La risposta di Sua Santità il Papa emerito Benedetto XVI circa il rapporto sugli abusi nell’Arcidiocesi di München und Freising [DE FR IT EN PO PL AR]

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Di seguito riportiamo la traduzione italiana (e i link per le traduzioni attualmente disponibili) della Lettera del Papa emerito Benedetto XVI circa il rapporto sugli abusi nell’Arcidiocesi di München und Freising [DE FR IT EN PO PL AR], seguita dai link per i Video della lettura della Lettera di Benedetto XVI da parte dell’Arcivescovo Georg Gänswein [DE IT] e dell’Analisi dei fatti da parte dei collaboratori di Benedetto XVI (DE-EN-IT), che smontano una ad una le calunnie contro il Papa emerito.

«Benedetto XVI è colui che ha fatto di più contro gli abusi sessuali già da Cardinale e poi da Papa. Questa Lettera non solo ce lo fa capire, ma ci fa vedere la sua statura morale e di uomo di Dio» (Kattoliko Pensiero @kattolikamente – Twitter, 8 febbraio 2022), un gigante di Fede, di intelligenza e di umanità. Però, «non sembra che il mainstream cattolico abbia supportato il cammino travagliato della verità su questa triste vicenda. Ancora oggi dopo tutte le spiegazioni e chiarimenti i titoli dei giornali sono ambigui. Tutto ciò è divisivo e provoca ulteriore dolore», commenta Don Salvatore Lazzara su Twitter, l’evidente ulteriore strumentalizzazione della risposta del Papa emerito che si sta sviluppando.

Qui c’è tutta l’evidenza del missile per colpire Lui, icona della Chiesa Cattolica Romana che si vuole annientare e sostituire con un’altra “chiesa” non più cattolica, scismatica ed eretica, che con camini sinodali si vuole con forza far prevalere per il futuro.

In aggiunta seguono:

  • Editoriale del Direttore editoriale del Dicastero per la Comunicazione, Dott. Andrea Tornielli: Confessione personale dal profondo del cuore – Vatican News, 8 febbraio 2022.
  • Intervista a cura di Gabriella Ceraso con Padre Federico Lombardi, S.I., già Direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Presidente della Fondazione vaticana “Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”, già portavoce del Papa emerito, che commenta la Lettera diffusa dal Papa emerito: “Da collaboratore posso testimoniare che per lui il servizio alla verità è sempre stato al primo posto anche per ciò che era doloroso”- Vatican News, 8 febbraio 2022.

Insieme alla Lettera di Sua Santità il Papa emerito Benedetto XVI è stato pubblicato anche un breve allegato di tre pagine (di cui riportiamo di seguito il riassunto a cura di Vatican News), redatto dai quattro collaboratori esperti di diritto – Stefan Mückl, Helmuth Pree, Stefan Korta e Carsten Brennecke – che già erano stati coinvolti nella stesura delle 82 pagine di risposta alle domande della commissione.

Quelle risposte, allegate al rapporto sugli abusi a München, avevano suscitato polemiche e contenevano un errore di trascrizione che aveva portato ad affermare l’assenza dell’Arcivescovo Ratzinger alla riunione in cui si decise di accogliere un sacerdote che si era macchiato di abusi.

Nelle nuove risposte, gli esperti ribadiscono che il Cardinale Ratzinger, nel momento in cui accolse il sacerdote che doveva curarsi a München, non era a conoscenza del fatto che fosse un abusatore. E nella riunione del gennaio 1980 non venne menzionato il motivo per cui doveva curarsi né si decise di impiegarlo nell’attività pastorale. I documenti confermano quanto affermato da Ratzinger.

Viene poi dettagliatamente spiegato il perché dell’errore circa la presenza inizialmente negata di Ratzinger: la visione degli atti in versione elettronica è stata consentita al solo Professor Mückl, senza che fosse concessa la possibilità di salvare, stampare o fotocopiare documenti. Nella fase successiva di elaborazione il Dottor Korta, ha inavvertitamente commesso un errore di trascrizione ritenendo che Ratzinger fosse assente il 15 gennaio 1980. Non si può dunque imputare a Benedetto XVI questo errore di trascrizione come falsa deposizione consapevole o “bugia”. Tra l’altro, già nel 2010 diversi articoli di stampa, mai smentiti, parlarono della presenza di Ratzinger a quella riunione e lo stesso Papa emerito, nella biografia scritta da Peter Seewald e pubblicata nel 2020, afferma di essere stato presente.

