Governo cinese controlla i vescovi e riorganizza diocesi Cattolici, senza badare alla Santa Sede. Mons. Arrieta: nomine vescovi Cattolici con coinvolgimento autorità in Cina non una novità nella Chiesa

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[Korazym.org/Blog dell’Editore, 24.11.2022 – Vik van Brantegem] – Asia News, l’agenzia di informazione promossa dai missionari del Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime). riferisce che in una cerimonia tenuta oggi a Nanchang, il Vescovo sotterraneo Mons. Giovanni Peng Weizhao – nominato da papa Francesco nel 2014 per la Diocesi di Yujiang e per questo anche arrestato per sei mesi dalle autorità cinesi – si è insediato come vescovo ausiliare di una diocesi i cui confini sono decisi da Pechino. A Yujiang tutto il clero sottoposto a forti pressioni. Nel giuramento che ha dovuto leggere, Mons. Peng Weizhao ha promesso di aderire al principio delle chiese indipendenti e autogestite e di “guidare il cattolicesimo ad adattarsi alla società socialista”.

Ieri, il Vescovo Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, membro dell’Opus Dei, Vescovo titolare di Civitate e Segretario del Dicastero per i Testi Legislativi, in un video-intervista realizzata da Teresa Tseng Kuang yi per l’Agenzia Fides, l’organo di informazione delle Pontificie Opere Missionarie, ha detto che l’accordo provvisorio segreto sulle nomine dei vescovi Cattolici in Cina “non è una novità nella storia della Chiesa”. Il Vescovo Arieta osserva che la Chiesa cattolica, nello svolgimento della sua missione ha sempre riconosciuto la legittimità e anche la necessità di incorporare elementi presi dal contesto del singolo Paese, e espressioni tradizionali di ogni cultura. L’unica condizione è che tali adattamenti non compromettano e non oscurino le «cose essenziali», i fattori genetici costitutivi che plasmano l’identità della Chiesa cattolica, e l’agire che le conviene.

“Non solo il Vaticano ma tutta la comunità internazionale deve pensare alla libertà religiosa in Cina”, ha detto il Ministro degli Esteri di Taiwan, Jaushieh Joseph Wu, durante un incontro con una delegazione di giornalisti stranieri a Taipei, in cui La Nuova Bussola Quotidiana era l’unica testata cattolica presente e che oggi ne pubblica un resoconto. Dalla Santa Sede non arrivano segnali di voler interrompere le relazioni con Taiwan. E la causa della libertà religiosa in Cina è una questione gravissima perché la persecuzione continua, nonostante gli accordi fra Pechino e la Santa Sede, ha affermato il Ministro degli Esteri taiwanese.

«La diocesi cattolica di Jiangxi tiene la cerimonia di insediamento del vescovo ausiliare, 24 novembre 2022. La mattina del 24 novembre, con il consenso del Comitato per gli affari educativi cattolici della provincia di Jiangxi e l’approvazione della Conferenza episcopale cattolica cinese, la diocesi cattolica di Jiangxi ha tenuto la cerimonia di insediamento di Peng Weizhao come vescovo ausiliare. La cerimonia di insediamento è stata presieduta da Li Suguang, vicepresidente della Conferenza episcopale cattolica cinese, presidente delle “due associazioni” dei vescovi cattolici di Jiangxi e vescovo della diocesi cattolica di Jiangxi. All’evento hanno partecipato più di 200 persone. Dopo la cerimonia è stata celebrata la Messa eucaristica» (Chinacatholic.cn, 24 novembre 2022).

Jiangxi, il vescovo sotterraneo Peng Weizhao si ufficializza
Asia News, 24 novembre 2022


Il vescovo sotterraneo cinese mons. Giovanni Peng Weizhao – nominato da Papa Francesco nel 2014 per la Diocesi di Yujiang e per questo anche arrestato per sei mesi dalle autorità cinesi [QUI] – ha aderito agli organismi “ufficiali” del Cattolicesimo cinese e in una cerimonia tenuta questa mattina è stato riconosciuto come “Vescovo ausiliare della Diocesi dello Jiangxi”. Il rito si è svolto a Nanchang alla presenza di circa 200 persone ed è stato presieduto dal vescovo locale Li Suguang, che è anche Vice-Presidente della Conferenza dei Vescovi Cattolici Cinesi, l’organismo collegiale non riconosciuto dalla Santa Sede.

