La verità vive. Un cortometraggio per raccontare Rita Atria, testimone di giustizia

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Il 26 luglio 2022 ricorre il trentennale della morte di Rita Atria, testimone di giustizia. Merita di essere raccontata, non ignorata, nel nome della verità, che va raccontata. Perché, chi “dimentica”, chi “omette”, chi non racconta, non lo fa per caso, ma lo fa per calcolo… Perciò, segnaliamo volentieri il cortometraggio La verità vive, sul “sogno spezzato” della diciasettenne testimone di giustizia siciliana Rita Atria, realizzato dai ragazzi della III Les, III B Classico, III A Scientifico, IV A Scientifico, IV A Classico, V B Scientifico – allievi dell’amica e collega Suor Maria Trigilia, FMA – dell’Istituto Salesiano Don Bosco Villa Ranchibile di Palermo.

La verità vive partecipa al STARGATE CONTEST, promosso dall’Associazione ARCA Siracusa, che si rivolge a tutti i ragazzi delle scuole superiori siciliane. L’obiettivo è realizzare un video della durata massima di 5 minuti sul tema della legalità. Votate La verità vive [QUI].

Con Gabriele Sanfilippo nel ruolo di Nicola Atria e Sara Termini nella voce di Rita Atria. Regia di Adriano La Monica e montaggio di Adriano La Monica. Autori: Gioele Mercanti, Thea Pullara e Gabriele Sanfilippo. Troupe composta da Giulio Francese, Flavio Filippi, Giulio Carollo, Annalisa Galatolo, Francesco La Valva, Massimiliano Sapienza, Enrico Catalano, Sardina Michele, Carolina Faso, Thea Pullara, Gianvito Maria Rizzo, Edoardo Salvatore Di Mauro, Samuel Taormina, Gioele Mercanti, Allegra Salamone.

La verità vive
L’esempio di Rita Atria
Testimone di giustizia
Partanna, 4 settembre 1974 – Roma, 26 luglio 1992

Rita Atria si uccise a 17 anni, una settimana dopo la strage di via D’Amelio perché, proprio per la fiducia che riponeva nel magistrato Paolo Borsellino, si era decisa a collaborare con gli inquirenti. «Prima di combattere la mafia devi farti un auto-esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combattere la mafia che c’è nel giro dei tuoi amici, la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci. Borsellino sei morto per ciò in cui credevi, ma io senza di te sono morta» (Rita Atria).

Figlia di Vito Atria (1939-1985) e di Giovanna Canova (1939-2012), nel 1985, all’età di undici anni, Rita Atria perde il padre, pastore affiliato a Cosa nostra, ucciso in un agguato. Alla morte del padre Rita si lega ancora di più al fratello Nicola ed alla cognata 18enne Piera Aiello, che si era sposata nove giorni prima dell’omicidio del suocero. Da Nicola, anch’egli mafioso, Rita raccoglie le più intime confidenze sugli affari e sulle dinamiche mafiose a Partanna. Nel giugno 1991 Nicola Atria viene ucciso e sua moglie Piera Aiello, che era presente all’omicidio del marito, denuncia i due assassini e collabora con la polizia.

Nel novembre 1991, a soli 17 anni, Rita decide di seguire le orme della cognata, cercando nella magistratura giustizia per quegli omicidi. Il primo a raccogliere le sue rivelazioni è il giudice Paolo Borsellino (all’epoca procuratore di Marsala), al quale si lega come ad un padre. Le deposizioni di Rita e di Piera, unitamente ad altre testimonianze, permettono di arrestare numerosi mafiosi di Partanna, Sciacca e Marsala e di avviare un’indagine sull’onorevole democristiano Vincenzino Culicchia, per trent’anni sindaco di Partanna.

Una settimana dopo la strage di via D’Amelio, in cui perde la vita il giudice Borsellino, Rita si uccide a Roma, dove vive in segreto, lanciandosi dal sesto piano di un palazzo di viale Amelia 23. Sua sorella Anna se ne andrà in seguito a vivere a Roma.

Rita Atria per molti rappresenta un’eroina, per la sua capacità di rinunciare a tutto, finanche agli affetti della madre (che la ripudiò e che dopo la sua morte distrusse la lapide a martellate), per inseguire un ideale di giustizia attraverso un percorso di crescita interiore che la porterà dal desiderio di vendetta al desiderio di una vera giustizia. Rita (così come Piera Aiello) non era una pentita di mafia, non aveva infatti mai commesso alcun reato di cui pentirsi. Correttamente ci si riferisce a lei come “testimone di giustizia”, figura questa che è stata legislativamente riconosciuta con la legge 45 del 13 febbraio 2001.