Gli esperti affermano che in nessuno dei casi analizzati dal rapporto Joseph Ratzinger era a conoscenza di abusi sessuali commessi o del sospetto di abusi sessuali commessi dai sacerdoti. La documentazione non fornisce alcuna prova in senso contrario e in effetti, rispondendo a precise domande su questo punto durante la conferenza stampa di presentazione, gli stessi legali che hanno redatto il rapporto hanno affermato di presumere con probabilità che Ratzinger sapesse, ma senza che questa loro affermazione sia corroborata da testimonianze o documenti.

Infine, gli esperti smentiscono che nelle risposte da loro redatte per conto del Papa emerito si sia minimizzata la gravità del comportamento esibizionista di un sacerdote. “Nella memoria Benedetto XVI non ha minimizzato il comportamento esibizionista, ma lo ha espressamente condannato. La frase utilizzata come presunta prova della minimizzazione dell’esibizionismo è decontestualizzata”. Nella risposta Benedetto XVI aveva affermato che gli abusi, esibizionismo incluso, sono “terribili”, “peccaminosi”, “moralmente riprovevoli” e “irreparabili”. Nella valutazione degli esperti è stato solo ricordato che secondo il diritto allora vigente l’esibizionismo “non era un delitto di diritto canonico, perché la relativa norma penale non comprendeva nella fattispecie comportamenti di quel tipo”.

L’allegato a firma dei quattro collaboratori esperti di diritto, del cui lavoro il Papa emerito si è assunto la responsabilità, contribuisce dunque a fare chiarezza su ciò che è uscito dalla mente e dal cuore di Ratzinger, e su ciò che è frutto della ricerca dei suoi collaboratori. Benedetto XVI ribadisce di non essere stato a conoscenza degli abusi commessi dai sacerdoti durante il suo breve episcopato. Ma con parole umili e profondamente cristiane chiede perdono per la “grandissima colpa” degli abusi e per gli errori, anche quelli avvenuti durante il suo mandato.

Di seguito riportiamo la traduzione italiana dell’Analisi dei fatti da parte dei collaboratori di Benedetto XVI (DE-EN-IT).

Lettera del Papa emerito Benedetto XVI circa il rapporto sugli abusi nell’Arcidiocesi di München und Freising