Mons. Peng Weizhao, 56 anni, ha studiato nel Seminario nazionale di Pechino divenendo sacerdote nel 1989. Era stato ordinato Vescovo di Yujiang segretamente con il mandato di Papa Francesco il 10 aprile 2014 come successore di Mons. Tommaso Zeng Jingmu, guida della locale e vivace Chiesa sotterranea, che trascorse ben 23 anni in carcere morendo poi a 96 anni nel 2016. Poche settimane dopo la sua ordinazione lo stesso Vescovo Peng era stato arrestato; rilasciato nel novembre 2014 è sempre stato fortemente limitato dalle autorità nelle possibilità di esercitare il proprio ministero.

Mons. Peng Weizhao ora diventa vescovo ausiliare della “Diocesi dello Jiangxi”. La qualifica in questo caso è importante: la diocesi di cui il presule era stato nominato vescovo da Francesco era infatti Yujiang, una circoscrizione ecclesiastica che esisteva fin dal 1885 e dove prima della rivoluzione comunista avevano svolto il loro ministero i missionari lazzaristi. Sono dunque le autorità cinesi, senza alcun accordo con la Santa Sede, ad aver perseguito l’obiettivo di incorporare in un’unica diocesi tutte le cinque circoscrizioni ecclesiastiche tradizionalmente legate alla metropolia di Nanchang.

Nella provincia dello Jiangxi c’erano dunque attualmente due vescovi: Mons. Li Suguang – 58 anni dal 2010 vescovo ufficiale di Nanchang (il capoluogo della provincia) – e appunto Mons. Peng Weizhao, che ufficializzandosi diventa l’ausiliare di Mons. Li (cosa che in sé non potrebbe fare senza il consenso della Santa Sede, da cui oggi non è giunta alcuna informazione in proposito). Come riportavamo in questa testimonianza pubblicata da Asia News due anni fa [QUI] la Chiesa sotterranea di Yujiang ha subito fortissime pressioni dopo l’Accordo del 2018 sulla nomina dei vescovi affinché il suo clero si “regolarizzasse”. E già allora si citava il timore che potesse accadere quanto successo a Mindong, nel Fujian, dove il vescovo sotterraneo Mons. Guo Xijin era stato spinto ad accettare il ministero di vescovo ausiliare, salvo poi rinunciare al ministero episcopale [QUI] dopo una manciata di mesi constatata la scarsa libertà di movimento nelle nuove condizioni.

Mons. Peng è stato probabilmente sottoposto a fortissime pressioni per accettare la stessa linea. Già dal 22 settembre aveva informato il suo clero di aver dato le dimissioni da vescovo di Yujiang e aver accettato il piano del governo di integrare tutte le diocesi nell’unica diocesi dello Jiangxi. L’11 ottobre scorso aveva poi partecipato alla cerimonia della posa della prima pietra dell’episcopio della nuova diocesi comune che sorgerà a Nanchang ed è stato presentato dagli organismi cattolici ufficiali controllati dal Partito comunista cinese come un modello di quella sinicizzazione che è la parola chiave indicata da Xi Jinping per il futuro delle religioni in Cina. E nonostante una certa opposizione manifestata dal clero di Yujiang, Mons. Peng ha accettato oggi di insediarsi come ausiliare di Mons. Li.

Secondo quanto riferito dal sito Chinacatholic.cn [QUI] (il sito degli organismi cattolici controllati dal Partito comunista cinese) oggi nella cerimonia di insediamento ha letto un giuramento che recita così: “Giuro di osservare i comandamenti di Dio, adempiere ai doveri pastorali del vescovo ausiliare, predicare fedelmente il Vangelo, guidare i sacerdoti e i fedeli della diocesi di Jiangxi, attenermi alla Costituzione nazionale, salvaguardare l’unità della patria e l’armonia sociale, amare il Paese e la religione, e persistere nel principio delle chiese indipendenti e autogestite, aderire alla direzione del cattolicesimo del mio Paese in Cina, guidare attivamente il cattolicesimo ad adattarsi alla società socialista e contribuire alla realizzazione del sogno cinese del grande ringiovanimento della nazione cinese”.

