L’interminabile saga 60SA. Dopo l’ennesima tranvata per i Promotori di (in)Giustizia vaticani nei Tribunali inglesi, lo strano silenzio dei media mainstream e vaticani sul caso Becciu
Il 26 luglio 2022, nella Suprema Corte di Giustizia, Corte d’Appello, Divisione Civile, in appello dei Tribunali dell’Inghilterra e del Galles per Affari e Proprietà dell’Alta Corte di Giustizia, Tribunale commerciale, è stato emesso dal Lord Justice Peter Jackson, d’accordo il Lord Justice Males e il Lord Justice Birss, una sentenza di 21 pagine nel ricorso di Athena Capital Fund SICAV-FIS S.C.A., Athena Capital Real Estate and Special Situations Fund 1, WRM Capital Asset Management S.A.R.L e Raffaele Mincione (Appellanti/Ricorrenti) contro la Segreteria di Stato di Sua Santità (Convenuto/Imputato). I giudici di Sua Maestà hanno stabilito, tra altro, che la Segreteria di Stato è tenuto a pagare ai Ricorrenti i costi dell’appello con sentenza a loro favore. La Segreteria di Stato della Santa Sede è tenuta a versare un acconto dei costi dell’appello (da stabilire la somma, se non concordata) ai Ricorrenti di £ 100.000, da effettuare entro 28 giorni dalla data dell’ordine (entro il 23 agosto 2022).
Essendo in vacanza agostana, dopo che la stampa anglosassone ha diffuso la notizia il 6 agosto, ne abbiamo parlato soltanto il 9 agosto: L’interminabile saga 60SA. Dalla giustizia britannica una nuova batosta per l’accusa vaticana, riportando anche: Vaticano, Santa Sede convocata dal giudice inglese per l’immobile di Sloane Avenue di Filippo Caleri da Il Tempo dell’8 agosto e nella nostra traduzione italiana dall’inglese: Il caso di proprietà del Vaticano da 124 milioni di sterline sarà ascoltato nel Regno Unito nel “processo del secolo”. La Corte d’Appello ha stabilito che il piccolo stato sovrano dovrebbe affrontare un processo nei tribunali inglesi per la prima volta nei suoi 2000 anni di storia di Charles Hymas da The Telegraph del 6 agosto.
Oggi, rilanciamo l’articolo sul caso, pubblicato dall’amico e collega Renato Farina su Libero Quotidiano, rilevando che c’è anche qui un pensiero unico che vieta qualsiasi articolo che faccia dubitare della colpevolezza di Becciu. Londra condanna la Santa Sede, ma nessuno riporta la notizia (con l’eccezione di Il Tempo e questo Blog dell’Editore). I giudici inglesi non hanno rinchiuso la vicenda 60SA svoltasi tra Londra e Roma all’ombra del Cupolone e con ciò vengono confermati ed emergono nuovi pasticci della “giustizia papale”. Secondo il finanziere Raffaele Mincione – imputato nel maxiprocesso vaticano – la perdita nell’affare del palazzo al numero 60 di Sloane Avenue a Londra è stata causata dalla rinuncia da parte della Segreteria di Stato del piano di ristrutturazione e per i giudici inglesi, il «mandato speciale» alla Severino conferma che la Segreteria di Stato è parte in causa (Sentenza della Corte d’Appello inglese, capitolo “La Segreteria di Stato è neutrale?”, punti 70 e 71).
Anche nel caso 60SA (il processo penale vaticano messo in scena contro il Cardinale Angelo Beccio, per tenerlo fuori da un futuro Conclave), viene confermato che la verità è lenta, ma arriva. Sempre più emergono i pasticci dei Promotori di (in)Giustizia vaticani – in primo luogo l’Aggiunto, il Prof. Avv. Alessandro Diddi – e la completa innocenza del Cardinale Angelo Becciu. Quindi, la domanda sempre più pressante – e non solo da parte nostra – è: chi ha ingannato Papa Francesco? L’esecutore materiale conosciamo (la bassa manovalanza); manca solo il/i mandante/i (la/le mente/i raffinata/e).