Città del Vaticano, 6 febbraio 2022
Care sorelle e cari fratelli!
A seguito della presentazione del rapporto sugli abusi nell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga il 20 gennaio 2022, mi preme rivolgere a tutti voi una parola personale. Infatti, anche se ho potuto essere arcivescovo di Monaco e Frisinga per poco meno di cinque anni, nell’intimo continua comunque a persistere la profonda appartenenza all’arcidiocesi di Monaco come mia patria.
Vorrei innanzitutto esprimere una parola di cordiale ringraziamento. In questi giorni di esame di coscienza e di riflessione ho potuto sperimentare così tanto incoraggiamento, così tanta amicizia e così tanti segni di fiducia quanto non avrei immaginato. Vorrei ringraziare in particolare il piccolo gruppo di amici che, con abnegazione, per me ha redatto la mia memoria di 82 pagine per lo studio legale di Monaco, che da solo non avrei potuto scrivere. Alle risposte alle domande postemi dallo studio legale, si aggiungeva la lettura e l’analisi di quasi 8.000 pagine di atti in formato digitale.
Questi collaboratori mi hanno poi anche aiutato a studiare e ad analizzare la perizia di quasi 2.000 pagine. Il risultato sarà pubblicato successivamente alla mia lettera.
Nel lavoro gigantesco di quei giorni – l’elaborazione della presa di posizione – è avvenuta una svista riguardo alla mia partecipazione alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980. Questo errore, che purtroppo si è verificato, non è stato intenzionalmente voluto e spero sia scusabile. Ho già disposto che da parte dell’arcivescovo Gänswein lo si comunicasse nella dichiarazione alla stampa del 24 gennaio 2022. Esso nulla toglie alla cura e alla dedizione che per quegli amici sono state e sono un ovvio imperativo assoluto. Mi ha profondamente colpito che la svista sia stata utilizzata per dubitare della mia veridicità, e addirittura per presentarmi come bugiardo. Tanto più mi hanno commosso le svariate espressioni di fiducia, le cordiali testimonianze e le commoventi lettere d’incoraggiamento che mi sono giunte da tante persone. Sono particolarmente grato per la fiducia, l’appoggio e la preghiera che Papa Francesco mi ha espresso personalmente. Vorrei infine ringraziare la piccola famiglia nel Monastero “Mater Ecclesiae” la cui comunione di vita in ore liete e difficili mi dà quella solidità interiore che mi sostiene.
Alle parole di ringraziamento è necessario segua ora anche una confessione. Mi colpisce sempre più fortemente che giorno dopo giorno la Chiesa ponga all’inizio della celebrazione della Santa Messa – nella quale il Signore ci dona la sua Parola e se stesso – la confessione della nostra colpa e la richiesta di perdono. Preghiamo il Dio vivente pubblicamente di perdonare la nostra colpa, la nostra grande e grandissima colpa. È chiaro che la parola “grandissima” non si riferisce allo stesso modo a ogni giorno, a ogni singolo giorno. Ma ogni giorno mi domanda se anche oggi io non debba parlare di grandissima colpa. E mi dice in modo consolante che per quanto grande possa essere oggi la mia colpa, il Signore mi perdona, se con sincerità mi lascio scrutare da Lui e sono realmente disposto al cambiamento di me stesso.
In tutti i miei incontri, soprattutto durante i tanti Viaggi apostolici, con le vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti, ho guardato negli occhi le conseguenze di una grandissima colpa e ho imparato a capire che noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade. Come in quegli incontri, ancora una volta posso solo esprimere nei confronti di tutte le vittime di abusi sessuali la mia profonda vergogna, il mio grande dolore e la mia sincera domanda di perdono. Ho avuto grandi responsabilità nella Chiesa cattolica. Tanto più grande è il mio dolore per gli abusi e gli errori che si sono verificati durante il tempo del mio mandato nei rispettivi luoghi. Ogni singolo caso di abuso sessuale è terribile e irreparabile. Alle vittime degli abusi sessuali va la mia profonda compassione e mi rammarico per ogni singolo caso.
Sempre più comprendo il ribrezzo e la paura che sperimentò Cristo sul Monte degli Ulivi quando vide tutto quanto di terribile avrebbe dovuto superare interiormente. Che in quel momento i discepoli dormissero rappresenta purtroppo la situazione che anche oggi si verifica di nuovo e per la quale anche io mi sento interpellato. E così posso solo pregare il Signore e supplicare tutti gli angeli e i santi e voi, care sorelle e fratelli, di pregare per me il Signore Dio nostro.
Ben presto mi troverò di fronte al giudice ultimo della mia vita. Anche se nel guardare indietro alla mia lunga vita posso avere tanto motivo di spavento e paura, sono comunque con l’animo lieto perché confido fermamente che il Signore non è solo il giudice giusto, ma al contempo l’amico e il fratello che ha già patito egli stesso le mie insufficienze e perciò, in quanto giudice, è al contempo mio avvocato (Paraclito). In vista dell’ora del giudizio mi diviene così chiara la grazia dell’essere cristiano. L’essere cristiano mi dona la conoscenza, di più, l’amicizia con il giudice della mia vita e mi consente di attraversare con fiducia la porta oscura della morte. In proposito mi ritorna di continuo in mente quello che Giovanni racconta all’inizio dell’Apocalisse: egli vede il Figlio dell’uomo in tutta la sua grandezza e cade ai suoi piedi come morto. Ma Egli, posando su di lui la destra, gli dice: “Non temere! Sono io…” (cfr. Ap 1,12-17).
Cari amici, con questi sentimenti vi benedico tutti.
Benedetto XVI

Testo in lingua tedesca
Traduzione in lingua francese
Traduzione in lingua inglese
Traduzione in lingua spagnola
Traduzione in lingua portoghese
Traduzione in lingua polacca
Traduzione in lingua araba

I video della lettura della Lettera del Papa emerito Benedetto XVI da parte dell’Arcivescovo Georg Gänswein [DE IT]

Lettura in lingua tedesca [QUI].
Lettura in lingua italiana [QUI].

