È opinione diffusa che il Cardinal Zuppi inizia una difficile prova di pre-Papato alla Presidenza della CEI. Tanti auguri!

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Condividiamo di seguito due articoli sul nuovo Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Matteo Mario Zuppi, Arcivescovo metropolita di Bologna. In lizza per il dopo Bassetti c’erano anche il Cardinale Augusto Paolo Lojudice, Arcivescovo metropolita di Siena-Colle di Val d’Elsa-Montalcino e Mons. Erio Castellucci, Arcivescovo metropolita di Modena-Nonantola, Vescovo di Carpi e Vicepresidente per l’Italia settentrionale della Conferenza Episcopale Italiana.

Il primo articolo Il Cardinal Zuppi alla guida della CEI è in prova di Papato per il cardinale amato a sinistra di Renato Farina su Libero Quotidiano: «Movimenti da Oltretevere. Il cardinale noto come prete di strada, Arcivescovo metropolita di Bologna, è molto amato dalla sinistra. La sua nomina, fatta in tempi di record, può essere il preludio al dopo Bergoglio. Zuppi, classe ’55, ha respirato aria di Chiesa fin da bambino nella sua numerosa famiglia, quinto di sei figli. Pronipote, per parte di madre, del Cardinale Carlo Confalonieri. Al liceo Virgilio di Roma Zuppi è stato compagno di Andrea Riccardi, potente capo della Comunità di Sant’Egidio e di David Sassoli, il defunto Presidente del Parlamento Europeo di cui proprio Zuppi ha celebrato il funerale. Nella città felsinea Zuppi è diventato coinquilino di vecchi preti, ha ripreso la lezione Scola».

Il secondo articolo, nella nostra traduzione italiana dall’inglese: Il Cardinal Zuppi guiderà la Conferenza Episcopale Italiana in una nuova direzione? di Andrea Gagliarducci su Catholic News Agency: «Il Cardinale Zuppi è il nuovo presidente della CEI. Ma era davvero il favorito del Papa? E come potrebbe cambiare la CEI?».

Il Cardinal Zuppi alla guida della CEI è in prova di Papato per il cardinale amato a sinistra
di Renato Farina
Libero Quotidiano, 25 maggio 2022


Alla fine è arrivata dal Papa una scelta forte per guidare la Chiesa italiana. Presidente della Conferenza episcopale italiana è da ieri il cardinale di Bologna, Matteo Zuppi, 66 anni. Una opzione rischiosa. In realtà tipica di questo Papa, che spesso si vanta della sua astuzia, ma poi cede all’impeto dello Spirito Santo. In molti ritenevano che Bergoglio non avrebbe giocato questa carta. Gli consigliavano di lasciar crescere il virgulto in Diocesi, di far sì che tutte le Chiese del mondo avvertissero il suo potenziale universale, e lo tirassero fuori come una perla intatta dalla piccola conchiglia emiliana. Esporlo o no? Il pericolo che era stato fatto presente al Pontefice, e che anch’egli covava in sé stesso, era di bruciare sulla fascina decadente della Chiesa italiana il jolly per la sua successione che sia la più serena possibile. Bergogliana ma inclusiva. Zuppiana appunto. Per questo pareva orientato a scegliere come capo della Cei il cardinale di Siena Paolo Lojudice, un tipo di pastore-parroco, alla mano, senza pretese di saperla lunga in fatto di cultura e di politica, ben voluto dalla città e dagli altri vescovi. Secondo lo statuto particolare della Cei, differente da tutte le altre Conferenze episcopali, essendo il Papa anche Primate d’Italia, al Vescovo di Roma viene sottoposta una terna di candidati, i più votati dall’assemblea generale dei colleghi. Era in testa Zuppi, secondo l’arcivescovo di Modena, Erio Castellucci, che però non è cardinale, terzo Lojudice.

Castellucci si è subito ritirato perché, proprio alla vigilia delle votazioni, il Papa aveva bocciato la sua candidatura per la presidenza: “So che è un bravo vescovo e che è il candidato di Bassetti (il presidente uscente, ndr), ma io preferisco un cardinale”. Castellucci irritato pare abbia detto: “Che votiamo a fare, allora, se ha già scelto?”. Pungolato da questa malizia, Francesco ha accettato la regola della maggioranza. Viva Zuppi! Ciao Lojudice!