Tutto questo conferma quanto le autorità cinesi esercitino una forte pressione sia sui vescovi ufficiali sia su quelli non ufficiali. E che perseguano non solo la loro politica di controllo dei vescovi, ma anche il loro piano di adattamento dei confini delle diocesi secondo i loro obiettivi politici, senza dare grande peso ai negoziati con il Vaticano.

«La diocesi cattolica di Jiangxi tiene la cerimonia di inaugurazione del vescovo ausiliare, 24 novembre 2022. La mattina del 24 novembre, con il consenso del Comitato per gli affari educativi cattolici della provincia di Jiangxi e l’approvazione della Conferenza episcopale cattolica cinese, la diocesi cattolica di Jiangxi ha tenuto la cerimonia di insediamento di Peng Weizhao come vescovo ausiliare. La cerimonia di inaugurazione è stata presieduta da Li Suguang, vicepresidente della Conferenza episcopale cattolica cinese, presidente delle “due associazioni” dei vescovi cattolici di Jiangxi e vescovo della diocesi cattolica di Jiangxi. All’evento hanno partecipato più di 200 persone. Dopo la cerimonia è stata celebrata la Messa eucaristica» (Chinacatholic.cn, 24 novembre 2022).

Il Vescovo Arrieta: l’Accordo sulle nomine dei Vescovi cattolici cinesi non è una novità nella storia della Chiesa
Agenzia Fides, 23 novembre 2022


La cosiddetta “sinizzazione” della Chiesa cattolica in Cina, ossia l’adattamento delle forme della vita ecclesiale al contesto culturale e sociale cinese, in se stessa «non è un problema». L’importante è che in tale adattamento vengano custodite le «cose essenziali» che connotano la natura propria della Chiesa, e che «sono poche». Lo afferma con determinazione il Vescovo spagnolo Juan Ignacio Arrieta, Segretario del Dicastero per i testi legislativi, nella video-intervista realizzata per l’Agenzia Fides da Teresa Tseng Kuang yi.

La Chiesa cattolica, nello svolgimento della sua missione – soggiunge il Vescovo Arrieta – ha sempre riconosciuto la legittimità e anche la necessità di incorporare elementi presi dal contesto del singolo Paese, e espressioni tradizionali di ogni cultura. L’unica condizione è che tali adattamenti non compromettano e non oscurino le «cose essenziali», i fattori genetici costitutivi che plasmano l’identità della Chiesa cattolica, e l’agire che le conviene.

A tale proposito, il Segretario del Dicastero per i testi legislativi si sofferma anche sull’Accordo provvisorio tra Repubblica Popolare Cinese e Santa Sede sulle nomine dei vescovi cinesi, sottoscritto nel settembre 2018 e rinnovato per la seconda volta lo scorso ottobre.

L’Accordo sui processi per le nomine episcopali in Cina – fa notare il Vescovo Arrieta – punta a far sì che le nomine dei vescovi a capo delle comunità cattoliche siano fatte «di comune accordo tra il governo cinese e il Papa», il quale, secondo quanto è definito anche dal Codice di diritto canonico, ha la prerogativa di nominare liberamente i vescovi o di confermare «quelli che sono stati legittimamente eletti» (Can. 377, §1).
Il Vescovo Arrieta nota anche che nelle relazioni poste in atto per sottoscrivere l’Accordo e verificarne l’applicazione concreta, la Santa Sede e le «legittime autorità del popolo cinese» si riconoscono vicendevolmente come interlocutori.

Nella video-intervista, il Segretario del Dicastero per i testi legislativi rimarca anche che il coinvolgimento diretto delle autorità civili nelle procedure di nomina dei vescovi cattolici non rappresenta certo una prerogativa cinese o una novità nella storia della Chiesa.

Il Vescovo Arrieta, nato a Vitoria, nei Paesi Baschi, richiama a tal proposito quanto accadeva in Spagna ai tempi di Francisco Franco, quando per scegliere i vescovi spagnoli «il governo presentava tre nomi, e il Papa sceglieva».

Nelle prime battute della video-intervista, il Vescovo Arrieta confida di coltivare da vent’anni rapporti e scambi con «amici cinesi» e di aver visitato la Cina, rimanendo impressionato da un popolo «con una cultura millenaria». Arrieta aggiunge di non essere coinvolto ufficialmente e direttamente nei rapporti della Santa Sede con i rappresentanti del governo cinese, e nel contempo ribadisce il suo impegno a operare secondo le proprie competenze per far crescere la fiducia nelle relazioni tra la Santa Sede e Pechino, coltivando rapporti culturali e di amicizia anche con studiosi e accademici cinesi.