Analisi dei fatti da parte dei collaboratori di Benedetto XVI (DE-EN-IT)

Nel rapporto sugli abusi dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga si afferma che:
Joseph Ratzinger, al contrario di quanto da lui sostenuto nella memoria redatta in risposta ai periti, era presente alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 nella quale si parlò del sacerdote X. E si sostiene che il cardinale Ratzinger avrebbe impiegato questo sacerdote nell’attività pastorale, pur essendo a conoscenza degli abusi da lui commessi, e con ciò avrebbe coperto i suoi abusi sessuali.

Ciò non corrisponde al vero, secondo le nostre verifiche:
Joseph Ratzinger non era a conoscenza né del fatto che il sacerdote X fosse un abusatore, né che fosse inserito nell’attività pastorale.
Gli atti mostrano che nella riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 non si decise l’impiego del sacerdote X per un’attività pastorale.
Gli atti mostrano anche che nella riunione in questione non si trattò del fatto che il sacerdote aveva commesso abusi sessuali. Si trattò esclusivamente della sistemazione del giovane sacerdote X a Monaco di Baviera, perché lì doveva sottoporsi a una terapia. Si corrispose a questa richiesta. Durante la riunione non venne menzionato il motivo della terapia.
Nella riunione non venne perciò deciso di impiegare l’abusatore in alcuna attività pastorale.

Nel rapporto sugli abusi dell’arcidiocesi di Monaco e Frisinga si afferma che:
Con riguardo alla sua presenza alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980, Benedetto XVI avrebbe consapevolmente deposto il falso, avrebbe mentito.

Ciò non risponde al vero, infatti:
L’affermazione contenuta nella memoria di Benedetto XVI per cui egli non avrebbe preso parte alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980 è effettivamente errata. Tuttavia Benedetto XVI non ha mentito o consapevolmente deposto il falso: nella redazione della memoria Benedetto XVI tale fatto è stato sostenuto da un gruppo di collaboratori. Esso è composto dall’Avvocato Dott. Carsten Brennecke (Colonia) e dai seguenti collaboratori per il diritto ecclesiastico: il Prof. Dott. Dott. Stefan Mückl (Roma), che su incarico di Benedetto XVI ha esaminato gli atti, il Prof. Dott. Dott. Helmuth Pree e il Dott. Stefan Korta. I collaboratori sono stati chiamati perché Benedetto XVI non poteva da solo analizzare la massa delle questioni in breve tempo e perché lo studio legale incaricato della perizia poneva delle domande che facevano riferimento al diritto canonico, cosicché per la risposta era necessario un inquadramento nel diritto canonico. La visione degli atti in versione elettronica fu consentita al solo Prof. Mückl, senza che fosse concessa la possibilità di memorizzare, stampare o fotocopiare documenti. A nessun altro dei collaboratori fu consentito di visionare gli atti. Alla presa in visione degli atti in formato digitale (8.000 pagine) e alla loro analisi da parte del Prof. Mückl, seguì un’ulteriore fase di elaborazione da parte del Dott. Korta, il quale ha inavvertitamente commesso un errore di trascrizione. Il Dott. Korta ha appuntato erroneamente che Joseph Ratzinger non era presente alla riunione dell’Ordinariato del 15 gennaio 1980. Ai collaboratori dunque è sfuggito questo errore: aver scritto di assenza laddove questa non c’era stata. Essi si sono fidati di una indicazione falsa, inserita per errore, omettendo di chiedere espressamente a Benedetto XVI se egli fosse stato presente a quella riunione. Sulla base dell’erronea trascrizione della verbalizzazione si è supposto invece che Joseph Ratzinger non fosse stato presente. Benché gli premesse verificare sulla base della propria memoria quanto presentato, Benedetto XVI non ha notato l’errore per via dei tempi limitati imposti dai periti, e si è fidato di quanto era scritto, e dunque è stata messa a verbale la sua assenza.
Non si può imputare a Benedetto XVI quest’errore di trascrizione come falsa deposizione consapevole o “bugia”.
Non avrebbe peraltro avuto alcun senso che Benedetto intenzionalmente negasse la sua presenza alla riunione: infatti il verbale della riunione riporta affermazioni di Joseph Ratzinger. La presenza di Joseph Ratzinger pertanto era evidente. Inoltre, nel 2010 diversi articoli di stampa riferiscono – senza smentita – della presenza del Cardinale Ratzinger alla riunione. Allo stesso modo, in una biografia di Benedetto XVI pubblicata nel 2020 si legge: “Da vescovo, nel corso di una riunione dell’Ordinariato nel 1980, egli aveva solo acconsentito che il sacerdote in questione potesse venire a Monaco di Baviera per sottoporsi a una psicoterapia” (Peter Seewald, Benedikt XVI., Droemer Verlag 2020, p. 938).