Il sogno spezzato di Rita Atria

«È rimasta un simbolo della lotta alla mafia e della volontà di riscatto. Una ragazza di diciotto anni che sceglie la morte come protesta contro i soprusi mafiosi e come testimonianza perenne della volontà di riscatto di un intero popolo.
Rita Atria nasce a Partanna, provincia di Trapani, nel 1974, da Vito e Giovanna Cannova, lui pastore e proprietario di sette ettari coltivati a vite e ulivo, apparteneva a una cosca mafiosa del trapanese. Anche il figlio Nicola, di dieci anni più grande di Rita, apparteneva alla stessa cosca.
Nel 1985 Vito viene ucciso. Nicola medita vendetta e cerca di rintracciare il killer del padre. Ma nel 1991 anche lui viene ucciso, all’età di ventisette anni. A questo punto, Piera Aiello (Partanna 1967), vedova di Nicola, che era presente all’assassinio del marito, denuncia i due killer e collabora con la polizia, trasgredendo la legge dell’omertà. E, sotto protezione, viene trasferita a Roma.
Rita decide e segue l’esempio della cognata. Così, si reca in segreto a Marsala e presentatasi al Procuratore Paolo Borsellino gli rivela tutti i segreti della cosca cui appartenevano il padre e il fratello. Da qui inizia una fitta collaborazione col Procuratore Borsellino, al quale Rita si affeziona. Le sue dichiarazioni porteranno all’arresto di decine di mafiosi e alla loro condanna. La ragazza riceve minacce e finanche la madre si schiera contro di lei. Anche Rita, allora, viene trasferita a Roma sotto protezione e con nuovi documenti.
Rita scrive un diario con considerazioni molto sensibili, carico di condanna per la cultura mafiosa, con vivo senso di giustizia e con la speranza che le nuove generazioni possano liberarsi dal cancro mafioso: “Prima di combattere la mafia devi farti un esame di coscienza e poi, dopo aver sconfitto la mafia dentro di te, puoi combatterla nel giro dei tuoi amici. La mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”.
Ma il 26 luglio 1992, dopo l’assassinio del giudice Giovanni Falcone [1] e del “suo” giudice Paolo Borsellino [2], Rita perde ogni speranza, il suo sogno di riscatto si spezza: “Quelle bombe in un secondo spazzarono via il mio sogno, perché uccisero coloro che, col loro esempio di coraggio, rappresentavano la speranza di un mondo nuovo, pulito, onesto. Ora tutto è finito”.
Rita si suicida gettandosi dal quinto piano del palazzo dove l’aveva nascosta la polizia, nella Via Amelia di Roma. La sua storia diventerà emblematica e sarà spesso rievocata in teatro, nei libri, nei film» (Gabriele Montemagno, Il sogno spezzato di Rita Atria, Palermo, Edizioni della Battaglia 1992).

[1] Il 23 maggio 1992 nella strage di Capaci vengono uccisi il giudici Giovanni Falcone e la sua moglie Francesca, con gli agenti di scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.
[2] Il 19 luglio 1992 nella strage di via D’Amelio a Palermo vengono uccisi il Giudice Paolo Borsellino e gli agenti della scorta Emanuela Loi, Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina.

“La verità vive”
Rita Atria, testimone di giustizia e “I ragazzi di Partanna” meritano di essere raccontati e non ignorati
Libera Pinerolo, 29 luglio 2013

“A cosa è servito il sacrificio di Rita Atria?”. La domanda ci è stata rivolta da una studentessa del Liceo di Pinerolo “M. Curie” al temine di uno degli incontri che abbiamo avuto nello scorso anno scolastico. Negli occhi della ragazza che avevamo difronte un velo di tristezza dopo aver ascoltato la storia della ragazzina siciliana, diventata uno dei simboli più belli della lotta alle mafie. Il racconto della vita, le parole, di Rita Atria hanno sempre il medesimo, struggente, effetto: si crea un silenzio rispettoso, ci si trova immersi in un uno spazio sospeso, il respiro di chi ascolta quasi trattenuto. La domanda quel giorno è venuta fuori, timorosa: ” A cosa è servito il sacrificio di Rita Atria?”

Una delle tante, possibili, risposte l’hanno data quest’anno i “ragazzi di Partanna” e l’Associazione Antimafie “Rita Atria”, nei giorni della ventunesima commemorazione dell’anniversario di Rita.
Nel nome di Rita Atria, e anche per noi del presidio Libera “Rita Atria” Pinerolo, opporsi alle mafie significa opporsi – ovunque- a quello “(…)che limita il territorio, che lo controlla, che lo occupa, che lo stupra, che condiziona l’economia e uccide le speranze e i sogni delle nuove generazioni” (Ritaatria.it, 29 luglio 2013).