E così, inaspettatamente questa nomina italiana acquista un senso più vasto. Diventa (anche) uno stress test per il Papato. Non che Zuppi lo desideri, ma è così per la logica delle cose.

Tante aspettative

Avrà capacità di governo, carisma, tenuta psichica e incisività sociale con la politica? Restituirà peso ad un mondo che rotola leggero come una piuma, rispettato, persino vellicato, ma in fondo senza ottani nel motore, satellite pallidissimo di Francesco, che non ha mancato di far presente il suo scontento per il ritardato e pigro avvio del cammino sinodale e per il titubante confronto con il tema degli abusi sessuali del clero?

Aspettative ne suscita tante. Di certo discuterà con Cesare, chiunque si candiderà per diventarlo nei prossimi mesi di campagna elettorale. Tutti scommettono lo farà da sinistra. Il suo curriculum lo segnala infatti come fondatore con Andrea Riccardi della Comunità di Sant’Egidio, che – al di fuori ma anche dentro le mura vaticane – è oggi l’unica lobby cattolica davvero influente nel gran teatro del mondo. Eppure guai a ingessare Zuppi come una statuina progressista rosso porpora. Non si lascia incasellare.
Ho un aneddoto da raccontare che rompe il cliché di vescovo rosso, mandato a Bologna per contrastare la sequenza di cardinali considerati conservatori, da Giacomo Biffi a Carlo Caffarra. Mai si è contrapposto ad essi: lo hanno fatto i giornali al momento della nomina, provvedendo a fissarne un’immagine cattocomunista presso i fedeli e il clero, così da dividerli in fazioni. Sbagliato. Ha saputo fare il contrario.

Ho detto aneddoto, ma forse è catalogabile piuttosto come un fioretto francescano. Un caro amico, giovane docente universitario, e la moglie erano sposi considerati sterili dai medici, irrimediabilmente. Dopo la morte del cardinal Caffarra, cui erano molto legati, chiesero a lui la grazia di concepire un figlio. Contro ogni ipotesi di scienza accadde davvero. Essi si recarono allora dal cardinale Zuppi, che li ricevette subito, senza alcuna preclusione per chi amava il predecessore, che – come Zuppi sa – tanto ha fatto per i poveri e per gli operai. Gli raccontarono i fatti, seccamente commossi. “È certo un miracolo del Cardinal Carlo”, esclamò Zuppi. Saputo che sarebbe stata una bimba, disse loro: “Sono certo che la chiamerete Carla”. Carla oggi è un fiore.

Ovvio: nessuno qui vuole discutere la vulgata che politicamente abbia più a cuore la sinistra della destra, sarebbe scoprire l‘acqua calda, data la provenienza. Ma Sant’Egidio o no, Zuppi non taglia fuori nessuno, non selezione interlocutori a partire dalla prevalenza dei globuli rossi su quelli bianchi o verdi o blu. È uomo profondamente inclusivo. Durante le recenti regionali, la porta del suo episcopio era aperta ai leader di qualsiasi partito. Bussi? Lui apre. Ne capisce di politica, eccome, non è vissuta da eremita nel deserto dei Gobi. Ha ricevuto i capi della sinistra, e si è intrattenuto cordialmente e litigiosamente – non le manda a dire – con Matteo Salvini e Licia Ronzulli.

Amore per tutti

Il metodo Zuppi è questo: “Ciascuno deve sentirsi amato dalla Chiesa”. E questo vale sia nel sacro recinto dei fedeli, sia in quello della politica e dell’impegno culturale e sociale.

Arrivando in quella che i telecronisti di una volta chiamavano la città felsinea ha deciso di porre gesti di unità continuando dall’altro versante, quello di sinistra, il lavoro che Caffarra aveva iniziato sull’altro lato del perimetro, tesi entrambi a impedire l’esplodere di una guerra di fazioni tra tradizionalisti e modernisti. Zuppi ha deciso di fissare la sua dimora nella casa del clero, scavalcando la logica del destra-sinistra, almeno davanti a Gesù Cisto. Si è fatto coinquilino di vecchi preti, spesso malmessi, la gran parte dei quali su posizioni in rima con quelle di Biffi, poco amiche del comunismo ma anche del Risorgimento. Ha conquistato tutti. Ha saputo fare unità, dopo essere stato accolto come un campione dei ghibellini contro i guelfi. Non ci sono più muri di Berlino che attraversano San Petronio. Ha ripreso a Bologna la lezione del cardinale Angelo Scola a Milano. L’uno di provenienza di Sant’Egidio, l’altro con le stigmate di Comunione e liberazione, ma avendo come missione l’unità evangelizzatrice e l’incisività sociale.