Intanto, visto i tempi da calende greche dell’(in)giustizia del Tribunale dell’Uomo Nero che Veste di Bianco, attendiamo i risultati dei procedimenti nelle corti di giustizia di Sua Maestà, secondo quanto stabilito nella sentenza della Corte d’Appello:
«79. Un punto di partenza può essere (sebbene questo spetterà al Tribunale commerciale decidere) considerare quale fosse il vero valore della Proprietà al momento rilevante. L’essenza della causa contro gli imputati nel procedimento penale, per quanto concerne l’Operazione, è che l’interesse della Segreteria [di Stato] nell’Immobile è stato acquisito per un prezzo molto sostanzialmente superiore al valore reale dell’Immobile. Questa dovrebbe essere una questione relativamente semplice da determinare, con la divulgazione di documenti relativi all’Operazione e il beneficio di prove di valutazione di esperti che sono prontamente disponibili per entrambe le parti in questa giurisdizione. Se la Segreteria [di Stato] ha pagato il prezzo di mercato o nei dintorni, ha ottenuto un bene che valeva quanto pagato e (comunque per quanto riguarda l’Operazione) non sembrerebbe avere validi motivi di reclamo. D’altra parte, se pagasse sostanzialmente più del prezzo di mercato, ciò, in assenza di una spiegazione convincente, costituirebbe una forte evidenza di corruzione.
80. Inutile dire che questa sentenza non esprime alcuna opinione sul fatto che i ricorrenti possano rivendicare la loro posizione. Si limita a dire che il procedimento inglese in cui cercano di farlo dovrebbe essere autorizzato a continuare».
Osserva Salvatore Izzo su FarodiRoma: «La giustizia inglese dà ragione a Mincione e torto marcio al Promotore di Giustizia Diddi, che continua a perseguitare Becciu» e conclude: «Resta comunque da capire come sia possibile che nonostante tutto il discredito che ha portato sulla Santa Sede, il Promotore aggiunto Diddi sia ancora al suo posto».
«La verità fa talmente male, come diceva una canzone, che si preferisce stare zitti e non parlare, figuriamoci replicare ai giudici inglesi. Ma il Papa sa cosa è successo per il palazzo di Londra? Io penso di sì, anzi, non solo lo sa, ma non parla perché Lui ha già emesso la sentenza per il Cardinale ed e inutile continuare ad essere smentito da fatti e non parole. Che lo Spirito lo illumini» (A.M.).Il sito Silere non possum conclude, che «è errato collegare Sua Eminenza Reverendissima il Signor Cardinale Giovanni Angelo Becciu a questa sentenza. Il periodo preso in considerazione dalla Corte inglese è quello che vede ai vertici della Segreteria di Stato S.E.R. il Sig. Card. Pietro Parolin e S.E.R. Mons. Edgar Peña Parra. Come ha spiegato anche in aula Mincione, furono proprio le scelte di questi due a determinare l’uscita della Segreteria di Stato dall’affare e hanno comportato ingenti perdite. In questa decisione inglese, quindi, Becciu non ha alcun ruolo perché era già alla guida della Congregazione per le Cause dei Santi (rectius Dicastero per le Cause dei Santi). Grazie a questa sentenza il procedimento davanti al tribunale commerciale potrà essere iniziato e la Segreteria di Stato si è vista respingere anche l’autorizzazione al ricorso alla Corte Suprema, ovvero l’ultimo grado di giudizio inglese. La Segreteria di Stato è tenuta a pagare le spese per il procedimento di Appello» [QUI]. E aggiunge sul canale Telegram: «Una sentenza che tocca tutti i punti salienti di una storia tristemente emblematica di un sistema».