Rita Atria era una ragazzina di Partanna, si era messa in testa di denunciare la mafia e quindi la sua famiglia di provenienza. Nel suo diario scriveva cose “strane”… come “vorrei essere amata per quello che sono”… “la mafia siamo noi e il nostro modo sbagliato di comportarci”… Si era affidata allo zio Paolo ma poi, dopo quel maledetto 19 luglio 1992, nel suo diario scriveva: “Ora che è morto Borsellino, nessuno può capire che vuoto ha lasciato nella mia vita. Tutti hanno paura ma io l’unica cosa di cui ho paura è che lo Stato mafioso vincerà e quei poveri scemi che combattono contro i mulini a vento saranno uccisi. …”.

Per 19 anni la stampa ha evidenziato il fatto che nessun giovane di Partanna aveva avuto il coraggio di ricordare Rita e che le manifestazioni le organizzavano quelli di fuori. Era una notizia!

Ma l’anno scorso, in occasione del ventennale dalla morte di Rita la NON notizia è scomparsa perché difficilmente qualcuno può oggi affermare che a Partanna ai giovani non importa niente di Rita Atria.

Era una gran bella notizia quella di un gruppo di giovani che si costituiscono in un presidio dell’associazione dedicata a Rita. Una scelta forte, coraggiosa, determinata in un paese che vede ancora la presenza di molti dei protagonisti politici e non solo di quella stagione.

Durante l’inverno i ragazzi del presidio di Partanna hanno organizzato eventi nelle scuole, faticato ritagliando spazio e tempo tra esami all’università, tra problemi di lavoro (che non si trova), e le difficoltà quotidiane. Il 26 luglio di quest’anno sempre quei ragazzi di Partanna hanno coinvolto altri ragazzi di Partanna (quelli conosciuti nelle scuole) e insieme hanno messo su una intera giornata dedicata a Rita. Persino un gruppo musicale che ha cantato e suonato con le magliette dell’Associazione antimafie “Rita Atria”. Quei ragazzi di Partanna hanno poi ritenuto che le parole di Rita dovessero avere un senso e allora davanti alla sua tomba hanno portato il senso della lotta. Hanno portato le parole di Rita sulla necessità di cambiare, di non arrendersi; hanno portato sulla tomba il motto dell’associazione sintetizzato brillantemente dal nostro Mario Ciancarella: la Memoria Attiva.

I ragazzi di Partanna in piazza hanno portato i giornalisti antimafia. Quelli seri, quelli che rischiano e non hanno la scorta, quelli che scrivono senza pensare al padrone che li paga…. Perché non li paga nessuno per scrivere di mafia, di militarismo, di massonerie deviate e di Stato parallelo. Giornalisti che hanno fatto Memoria attiva ricordando cosa denunciava Rita e ricordando che la Memoria Vera non può accettare il revisionismo storico e una finta riconciliazione cristiana.

Allora, come di incanto, i ragazzi di Partanna non fanno più notizia. Perché adesso i ragazzi ci sono. Fanno una antimafia seria, documentata, senza se e senza ma. Senza cerchiobbottismi e senza opportunismi. Insomma credo di non esagerare se immagino Rita a giocare con loro a biliardino o a cantare con loro le canzoni dei giovani.

I ragazzi di Partanna il 26 luglio 2013 hanno portato Niscemi in piazza (la lotta dei ragazzi di Niscemi contro il MUOS)… hanno portato la vera lotta alla mafia. Alla mafia che limita il territorio, che lo controlla, che lo occupa, che lo stupra, che condiziona l’economia e uccide le speranze e i sogni delle nuove generazioni.

I ragazzi di Partanna meritano di essere raccontati e non ignorati. Chi “dimentica”, chi “omette”, chi non racconta non lo fa per caso ma per calcolo… e allora mi viene da dire che i ragazzi di Partanna sono sulla buona strada… nel nome di Rita!

E allora… cara Italia, a Partanna è nata Rita Atria.

Oggi, a Partanna ci sono ragazze e ragazzi che hanno capito cosa voleva dire Rita nel suo diario. Hanno capito cosa significa “vince chi è più bravo a truffare la vita…”. Hanno capito l’amarezza di Rita… perché, diciamocelo, se Rita fosse viva sarebbe una NON notizia e non esisterebbe per la grande stampa e forse neanche per l’antimafia… perché la vera notizia per gli scrivani del potere è quella che non si deve dare.

Cara Italia, ti comunico che a Partanna ci sono giovani che nel nome di Rita fanno antimafia. L’antimafia senza se e senza ma… a Partanna c’è l’antimafia che, nel nome di Rita, NON MOLLA!

Nadia Furnari
A nome del direttivo dell’Associazione Antimafie “Rita Atria”

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