Ha fatto specie nell’agosto scorso la decisione di Zuppi di concedere ai tradizionalisti di continuare a celebrare le messe nel latino di San Pio V, mentre altrove vescovi troppo zelanti hanno costretto senza misericordia all’esilio i cultori del vetus ordo.

Ora vedremo come il cammino sinodale e collegiale, che Zuppi ha dichiarato di voler portare avanti alla Cei, in obbedienza al Papa, si dipanerà. Di certo il suo modo di obbedire e di interpretare il magistero di Francesco non somiglierà a quello che caratterizza altre conferenze episcopali, come quella tedesca. Si farà molti nemici. Come oggi, inaspettatamente sta capitando a Francesco, criticatissimo da sinistra in Germania e in America per le sue posizioni su aborto, Lgbti+ e guerra.

Sarà una prova di pre-Papato molto dura per Zuppi. Auguri.

Il Cardinal Zuppi guiderà la Conferenza Episcopale Italiana in una nuova direzione?
di Andrea Gagliarducci
Catholic News Agency, 25 maggio 2022

(Nostra traduzione italiana dall’inglese)

L’elezione del Cardinale Matteo Zuppi a Presidente della Conferenza Episcopale Italiana non è, a un certo livello, sorprendente. Per almeno due anni si è parlato di lui come un capofila per succedere al Presidente uscente, il Cardinale Gualtiero Bassetti. E tutti hanno indicato Zuppi come l’unica figura che potrebbe guidare la conferenza episcopale nella direzione voluta da Papa Francesco. Eppure, a un altro livello, la nomina era alquanto inaspettata.

L’elezione di Zuppi è stata annunciata durante l’incontro dei vescovi italiani per la loro assemblea plenaria all’Hilton Rome Airport Hotel. Nei corridoi dell’albergo vicino all’aeroporto di Roma Fiumicino c’era un’aria un po’ ribelle.

Alcuni vescovi, che hanno chiesto l’anonimato, visto che lo scrutinio si è svolto in segreto, hanno suggerito che il Papa fosse “costretto” a scegliere Zuppi, l’Arcivescovo di Bologna, perché tra i tre candidati che gli erano stati inviati per una decisione finale aveva ricevuto il maggior numero di voti. Era evidente, dissero, che il Papa avrebbe preferito il Cardinale Paolo Lojudice da Siena, che, indicavano, sarebbe stato nominato nuovo Vicario di Roma.

I Presidenti della Conferenza Episcopale Italiana hanno un mandato di cinque anni. All’inizio del suo pontificato, Papa Francesco aveva chiesto la modifica degli statuti affinché i vescovi eleggessero essi stessi il Presidente. Ma hanno preferito mantenere la disposizione esistente per cui il Papa, in quanto Vescovo di Roma e Primate d’Italia, sceglie il Presidente.

Si giunse a un compromesso: i vescovi si sarebbero accordati su tre nomi, tra cui il Papa ne avrebbe scelto uno o avrebbe nominato un proprio candidato.

Poco prima delle ultime elezioni, Papa Francesco ha affermato in un’intervista al Corriere della Sera [QUI], che preferiva che il prossimo Presidente fosse un cardinale. Successivamente, i tre candidati furono ristretti a Zuppi, Lojudice e Antonino Raspanti, Vescovo di Acireale, in Sicilia.

I vescovi hanno fatto alla fine gli tre per due motivi. In primo luogo, sono stati esclusi dalla corsa altri due cardinali: l’attuale Vicario di Roma, il Cardinale Angelo De Donatis, che sembra non godere più del favore del Papa, e il Cardinale Giuseppe Betori di Firenze, che va in pensione. In secondo luogo, c’era bisogno di un nome “debole” per evidenziare meglio i due veri contendenti.