Il Vescovo Arrieta fa riferimento all’impegno da lui profuso per diffondere in ambito cinese lo studio del diritto ecclesiastico, per offrire piste di riflessione e approfondimento anche a chi si interessa delle norme della legislazione civile riguardanti le comunità di credenti presenti in Cina.

Juan Ignacio Arrieta Ochoa de Chinchetru, nato il 10 Aprile 1951, è stato ordinato sacerdote per la Prelatura della Santa Croce (Opus Dei) il 23 agosto 1977. Ha conseguito il dottorato in Diritto Canonico e in giurisprudenza presso l’Università di Navarra e ha lavorato come professore di diritto canonico, prima presso l’Università di Navarra (Spagna) e poi a Roma e Venezia. È stato Decano della Facoltà di Diritto Canonico presso la Pontificia Università della Santa Croce, dalla sua creazione nel 1984 fino al 1993, e di nuovo dal 1995 fino al 1999. Dal 2003 è stato Preside dell’Istituto di Diritto Canonico San Pio X, in Venezia. Nel febbraio 2007 è stato nominato Segretario del Pontificio Consiglio (oggi Dicastero) per i Testi Legislativi. Nominato Vescovo titolare di Civitate il 12 aprile 2008. Ha ricevuto l’ordinazione episcopale il 1° maggio 2008.

Nel suo saggio dedicato a aspetti organizzativi dei rapporti tra Chiesa e Stato in Cina, contenuto nel volume intitolato “L’Accordo tra Santa Sede e Cina” (pubblicato nel 2019 da Urbaniana University Press e curato dai professori Agostino Giovagnoli e Elisa Giunipero), il Vescovo Arrieta, riferendosi alle vicende del cattolicesimo cinese, ha attestato come «Il diritto canonico, in ragione della sua elasticità, continua a essere in grado di risolvere adesso, come ha fatto lungo i secoli nelle diverse culture e situzioni storiche, problemi che possano emergere, nel rispetto solo degli elementi essenziali della teologia della Chiesa».

Il Ministro di Taiwan: “La Cina perseguita i cristiani, anche dopo l’accordo con il Vaticano”
di Marinellys Tremamunno
La Nuova Bussola Quotidiana, 24 novembre 2022


“Non solo il Vaticano ma tutta la comunità internazionale deve pensare alla libertà religiosa in Cina”. È stato l’appello del ministro degli Affari Esteri della Repubblica di Cina (Taiwan), Jaushieh Joseph Wu, durante l’incontro con una delegazione di giornalisti stranieri a Taipei, in cui la Bussola Quotidiana era l’unica testata cattolica presente.

Joseph Wu ha approfittato dell’occasione per denunciare quanto accade all’interno della Cina comunista: “Alcune chiese sono state attaccate, tante croci sono state buttate giù e bruciate, in alcuni luoghi sono obbligati ad avere un’immagine del leader cinese e un messaggio di patriottismo, ma penso che questo sia completamente contrario all’idea di libertà religiosa”.

Infatti, “in Cina le autorità hanno aumentato la pressione sugli stessi cristiani, mediante arresti indiscriminati, chiusura forzata delle chiese e uso di sistemi di sorveglianza oppressivi”, conferma il rapporto della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), diffuso lo scorso 17 novembre, dal titolo Perseguitati più che mai. Rapporto sui cristiani oppressi per la loro fede 2020-2022.

Un dramma che non solo soffrono i cristiani, ma tutte le confessioni religiose. “In Cina la gente sa cosa sta succedendo nello Xinjiang e in Tibet, dove sono oppressi (dal governo cinese) quelli che hanno una diversa cultura e religione. E non solo Xinjiang e il Tibet sono oppressi dal governo cinese”, ha ribadito il ministro taiwanese. Ad esempio, il vescovo di Xinxiang (Henan), mons. Giuseppe Zhang Weizhu è trattenuto dal 21 maggio 2021 in un luogo sconosciuto e non solo: un rapporto ONU ha denunciato gravi violazioni dei diritti umani in corso nello Xinjiang, tra cui “sistemi di tortura o maltrattamenti, compresi trattamenti sanitari forzati e condizioni critiche di detenzione”.