Dopo la decisione della Corte d’Appello inglese
Quello strano silenzio sul caso Becciu
di Renato Farina
Libero Quotidiano, 11 agosto 2022
Non è bello sentirsi dare del bugiardo dalla giustizia inglese. Ma questo è accaduto al governo della Santa Sede (la Segreteria di Stato) lo scorso 26 luglio. Sono tempi di vacanza anche in Vaticano, nonostante il Papa non smetta mai di lavorare, ma chissà se l’avranno informato. Che brutte vacanze però per quel mondo di laici ed ecclesiastici la cui vita da alcuni anni ruota intorno all’indagine e poi al processo chiamato Becciu. In realtà il cardinale sardo, privato il 24 settembre del 2020 del suo diritto ad entrare in Conclave, nessuno che abbia seguito il dibattimento e letto i verbali d’udienza, capisce più come mai sia stato invischiato nella vicenda del maledetto Palazzo londinese sito al numero 60 di Sloane Avenue. Le aggrovigliate vicende dove sarebbero maturati i presunti reati si dipanano a partire dalla primavera del 2019, quando da ormai un anno il porporato era stato promosso da Sostituto alla Segreteria di Stato a capo del Dicastero per le Cause dei Santi.
Fino a ieri, quando l’ha rivelata Libero, la notizia è stata tenuto sotto coperchio dagli organi vaticani: nonostante abbiano vasti e giustificati rapporti con vaticanisti e affini, nulla è trapelato. Parliamo nell’ordine: dei magistrati dell’Ufficio del Promotore di Giustizia (tradotto: i pm della Procura del Vaticano, in primis il professor Alessandro Diddi); dei tre giudici del Tribunale (il presidente Giuseppe Pignatone in testa); nonché di svariati alti papaveri di Curia, dello Ior, di Apsa ed enti consimili. Costoro non possono che essere turbati – secondo gamme di emozioni ben diverse – dalla sentenza della Corte d’Appello civile dell’Inghilterra e del Galles. Essa è importantissima. Per due ragioni. Ha condannato la Segreteria di Stato a un risarcimento provvisorio di duecentomila sterline (che gli esperti presumono diventeranno alla fine dei conteggi mezzo milione) da rifondere per le spese legali a Raffaele Mincione, uno degli imputati principali del processo in corso nel più piccolo Stato del mondo. Al di là del costo, sta soprattutto nella motivazione lo scorno per la reputazione della Sede ove ha la cattedra la più alta autorità morale del pianeta.
QUALE NEUTRALITÀ?
Non si scappa: la Segreteria di Stato, tramite i suoi legali, lo scorso ottobre, aveva fatto credere al giudice di primo grado che pur essendosi costituita parte civile contro tutti gli imputati essa giurava di essere “neutrale”, che pertanto bisognava bloccare la causa intentata da Mincione, in quanto si trattava di un “abuso”, un modo per aggirare la giustizia di uno Stato sovrano qual è il Vaticano. Mincione ha fatto ricorso, citando le dichiarazioni del cardinal Pietro Parolin e del Papa, secondo le quali intorno a quel Palazzo c’era stato sicuramente un reato, e bisognava punire i colpevoli dell’affare “scandaloso”. E i tre giudici gli hanno dato totalmente ragione, essendo assolutamente fuori questione che quest’organo, espressione del Sovrano, possa considerarsi una parte silente e senza pregiudizi nel procedimento in corso all’interno delle Mura Leonine. I giudici dicono: non prendeteci in giro per favore, la Segreteria di Stato conferendo il “mandato speciale” alla professoressa Paola Severino aveva dichiarato placidamente l’esistenza del reato, e la stessa Severino aveva affermato di rappresentare «la parte lesa» chiedendo di riservarsi successivamente la «quantificazione del danno». Altro che neutralità.
C’è una conseguenza che genera fibrillazione e scuote la lentezza del Tribunale dovuta ai pasticci palesi del Promotore di giustizia: inizierà tra poche settimane un processo inglese sulla stessa materia di quello vaticano: il Palazzo che avrebbe causato perdite enormi (120, 250 milioni di euro: le cifre ballano) alla Segreteria di Stato e perciò all’Obolo di San Pietro, il tesoro con cui il Papa aiuta i poveri.