Nel rapporto si sostiene che:
Benedetto XVI abbia avuto un comportamento erroneo in altri tre casi. Infatti, anche in questi casi egli avrebbe saputo che i sacerdoti erano abusatori.

Ciò non risponde al vero, secondo le nostre verifiche infatti:
In nessuno dei casi analizzati dalla perizia Joseph Ratzinger era a conoscenza di abusi sessuali commessi o del sospetto di abusi sessuali commessi dai sacerdoti. La perizia non fornisce alcuna prova in senso contrario.
Riguardo al caso del sacerdote X, pubblicamente discusso nella riunione dell’Ordinariato del 1980 per quanto concerne la sistemazione da dargli per una terapia, lo stesso perito – durante la conferenza stampa del 20.01.2022, in occasione della presentazione del rapporto sugli abusi – ha affermato che non sussiste alcuna prova che Joseph Ratzinger ne fosse a conoscenza. Alla successiva domanda di una giornalista se i periti fossero in grado di dimostrare che Joseph Ratzinger fosse stato a conoscenza del fatto che il sacerdote X avesse commesso abusi sessuali, il perito affermava chiaramente che non c’è alcuna prova che Joseph Ratzinger ne fosse a conoscenza. Secondo l’opinione soggettiva dei periti sarebbe semplicemente “maggiormente probabile”.
È possibile trovare la conferenza stampa al seguente link: QUI.
Al minuto 2:03:46 si trova la domanda della giornalista: “Anche la mia domanda si riferisce ancora al caso del sacerdote X. Lo studio legale può dimostrare che il Cardinale Ratzinger allora era a conoscenza del fatto che il sacerdote X fosse un abusatore? Che significa in questo contesto ‘maggiormente probabile’?” […] Un perito risponde: “[…] Maggiormente probabile significa che lo presumiamo con una maggiore probabilità. […]”.
La perizia non contiene alcuna prova che corrobori l’accusa di comportamento erroneo o di concorso in copertura.
Da arcivescovo il cardinale Ratzinger non fu coinvolto in alcuna copertura di atti di abuso.

Nel rapporto si sostiene che:
Nella memoria presentata Benedetto XVI avrebbe minimizzato atti di esibizionismo. Quale prova per quest’affermazione è riportata la seguente indicazione contenuta nella memoria: “Il parroco X è stato notato come esibizionista, ma non come abusatore in senso proprio”.

Ciò non risponde al vero, infatti:
Nella memoria presentata Benedetto XVI non ha minimizzato il comportamento esibizionista, ma lo ha espressamente condannato. La frase utilizzata come presunta prova della minimizzazione dell’esibizionismo è decontestualizzata.
Nella memoria infatti Benedetto XVI afferma con la massima chiarezza che gli abusi, esibizionismo incluso, sono “terribili”, “peccaminosi”, “moralmente riprovevoli” e “irreparabili”. Nella valutazione canonica del fatto, introdotta nella memoria da noi collaboratori secondo il nostro giudizio, si è solo voluto ricordare che per il diritto canonico allora vigente l’esibizionismo non era un delitto in senso stretto, poiché la relativa norma penale non comprendeva tra le fattispecie comportamenti di quel tipo.
Per questo la memoria presentata da Benedetto XVI non minimizzava l’esibizionismo, bensì lo condannava chiaramente ed esplicitamente.
Questa analisi dei fatti è stata redatta dai collaboratori del Papa emerito in tedesco. Se si trovassero divergenze linguistiche, farà fede la versione in lingua tedesca.

