Caso Rupnik, imbarazzante, penoso e sconcertante. O cchiù pulit ten’ a rogn’

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 15.12.2022 – Vik van Brantegem] – Ieri, 14 dicembre 2022 si è svolto presso la Curia Generalizia della Compagnia di Gesù a Borgo Santo Spirito in Roma l’incontro per lo scambio degli auguri natalizi. Fra i vaticanisti presenti (foto sotto di Silere non possum, che ha riferito il fatto) solo Nicole Winfield, corrispondente a Roma per The Associated Press, ha chiesto al Preposito Generale dei gesuiti, Padre Arturo Sosa Abascal, spiegazioni in merito al caso Rupnik [Il caso Rupnik. L’ennesima applicazione dell’adagio peronista: “Al amigo, todo; al enemigo, ni justicia” – 5 dicembre 2022].

Winfield ha chiesto se Padre Marko Ivan Rupnik fosse stato condannato dalla Congregazione per la Dottrina della Fede per aver assolto il complice con cui aveva commesso un peccato contro il sesto comandamento, incorrendo così nella scomunica. Il superiore generale dei gesuiti ha ammesso che il famoso sacerdote gesuita era stato condannato per questo che è uno dei crimini più gravi della Chiesa cattolica circa due anni prima che la Santa Sede decidesse di archiviare un altro caso contro di lui, aggiungendo che gli attuali provvedimenti “cautelari” sono in essere proprio in merito a quella prima condanna, che risale all’anno 2020.
Silere non possum, che per prima ha parlato del caso, rileva che ora le domande che sorgono sono molte. Perché il Dicastero, quando ha giudicato il secondo procedimento che riguardava gli abusi, non ha rinunciato alla prescrizione visto il precedente? Inoltre, se Padre Rupnik è stato condannato per aver assolto il complice, è stato ipso facto scomunicato [Can. 1378, § 1]. Padre Rupnik ha esercitato il ministero sacerdotale mentre era scomunicato? La Sede Apostolica ha tolto la scomunica? Quando? Perché vengono chiamati “provvedimenti cautelari” se, in realtà, sono stati applicati come pene? Sia la Compagnia di Gesù, sia il Dicastero per la Dottrina della Fede, sia il Papa stesso, devono rispondere ora alle richieste del Popolo di Dio che, scandalizzato, ha il diritto di sapere, conclude Silere non Possum.

«Non si sa se la vicenda sia più imbarazzante, penosa o sconcertante. Forse tutte e tre le cose. Dieci anni a parlare di “trasparenza”, fra seminari sugli abusi di qualunque tipo, penitenze e simposi ad hoc. E poi c’è il balbettare del Generale dei Gesuiti» (Matteo Matzuzzi).

«Gli scandali quotidiani servono a confermare l’antico adagio secondo cui “il più pulito c’ha la rogna” (in lingua napoletana O cchiù pulit ten’ a rogn’ o in dialetto romanesco Er più pulito c’ha la rogna» (Cit.). Eh sì, la saggezza del popolo, comunque quello dei vecchi tempi, è cosa indiscutibile.

I gesuiti rivelano che l’artista era stato scomunicato per aver assolto una donna per aver avuto rapporti sessuali con lui
di Nicole Winfield
The Associated Press, 14 dicembre 2022
(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

Il capo dell’ordine religioso dei gesuiti di Papa Francesco ha ammesso mercoledì che un famoso sacerdote gesuita era stato condannato per uno dei crimini più gravi nella Chiesa cattolica circa due anni prima che la Santa Sede decidesse di archiviare un altro caso contro di lui per presunto abuso di altre donne adulte sotto sua cura spirituale.

Lo ha ammesso Padre Arturo Sosa Abascal, Presposito Generale della Compagnia di Gesù, durante un briefing con i giornalisti dominato dallo scandalo su Padre Marko Ivan Rupnik e dalla riluttanza sia della Santa Sede che dei gesuiti a raccontare l’intera storia dietro l’insolita trattamento indulgente che ricevette anche dopo essere stato scomunicato temporaneamente.

