai magisteri dei predecessori di Papa Francesco.

Ma la cifra del primo Papa latinoamericano è proprio essere legato in modo assoluto alla realtà di questo continente. Il viaggio in Brasile lo ha chiarito e ha dato nuova luce a molti dei suoi discorsi romani.

Il Papa trova la sua ispirazione nel documento di Aparecida. Non è certo un fatto sorprendente.

Il testo è, come ha ricordato egli stesso, uno dei documenti più originali della produzione del Celam e frutto della più originale della Conferenze a partire dal 1955. A Medellin i vescovi latinoamericani iniziano la nuova evangelizzazione, ma dopo lo splendore di Puebla nel 1978, già Santo Domingo nel 1992 viene vista da alcuni come una conferenza “indebolita”. É Aperecida nel 2007 che segna il momento del rilancio di una Chiesa soffocata dal pentecostalismo. Non si parte da idee astratte ma dalla realtà concreta. Ma questo in parte non piace a Bergoglio, che ci vede un rischio sfiorato anche nella Conferenza del 2007:  “La tentazione risiedeva nell’optare per un “vedere” totalmente asettico, un “vedere” neutro, il che è irrealizzabile. Sempre il vedere è influenzato dallo sguardo. Non esiste un’ermeneutica asettica. La domanda era, allora: Con quale sguardo andiamo a vedere la realtà? Aparecida rispose: con sguardo di discepolo.”

Lo sguardo di Papa Francesco è questo, quello del “discepolo missionario” che la Conferenza del 2007 ha messo al centro dei lavori. Un tema che Benedetto XVI aveva messo al centro del messaggio per la GMG di Rio in previsione di una lettura universale del tema.

E il tema in effetti è davvero cattolico. Del resto tutti i pontefici hanno sempre indicato nella missionarietà la natura stessa della Chiesa e quindi la identità del cristiano. E le missioni cittadine che in Europa si svolgono da decenni ne sono una prova. “Si sta affermando una coscienza nuova: cioè che la missione riguarda tutti i cristiani, tutte le diocesi e parrocchie, le istituzioni e associazioni ecclesiali.” Scriveva Giovanni Paolo II nella Redemptoris Missio del 1990.

Certo Papa Wojtyla, presto santo, era profetico e guardava lontano. Il Celam, che pure è stato profetico nella esistenza stessa, precedendo tutti nella creazione di una conferenza episcopale continentale, oggi sembra un po’ in sofferenza.

Così il Papa latinoamericano sembra un po’ un maestro che cerca di far recuperare uno studente un po’ indietro con il programma.

Ai vescovi del Brasile dice di essere più pastorali per recuperare i fedeli delusi da una Chiesa distante e poco attenta alla realtà, ai vescovi del Celam rispiega il testo di Aparecida e lo integra con  alcune tentazioni da evitare,  a cominciare dalla deriva della teologia della liberazione, che non cita mai espressamente, forse per non deludere teologi come Leonard Boff che sembrava aver visto arrivare la sua “liberazione”  nella persona di Bergoglio.

E ci sono altre “tentazioni” da cui fuggire: quella gnostica e quella pelagiana. Tutte da capire per noi occidentali perché in Europa non sono sentite. La “lotta” tra conservatori e progressisti non è teologica ma concreta e politica nel continente di Papa Francesco.

Chiesa giovane, società giovane con tante buone proposte da esportare, ma anche con tante questioni da risolvere. Nel vecchio continente di problemi ne abbiamo altri. Così come in Asia e Africa. Riuscirà Papa Francesco, il vescovo di Roma che viene dalla fine del mondo, a captare le esigenze di tutta la Chiesa cattolica? É la vera sfida del suo pontificato. Del resto è stata anche la sfida che ha affrontato Giovanni Paolo II cui nei primi anni si imputava una visione “polacca” della Chiesa e del cattolicesimo. Ci scherzò su il Papa anche con i giovani di una Giornata della Gioventù. Ne era cosciente. Alla fine il suo è stato un pontificato universale.

 

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