Prof. Dott. Dott. Stefan Mückl – Roma (Diritto canonico)
Prof. em. Dott. Dott. Mag. Helmuth Pree – Ludwig-Maximilians-Universität, Monaco di Baviera (Diritto canonico)
Dott. Stefan Korta – Buchloe (Diritto canonico)
Avvocato Dott. Carsten Brennecke – Colonia (Diritto alla libertà d’espressione)


Testo tedesco dell’analisi: QUI.

Editoriale
Confessione personale dal profondo del cuore
di Andrea Tornielli
Vatican News, 8 febbraio 2022


“Mea maxima culpa” per il peccato abominevole degli abusi e gli errori che si sono verificati. Lo sguardo cristiano del Papa emerito che esprime “profonda vergogna”, “grande dolore” e “sincera domanda di perdono”.

Come aveva promesso, alla fine ha parlato Benedetto XVI. Ha parlato da cristiano. Un cristiano quasi novantacinquenne, che vive gli ultimi anni della sua lunga vita sempre più fragile nel corpo, con la voce flebile e la mente lucida, e che si è trovato ancora una volta al centro di accuse e polemiche. La breve e accorata risposta nasce dal suo profondo sguardo di fede. Ratzinger ha tratto dall’atto penitenziale della Messa quotidiana lo spunto per la sua personale e commovente “confessione”. All’inizio di ogni liturgia eucaristica, celebrante e fedeli ripetono il “mea culpa” terminando con le parole “mia grandissima colpa”. È la coscienza dell’essere peccatori e dunque bisognosi di implorare misericordia e perdono. Un atteggiamento “penitenziale” lontano sia dal trionfalismo che considera la Chiesa una potenza terrena, sia da quello stile aziendalista che ne riduce la vita a organizzazione, struttura e strategie. Un atteggiamento lontano pure dalla diffusissima attitudine a giudicare sempre gli altri e le loro colpe, invece di interrogarsi sulle proprie.

Joseph Ratzinger da prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, all’inizio del nuovo millennio ha ingaggiato una lotta contro gli abusi clericali. Da Papa ha promulgato leggi molto dure per combattere questa abominevole piaga. Ma nella sua lettera non ricorda o rivendica nulla di tutto ciò.

I giorni successivi alla pubblicazione del rapporto sono stati per lui l’occasione per un “esame di coscienza” e una personale “riflessione” su quanto accaduto. Il Papa emerito dice di aver guardato negli occhi “le conseguenze di una grandissima colpa” nell’incontro con coloro che sono stati abusati, e di aver imparato che “noi stessi veniamo trascinati in questa grandissima colpa quando la trascuriamo o quando non l’affrontiamo con la necessaria decisione e responsabilità, come troppo spesso è accaduto e accade”. Esprime “profonda vergogna”, “grande dolore” e “sincera domanda di perdono” per tutti gli abusi e gli errori, anche per quelli che si sono verificati durante il tempo del suo mandato nei rispettivi luoghi dove ha prestato servizio, in Germania e a Roma. Scrive, senza chiamarsene fuori, di sentirsi lui stesso interpellato dall’atteggiamento di chi ancora oggi sottovaluta il fenomeno, cioè da chi dorme, proprio come dormivano gli apostoli sul Monte degli Ulivi lasciando da solo Gesù a pregare e a sudare sangue di fronte all’abisso del peccato. Chiede ai “fratelli e alle sorelle” di pregare per lui.

Quelle di Benedetto XVI nella lettera sono le parole di un anziano inerme, che avverte ormai vicino l’incontro con quel Dio il cui nome è misericordia. Sono le parole di un “umile lavoratore nella vigna del Signore”, che chiede sinceramente perdono senza sfuggire alla concretezza dei problemi e invita tutta la Chiesa a sentire come propria la ferita sanguinante degli abusi.

Padre Federico Lombardi, S.I.: Papa Ratzinger non ha mai cercato di nascondere il male nella Chiesa
Il Presidente della Fondazione vaticana “Joseph Ratzinger – Benedetto XVI”, già portavoce del Papa emerito: “Da collaboratore posso testimoniare che per lui il servizio alla verità è sempre stato al primo posto anche per ciò che era doloroso”
di Gabriella Ceraso
Vatican News, 8 febbraio 2022


Padre Federico Lombardi, già direttore della Sala Stampa della Santa Sede, commenta la lettera diffusa dal Papa emerito.

