La scomparsa del Prof. Giuseppe Dalla Torre Del Tempio di Sanguinetto, già Rettore della LUMSA e Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano

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Si è spento oggi, 3 dicembre 2020, il Prof. Giuseppe Dalla Torre Del Tempio di Sanguinetto, Rettore dell’Università LUMSA di Roma dal 1991 al 2014 e Presidente del Tribunale dello Stato della Città del Vaticano dal 1997 al 2019. Nel corso degli anni è stato consultore di diversi dicasteri della Santa Sede. Il suo disinteressato impegno civile è risaltato anche nel mandato di consigliere comunale di Roma in anni molto complessi.

Nato a Roma nel 1943, ha svolto i primi incarichi di docenza nelle Università di Modena e di Bologna, come professore ordinario di Diritto Ecclesiastico e Canonico e docente di Costituzionale. Trasferitosi nel 1991 a Roma è stato nominato Rettore della LUMSA, incarico che ha ricoperto fino alla quiescenza, nel 2014. Ha guidato con sapienza e saggezza lo sviluppo dell’Università LUMSA da ogni punto di vista: in termini di spazi, di offerta formativa, di attenzione scientifica e di crescita della comunità accademica. Ha mantenuto fino ad oggi la guida della Scuola di Alta Formazione in Diritto Canonico, Ecclesiastico e Vaticano.

Presidente Nazionale dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, è stato membro del Consiglio Universitario Nazionale dal 1997 al 2006 e del Comitato Nazionale per la Bioetica. In ambito accademico è stato Vicepresidente del Coordinamento Regionale delle Università del Lazio (CRUL) e Vice Presidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI).
Giuseppe Dalla Torre è stato insignito nel corso della sua lunga carriera di numerose onorificenze: Cavaliere di Collare e Luogotenente Generale dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, Grande Ufficiale dell’Ordine di San Gregorio Magno, Grande Ufficiale dell’Ordine al merito melitense.

Tutta la comunità universitaria della Libera Università Maria SS. Assunta, che lo ricorderà nella seduta del Senato Accademico di domani, si stringe intorno alla sua famiglia e ne condivide il dolore, si legge sul sito della LUMSA.

Il messaggio del Rettore

Quest’oggi Giuseppe Dalla Torre ci ha lasciato.
Ciascuno di noi lo ha conosciuto, ha un vivo ricordo personale: è stato per tutti noi un maestro e per molti un padre. Lo ricordiamo con gratitudine e ci impegniamo a sviluppare la sua testimonianza di vero e di bene, una testimonianza di servizio. Tra le sue numerosissime e importanti opere vorrei ricordare un piccolo libro che ce lo consegna nel suo stile, nel suo orizzonte, nel suo convinto, semplice e schietto essere cattolico, apostolico e romano: Papi di famiglia: Un secolo di servizio alla Santa Sede. Leggendolo ce lo troviamo presente e continuiamo con lui il dialogo, la conversazione di una vita.
Condividiamo il dolore della signora Nicoletta e di Paola e insieme preghiamo il Signore, all’inizio di questo tempo di Avvento, che ci prepara, nella speranza cristiana, alla certezza della vita che non ha fine, nel Suo amore infinito.
Francesco Bonini
3 dicembre 2020

Le esequie si terranno sabato 5 dicembre alle ore 10.00 all’Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro.