Zuppi ha ricevuto di gran lunga il maggior numero di voti dai suoi fratelli vescovi e Papa Francesco ha dovuto tenerne conto. Voci in precedenza avevano suggerito che il Papa fosse diffidente nei confronti della grande pubblicità che circonda il “papabile” Zuppi e fosse propenso per un candidato diverso. Il Papa si sarebbe anche sorpreso negativamente quando Zuppi applicò in modo benevolo il Motu proprio Traditionis custodes [QUI] nell’Arcidiocesi di Bologna [QUI].

Le voci che circolano costantemente in Vaticano, con l’obiettivo di far affondare o promuovere candidati, hanno sempre avuto molto peso. Quelle citate sono, in ogni caso, questioni delicate per il Papa.

“I vescovi sono stati coraggiosi nel votare per Zuppi e nel dare un segnale al Papa”, ha detto alla CNA un partecipante all’assemblea dei vescovi italiani. “Ora bisognerà vedere chi sarà il Segretario Generale [della conferenza episcopale] per capire la linea”.

Nella sua intervista al Corriere della Sera, Papa Francesco ha affermato di volere che il nuovo Presidente scelga il Segretario Generale, in modo che sia “qualcuno disposto a lavorare con e per lui”. Ma il Papa non ha specificato come dovrebbe avvenire questa scelta.

In termini formali, il Papa sceglie anche il Segretario Generale, sulla base di una lista di nomi suggerita dalla conferenza episcopale.

Quando nel 2013 scelse il Vescovo Nunzio Galantino, lo scelse anche se non figurava tra i primi tre nomi presentati dall’allora Presidente della conferenza episcopale, il Cardinale Angelo Bagnasco. Nel 2018 il Papa ha scelto il Vescovo Stefano Russo da una lista di sette presentata dal Cardinal Bassetti.

Che Papa Francesco fosse scontento del lavoro svolto dalla Presidenza della conferenza episcopale negli ultimi cinque anni lo si può vedere da una serie di dettagli.

La cosa più sorprendente è stata che Russo ha concluso il suo mandato di Segretario Generale con un anno di anticipo. Inoltre, una settimana prima dell’assemblea plenaria dei vescovi è stata annunciata la sua nomina [QUI] a vescovo residenziale, delegittimandolo di fatto.

Un clima teso si è potuto vedere anche durante l’incontro a porte chiuse che il Papa ha tenuto con i vescovi il 23 maggio. Nessuno tranne i vescovi ha potuto partecipare, nemmeno i loro segretari. Il Papa avrebbe scherzato sulla nomina di Russo alla Diocesi suburbicaria di Velletri-Segni, dicendo che il 60enne era stato “mandato in vacanza ai Castelli Romani”, una zona collinare che funge da popolare meta di svago per i romani.

Il Papa avrebbe anche detto ai vescovi di non aver cercato di evidenziare l’idea che il prossimo Presidente dovrebbe essere un cardinale nella sua intervista al Corriere della Sera. Piuttosto, ha detto, aveva semplicemente sottolineato la sua preferenza quando i giornalisti hanno suggerito che l’Arcivescovo di Modena Erio Castellucci potesse essere un candidato.

Papa Francesco avrebbe detto che non voleva un’operazione per risolvere i suoi problemi al ginocchio e avrebbe preferito dimettersi piuttosto che sottoporsi di nuovo all’anestesia generale.

Per quanto riguarda la Cina, Papa Francesco ha elogiato l’approccio diplomatico [QUI] del Cardinale Pietro Parolin. Ha parlato del “martirio della pazienza”, frase attribuita al Cardinale Agostino Casaroli, Segretario di Stato sotto Papa Giovanni Paolo II ed artefice della Ostpolitik vaticana [QUI].

Il futuro orientamento della Conferenza Episcopale Italiana dipende ora dalla scelta del Segretario Generale, vero motore dell’organismo. Sarà qualcuno che lavorerà con Zuppi per forgiare una nuova linea che vada oltre le indicazioni del Papa?

Nei suoi primi commenti dopo la sua elezione il 24 maggio, Zuppi ha affermato che sarebbe stato guidato da tre criteri, che ha chiamato in ordine di importanza come “obbedienza al Primato del Papa, sinodalità e collegialità”. Il modo in cui li metterà in pratica sarà osservato da vicino nei prossimi mesi.

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