Che cosa l’ha colpita di questa lettera?
Mi ha colpito proprio la sua sincerità, la sua intensità e la sua profondità. Come lui dice nel testo della lettera, ha vissuto un periodo doloroso in cui ha fatto un esame di coscienza, egli stesso: sulla sua vita, sui suoi comportamenti, sulla situazione della Chiesa oggi. Ha riflettuto su questo. La lettera che è il risultato di un tempo profondo, doloroso, di esame sincero davanti a Dio. È una persona anziana, che sa di andare verso l’incontro con il Signore e quindi verso il giudizio di Dio, e questo dice la grande sincerità e profondità del testo e del modo in cui egli vive questa risposta che dà, dopo un periodo che è stato certamente di riflessione e di sofferenza per lui, ma anche di grande dibattito nella Chiesa, di confusione, di sconcerto … Lui dà la sua testimonianza, un aiuto per vedere con verità, con obiettività e con sincerità e serenità, la situazione e le prospettive.

Che significato ha la richiesta di perdono contenuta nella lettera?
Il Papa emerito si pone in una situazione che lui vive ogni giorno, celebrando l’Eucaristia. All’inizio della Messa c’è questa domanda di perdono prima di incontrare il Signore, e lui la vive sempre molto profondamente. E questo coinvolge tutta la sua riflessione sulla situazione sua personale e della Chiesa, in cui egli si sente coinvolto. Quindi dà a queste parole che noi abbiamo ripetuto innumerevoli volte – mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa – una grande intensità. Cerca di vedere con totale chiarezza che cosa è questa grandissima colpa in cui anche lui si sente coinvolto, in solidarietà con la Chiesa intera. E precisa che si tratta in questo tempo e in questo suo tempo di riflessione, proprio della grandissima colpa che comporta tutta la vicenda degli abusi sessuali. Lui svolge questa riflessione penitenziale di fronte alle stesse vittime degli abusi. Evoca gli incontri che lui ha avuto con le vittime e la conoscenza sempre più profonda della gravità delle sofferenze delle vittime e delle conseguenze che questi abusi hanno. Manifesta, con grande sincerità e in modo molto esplicito, vergogna, dolore, domanda sincera di perdono. Sono espressioni che in questi anni abbiamo sentito anche sulla bocca di Papa Francesco e sono quelle che ritornano profondamente anche in lui che rivede un po’ tutta la sua vicenda sul tema degli abusi, dalle sue prime esperienze nella diocesi di Monaco alla responsabilità che ha avuto a Roma, al Pontificato stesso. Questa sua riflessione non dev’essere considerata come astratta e generica, ma concreta: lui fa riferimento alla mancanza di attenzione nei confronti delle vittime, al dormire dei discepoli di fronte alla sofferenza di Gesù, in cui naturalmente è inclusa anche la sofferenza delle vittime; al non impegnarsi con sufficiente decisione per combattere questa piaga e questi crimini … Quindi fa dei riferimenti molto precisi a questa realtà, non sviluppa un discorso astratto e generico. Allora, la sua domanda di perdono è anche, alla fine, una domanda di preghiera per lui, rivolta a Dio ma anche ai fratelli e alle sorelle, quindi alle vittime come tali e a tutta la comunità della Chiesa che si sente coinvolta in questa grande colpa davanti a Dio. Una domanda molto ampia in cui lui si sente coinvolto e vede tutta la realtà della gravità di questa vicenda come qualche cosa da cui bisogna domandare perdono, purificarsi e impegnarsi con tutte le forze per cambiare atteggiamento ed essere più fedeli all’esigenza del Vangelo.