Il commiato dall’Ateneo

30 settembre 2014, ore 18.13: spengo le luci ed esco dalla stanza del rettorato. Una stanza ormai spoglia, nella quale la voce rimbomba, che sembra quasi altra rispetto a quella in cui sono vissuto quotidianamente per ventitré anni. I libri della biblioteca di mio padre sono stati portati via; le poche carte e pubblicazioni di mia pertinenza sono ormai nel nuovo studio, al terzo piano.
Mentre varco la soglia, in un attimo quasi un quarto di secolo sfreccia nella memoria. Tante persone sono passate in quegli ambienti, per le ragioni più varie; di lì ho visto, tra soddisfazioni ed inevitabili momenti di preoccupazione ed ansietà, crescere rigogliosamente una istituzione di ricerca e di formazione, al punto tale da essere irriconoscibile rispetto a quando vi entrai, con titubanza, venendo dalla prestigiosa Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bologna. Avevo avuto una qualche incertezza ad accettare l’invito, ancorché accompagnato dalle lusinghe di un rettorato promesso e soprattutto della prospettiva di un’opera di trasformazione da portare avanti, nel contesto del piano quadriennale di sviluppo delle Università italiane. In particolare mi si erano affacciati due problemi: è bene che uno dei pochi cattolici presenti nella superlaica Università felsinea, la più antica del mondo, abbandonasse la propria posizione? Non è forse vigliaccheria, o borghese ricerca del quieto vivere, cercare asilo in un ambiente accademico la cui tendenza cattolica coincide con le proprie convinzioni? L’abbandono dell’antico Ateneo non avrebbe segnato, in qualche modo, il disattendere l’insegnamento del Vaticano II circa le responsabilità che gravano sui fedeli laici, in ordine all’animazione cristiana delle realtà temporali in cui si trovano?
E poi l’altro assillo, che sollecitava il recondito orgoglio di un giovane accademico, se il passare dal prestigiosissimo insegnamento bolognese alla più modesta docenza romana, per giunta in un settore disciplinare diverso dal mio, non sarebbe stata una deminutio, un incosciente rinunciare al meglio accademico per venire incontro a comprensibilissime, ma pur sempre private esigenze personali e familiari.
Il primo dubbio mi fu scacciato dagli illuminati e paterni consigli di ecclesiastici illustri: il cardinale Achille Silvestrini e l’allora monsignore Giovanni Lajolo, con cui per molti anni avevo lavorato nella Commissione paritetica per la revisione del Concordato; ma anche lo stesso cardinale arcivescovo di Bologna, Giacomo Biffi. Il secondo dubbio fu fugato da una lapidaria affermazione di mio padre, intelligente ed ancora lucido nonostante fosse quasi alla vigilia della propria dipartita: “Il bastone di Maresciallo lo hai conquistato – mi disse con decisione, palesando così ancora una volta la propria cultura storica – , e questo ti qualifica ormai per sempre, in qualunque posto ti troverai ad insegnare”.
La decisione alla fine fu tranquilla e sicura, confidente in Maria Assunta.
Per provvidenziale disegno quella decisione fu felice e vincente, dandomi la possibilità di maturare tante esperienze ad alto livello: quasi un decennio al Consiglio Universitario Nazionale; primo rettore di una Università non statale ad essere eletto come vicepresidente della Conferenza dei rettori delle Università italiane; infine decano dei rettori italiani. Soprattutto quella scelta mi permise di cooperare, con tanti altri – docenti e non docenti, cui va la mia profonda e sincera gratitudine – ad uno sviluppo portentoso della LUMSA: come corsi di laurea, facoltà, sedi disseminate nel territorio nazionale.
È stata una navigazione affascinante ed entusiasmante, in mari non sempre tranquilli, ma che ha portato l’Ateneo ad essere conosciuto e stimato.
30 settembre 2014, ore 18.13: mentre esco per l’ultima volta dal mio studio rettorale penso con riconoscenza alle parole che, questa mattina, dopo aver aperto per l’ultima volta una seduta di Senato accademico invocando il Te Deum laudamus, i colleghi hanno voluto indirizzarmi con grande benevolenza. Penso all’incontro di ieri col personale non docente: un incontro commovente, da cui si evinceva un ricco tessuto umano e di sentimenti, caldo d’affetto, nel corso del quale ci siamo quasi rincorsi ad esprimere reciprocamente parole di gratitudine sincera.
Poi la memoria, fulminea, va indietro; ricorda tante persone care, soprattutto quelle che hanno più da vicino lavorato con me: Loretta, Manuela, Nicolina… Un requiem mi viene spontaneo.
Entro quindi nella segreteria del rettorato: le cose di Caterina, destinata ad altro ufficio, sono già state traslocate; Cristina è andata via; è arrivato Claudio, che sistema il suo computer per prepararsi alle incombenze nuove che lo attendono.
È rimasta Sonia: mi guarda negli occhi e stringe fortemente la mano, senza dire nulla. Ma è più che un discorso.
Quindi di fuori, a piedi, in mezzo alla folla anonima: tutti sono animati e chissà quali sentimenti si agitano nell’animo di ciascuno.
La vita, come un grande fiume, placidamente mi viene incontro e mi avvolge.
Giuseppe Dalla Torre
30 settembre 2014

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