Superlega europea nel calcio? Tanto rumore per nulla

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La paventata Superlega del calcio in pochi giorni ha creato uno sconquasso mediatico con interventi autorevoli; considerazioni dei tifosi; mal celati eventuali provvedimenti da parte delle organizzazioni che governano il calcio nazionale ed europeo; interventi dei diretti interessati e così via. Dopo tutto questo roboante rumore, ad oggi non vi è stata alcuna vera nascita.

I fondatori si sono più o meno disciolti, e il progetto attualmente sembra essere in stand by.

Un mio recente articolo su altra testata giornalistica (Panathlon Planet), nella piena forza del progetto, iniziava con questa frase: «Ma di cosa ci meravigliamo? Ormai non esistono più sentimenti nel calcio; non esiste più attaccamento alla maglia; alcune volte non esiste una dirigenza indigena che mette passione nella squadra per legame con la città. Viviamo in un mondo globalizzato nel bene e nel male, dove il “dio danaro” la fa da padrone”».

Tutto questo, per noi nostalgici, va a scapito della passione del tifoso che saltava anche il pranzo domenicale per andare allo stadio, che si sottoponeva a lunghe trasferte per vedere le partite fuori casa, che vedeva solo la terna arbitrale in giacchetta nera correre in lungo e in largo per il campo, che con la radiolina gracchiante ascoltava “tutto il calcio minuto per minuto”.

Ormai la tribuna e le curve per molti sono sostituite dalle poltrone di casa, lo stadio è scrutato dalle telecamere in ogni punto, l’orario delle partite è organizzato secondo un’attività sponsorizzata, i commenti degli opinionisti ci privano anche di discutere al bar con gli amici, forse in ogni città si riducono i famosi “bar dello sport”.

Gli arbitri hanno giacchette colorate e sono a loro volta coadiuvati dal VAR.

Come ho sempre sostenuto, preferivo “l’uomo in nero” anche con le eventuali e possibili sviste ma che incuteva rispetto ai giocatori”.
Tutto questo, che non c’è più, fa parte della massificazione che ormai incombe sul nostro modus vivendi et agendi, attualmente aggravato dallo stato pandemico.

Business is business e la superlega, è l’evoluzione dei tempi.

La nostalgia ci rende anacronistici, tutto scorre e non torna indietro, al meno che non aspettiamo i corsi e ricordi storici di Giambattista Vico.

Non condivido per nulla di voler arrestare questo progetto manageriale, ovviamente lasciando l’italico tenzone alle altre squadre del nostro amato Stivale.

Articolo pubblicato oggi sul quotidiano Roma [QUI].

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