Padre, il Papa emerito è stato accusato di avere mentito circa la sua partecipazione alla riunione del gennaio 1980, quando si decise di accogliere nella diocesi di Monaco un sacerdote abusatore. Che cosa è accaduto?
C’è un riferimento anche nella lettera del Papa emerito e poi c’è una spiegazione più dettagliata in un allegato che viene pubblicato, firmato dai consulenti, dagli esperti giuridici che hanno aiutato il Papa nella risposta agli addebiti, sia nella prima risposta che avevano dato, sia adesso in una presa di posizione sintetica e conclusiva su questa vicenda. C’è stato, nella prima risposta – lunga, di 82 pagine – data a coloro che stavano redigendo il Rapporto, un errore: si diceva che il Papa non aveva partecipato a una riunione. Proprio pochi giorni dopo la pubblicazione del Rapporto, il Papa stesso – il Papa emerito, sempre – naturalmente ha fatto fare una dichiarazione in cui diceva: “No, non è vero: io ho partecipato a questa riunione, e chiederò di spiegare come è avvenuto questo errore che ha suscitato una certa – diciamo – confusione, naturalmente, e una certa eco. E nell’allegato, coloro che hanno redatto questa risposta spiegano come questo è avvenuto all’interno del processo di redazione di questa lunga risposta. Spiegano però che questo non influisce sulla sostanza del fatto che l’arcivescovo – allora Ratzinger – non conoscesse la realtà dell’accusa di abuso nei confronti di questo sacerdote e che quindi l’errore è il risultato di una svista nella redazione, ma non qualcosa che fosse stato consapevolmente scritto per negare una presenza (che del resto risultava dal protocollo della riunione e da altre situazioni) e che quindi non c’era motivo di negare. Qui, adesso, non entrerei troppo nel particolare. Il punto è questo: il Papa emerito ha sofferto di questa accusa che gli è stata fatta di essere un mentitore, di avere consapevolmente mentito a proposito di situazioni concrete. Non solo, ma anche nel complesso del Rapporto le accuse diventano di essere stato consapevolmente un copritore di persone abusatrici, e di avere avuto quindi mancanza di attenzione e disprezzo nei confronti delle sofferenze delle vittime. Allora il Papa emerito risponde: “No, io non sono un mentitore. Quest’accusa mi ha suscitato grave sofferenza, ma io attesto di non essere un mentitore”. Io devo dire, anche personalmente, che sono assolutamente convinto, credo che sia giusto che lui rivendichi la sua veridicità. Perché è una caratteristica della sua personalità e del suo comportamento durante tutta la vita, che io posso anche testimoniare, avendo vissuto vicino a lui come collaboratore per diversi anni: il servizio della verità è stato sempre al primo posto. Egli non ha mai cercato di nascondere quello che poteva essere doloroso riconoscere per la Chiesa; non ha mai cercato di dare una bella immagine falsa della realtà della Chiesa o di quello che avviene. Quindi io ritengo assolutamente che non si possa dubitare in nessun modo della sua veridicità. E questo lui lo attesta, credo che sia giusto accoglierlo con fiducia e con convinzione.

Ritiene che questa lettera possa avere un significato per la Chiesa, in questo momento particolare di difficoltà?
Certamente questa lettera manifesta un atteggiamento penitenziale profondissimo e molto sincero, di coinvolgimento e di condivisione della sofferenza delle vittime ma anche di tutto ciò che questo ha significato, non solo per le vittime ma anche per la comunità ecclesiale. E questo atteggiamento penitenziale sincero davanti a Dio è – credo – una grande testimonianza cristiana che egli ci dà. C’è un ultimo aspetto, però, che egli ha voluto esprimere nella lettera e che mi sembra importante, ed è quello che per quanto sia giusto riconoscere la gravità della colpa – gravissima colpa – e il peso delle sue conseguenze anche su di noi, spiritualmente, non bisogna perdere la speranza. Egli, sentendosi di fronte al giudizio di Dio, imminente, al termine della sua vita, lui dice: “Ma, in questa situazione, io tuttavia, per quanto possa avere paura o timore di fronte al giudizio, sento la vicinanza di Gesù Cristo come amico, come fratello e sento che la grazia di Dio mi aiuterà a passare anche attraverso la porta della morte e ad incontrare il Signore”. Ecco: questo fatto che noi viviamo una situazione di grande umiliazione, di grande sofferenza della Chiesa insieme alle vittime e a partire da quello che è successo, non deve farci disperare. Dobbiamo continuare a guardar anche alla grazia del Signore, ad avere fiducia in lui.

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