LA PERIZIA INGLESE
Mincione sostiene, forte del parere di consulenti ineccepibili, che se la Segreteria di Stato non avesse mandato a monte l’affare comperandosi tutto il Palazzo e rinunciando al piano di ristrutturazione che avrebbe reso sicuramente centinaia di milioni, sarebbe andato tutto bene. Altro che truffa. Tutto è stato autorizzato e firmato dalle più alte autorità della Santa Sede. Del resto è negli atti processuali che lo studio inglese rinomatissimo che la Segreteria di Stato aveva incaricato di una valutazione della vicenda, aveva consigliato i clienti vaticani di mettere in sicurezza il Palazzo, sviluppandone le potenzialità di reddito, e poi denunciare alle autorità di controllo le opacità e gli eventuali maneggi criminosi, senza rimetterci alcunché. Mincione si è rivolto al Tribunale inglese sostenendo il danno alla sua reputazione, per l’impossibilità di difendersi adeguatamente presso uno Stato che usa forme di (non) diritto primordiali, come i “rescripta papali” fatti firmare al Pontefice, che consentono poteri illimitati, e senza alcuna giustificazione, agli accusatori. Invano il Vaticano ha cercato di impedire il corso della giustizia inglese, la cui giurisdizione era peraltro prevista dal contratto con il finanziere italo britannico. Si va avanti.
Che differenza con la magistratura italiana, che ha consentito atti iniqui come le perquisizioni nelle curie e nelle Caritas della Sardegna, pur in presenza di sentenze della Cassazione che mettevano in guardia dall’obbedienza pronta, cieca e assoluta ai mandati di arresto, alle richieste di sequestro e alle rogatorie della Procura d’Oltre Tevere. Si pensi a quanto accaduto ad un funzionario amministrativo della Segreteria di Stato, Fabrizio Tirabassi, mentre era indagato (poi è stato rinviato a giudizio). Il Promotore di giustizia ha chiesto il sequestro dei suoi beni in Italia. La procura romana ha immediatamente conferito questo patrimonio alla Santa Sede. Il tutto senza attendere il giudizio del Tribunale del Riesame, che ha invalidato l’atto e restituito case e quattrini al Tirabassi. Niente da fare. Il Vaticano non ha restituito un bel niente.
I GIUDICI DI SUA MAESTÀ
Gli inglesi sono meno succubi. Sia chiaro: la Corte d’appello civile non si è pronunciata nel merito, ci mancherebbe, ma non ha bevuto le tesi che puntavano a rinchiudere una vicenda svoltasi tra Londra e Roma esclusivamente all’ombra del Cupolone. Insomma: è l’equivalente di un oneroso rinvio a giudizio. Il timore è che i giudici di Sua Maestà si applichino alle questioni sotto esame con criteri esclusivamente tecnici, come costume locale, in contrasto con la gestione opportunamente a-tecnica ma giudiziosamente politica da parte di Pignatone, per raddrizzare i binari storti di Diddi e non trascinare il Papa, della cui buona fede nessuno deve poter dubitare, nel discredito. Il tutto senza inzuppare la vicenda in ideologie pauperistiche abbastanza ipocrite. Com’è noto il Vaticano è tra i maggiori proprietari di immobili a Londra, tra l’altro in quartieri d’alto bordo sin dal 1931, quando Pio XI, da buon brianzolo, pensò bene di investire nel mattone i denari ottenuti dall’Italia per il risarcimento dei territori passati sotto sovranità del Re: se fosse valido il ragionamento invalso per il numero 60 di Sloane Avenue si dovrebbero vendere quelli di lusso, che sono tanti…
Ci sarebbe un’altra notizia: nessun giornale o talk-show o Tg del Mangolo magico (Milano-Roma-Torino) del potere mediatico ne ha scritto o parlato. Perché? I loro corrispondenti non hanno segnalato la notizia ben presente sui quotidiani inglesi? O c’è anche qui un pensiero unico che vieta qualsiasi articolo che faccia dubitare della colpevolezza di Becciu? Esaltano la stampa anglosassone, poi non la imitano quando è scomoda per la loro “linea”. Questo sì che è sovranismo italo-vaticano.