Rupnik è sconosciuto alla maggior parte dei cattolici, ma è un gigante all’interno dell’ordine dei gesuiti e della gerarchia cattolica perché è uno degli artisti più ricercati della Chiesa. I suoi mosaici raffiguranti scene bibliche decorano la basilica di Lourdes, in Francia, la cappella Redemptoris Mater del Vaticano, l’istituto Giovanni Paolo II a Washington e devono abbellire la nuova basilica di Aparecida, in Brasile.

Lo scandalo che ha coinvolto Rupnik è scoppiato la scorsa settimana quando tre blog italiani — Silere non possum, Left.it e Messa in Latino — hanno iniziato a rivelare accuse di abusi spirituali, psicologici e sessuali contro Rupnik da parte di donne di una comunità gesuita alla quale era affiliato nel suo paese natale. Slovenia.

I gesuiti hanno inizialmente risposto con una dichiarazione del 2 dicembre che confermava che una denuncia era stata ricevuta nel 2021, ma ha affermato che l’ufficio per gli abusi sessuali della Santa Sede aveva stabilito che le accuse, risalenti agli anni ’90 in Slovenia, erano troppo vecchie per essere perseguite. I gesuiti hanno affermato di aver comunque deciso di mantenere in vigore “restrizioni precauzionali” al suo ministero che gli proibivano di ascoltare confessioni, dare direzione spirituale o condurre esercizi spirituali.

La dichiarazione poneva più domande di quante ne rispondesse e ometteva del tutto il fatto – riportato per la prima volta da Messa in Latino e successivamente confermato da The Associated Press – che Rupnik era stato condannato e sanzionato dalla Santa Sede dopo una denuncia del 2019 secondo cui aveva assolto una donna in confessione di aver avuto rapporti sessuali con lui.

La cosiddetta assoluzione di un complice è uno dei reati più gravi nel diritto canonico della chiesa e porta con sé la scomunica automatica per il sacerdote che può essere revocata solo se ammette il crimine e si pente – cosa che ha fatto Rupnik, ha detto Sosa in risposta a una domanda dell’AP.

La Congregazione per la Dottrina della Fede “ha detto che è successo, c’è stata l’assoluzione di un complice”, ha detto Sosa. “Quindi è stato scomunicato. Come si toglie una scomunica? La persona deve riconoscerlo e deve pentirsi, cosa che ha fatto”.

Sosa ha poi contraddetto la precedente dichiarazione dei gesuiti e ha affermato che le restrizioni al ministero di Rupnik in realtà risalivano a quella condanna, e non alle accuse del 2021 che l’ufficio per i crimini sessuali della Santa Sede aveva deciso di accantonare perché ritenute troppo vecchie per essere perseguite.

Non c’è stata alcuna spiegazione del motivo per cui l’ufficio, che rinuncia regolarmente alla prescrizione per i reati legati agli abusi, questa volta abbia deciso di non rinunciarvi, soprattutto considerando la precedente condanna per un reato altrettanto grave nei confronti di una donna adulta. L’ufficio, ora chiamato Dicastero per la Dottrina della Fede, è diretto da un gesuita, ha un procuratore gesuita per i reati sessuali e aveva come numero 2 all’epoca qualcuno che viveva nella comunità dei gesuiti di Rupnik a Roma.

A Sosa è stato chiesto cosa sapesse Papa Francesco del caso Rupnik o se fosse intervenuto. Sosa ha detto di “poter immaginare” che il Prefetto del Dicastero, il Cardinale gesuita Luis Ladaria, avrebbe informato il Papa di tale decisione.

I funzionari del Dicastero non hanno risposto alle email di richiesta di commento o si sono rifiutati di commentare, riferendo le domande al Portavoce della Santa Sede, che a sua volta ha riferito le domande ai gesuiti.

Foto di copertina: Papa Francesco è affiancato dal Preposito Generale della Compagnia di Gesù, Padre Arturo Sosa Abascal, all’uscita dalla Chiesa del Gesù, chiesa madre dei gesuiti in Roma, dopo aver presieduto una Santa Messa il 12 marzo 2022 (Foto di Domenico Stinellis/AP Photo).

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