In questo contesto, la Santa Sede ha rinnovato per la seconda volta l’accordo provvisorio e segreto con Pechino sulla nomina dei vescovi nella Repubblica Popolare, sottoscritto nel settembre 2018, mentre Xi Jinping era riconfermato per un terzo mandato presidenziale e veniva riaperto a Hong Kong il processo al cardinale Joseph Zen Ze-kiun, voce critica contro la repressione del regime, attualmente agli arresti domiciliari.

Nel frattempo, sull’isola non risiede più un nunzio dal lontano 1972, ma un semplice “incaricato d’affari ad interim”. La domanda è d’obbligo: come sono i rapporti tra la Santa Sede e la Repubblica di Cina (Taiwan)? La mancata presenza di un nunzio a Taiwan può essere conseguenza delle pressioni cinesi? “Le relazioni tra Taiwan e la Santa Sede – risponde il ministro – sono state abbastanza stabili negli ultimi anni. Anche se ci sono state delle discussioni sul fatto che il Vaticano continuava a cercare relazioni diplomatiche con la Cina, siamo stati più volte rassicurati da diversi funzionari di alto rango che questo dialogo tra il Vaticano e la Cina riguarda solo questioni di tipo religioso, non politiche, e ci hanno detto di non preoccuparci di questo”.

Lo scorso 5 ottobre, Taiwan ha festeggiato gli 80 anni di relazioni diplomatiche con la Santa Sede con un ricevimento a Roma, che ha visto la presenza di diverse personalità vaticane, tra cui l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, numero 2 della Segreteria di Stato, che nel suo discorso ha confermato il rapporto di amicizia con la Cina democratica: “Ringrazio Taiwan e l’Ambasciata per le attività di solidarietà svolte di recente, in particolare nel contesto della pandemia. Desidero riconoscere il grande lavoro svolto dall’Ambasciata a sostegno dei sacerdoti e dei religiosi taiwanesi in tutto il mondo”, ha detto.

Ma va notato il fatto che monsignor Gallagher non abbia permesso ai giornalisti presenti di filmare il suo intervento. Un fatto che non si era mai verificato in manifestazioni svoltesi con altri Paesi, forse per non irritare le autorità cinesi proprio in vista del rinnovo dell’accordo segreto. Ma non è la prima volta che accadono situazioni sui generis con Taiwan durante il pontificato di Francesco: nel 2018 fu rimossa da tutti i media vaticani la foto del saluto tra il Papa e il vicepresidente in carica di Taiwan, il cattolico praticante Chen Chien-jen, che si era recato a Roma per assistere alla canonizzazione di Paolo VI e di altri sei beati; e nel 2020 la Santa Sede non ha aderito all’appello affinché Taiwan potesse partecipare all’assemblea dell’Organizzazione Mondiale della Sanità sul coronavirus.

Nonostante tutto ciò, “le nostre relazioni con il Vaticano continuano e stiamo lavorando assiduamente per mobilitare ogni tipo di aiuto umanitario in diverse parti del mondo”, ha spiegato Jaushieh Joseph Wu alla Bussola, sottolineando la preoccupazione di Taipei per la persecuzione dei cristiani voluta da Xi Jinping. “Non solo il Vaticano, ma tutta la comunità internazionale deve pensare alla libertà religiosa in Cina… Noi, la gente di Taiwan, vogliamo lavorare con il Vaticano e con altri Paesi che amano la libertà per far avanzare la libertà religiosa in Cina e penso che questo sia fondamentale più di qualsiasi altra cosa. Quando vediamo le discussioni tra il governo cinese e il Vaticano sulle questioni religiose io penso che questa (la persecuzione religiosa) sia la cosa più importante da discutere”.

È evidente che la Santa Sede non può essere soddisfatta dei risultati dell’accordo con la Cina comunista, così come non può dimenticare che a Taiwan c’è una democrazia matura che resiste alle minacce di Xi Jinping, dove tutte le libertà sono tutelate e dove la Chiesa è rispettata.

Foto di copertina: Mons. Peng Weizhao sullo sfondo dell’articolo pubblicato da Chinacatholic.cn, 24 novembre 2022.

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