L’anziano Cardinale Zen Ze-kiun viene a Roma per il Papa, che non ha tempo per lui | di Marco Tosatti, Aldo Maria Valli e Riccardo Cascioli

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Riporto tre densi e importanti articoli, degli amici e colleghi Marco Tosatti su “Stilum Curiae” e di Aldo Maria Valli su “Duc in altum” di ieri, domenica 27 settembre 2020, e di Riccardo Cascioli su “La Nuova Bussola Quotidiana” di oggi, lunedì 28 settembre 2020. Trovo particolarmente dolorosa questa cosa, visto che si tratta del comportamento del nostro Papa verso l’anziano Cardinale Zen Ze-kiun, Vescovo emerito di Hong Kong: “Se la qualità umana di una persona si vede anche dai dettagli, non so come si possa giudicare qualcuno – un capo – che non trova in quattro giorni mezz’ora per incontrare un anziano sacerdote, che a dispetto di qualche problema di salute decide per amore della Chiesa di sobbarcarsi un viaggio dall’altro capo del mondo” (Marco Tosatti).
Da notare l’osservazione di Riccardo Cascioli: ” È successo anche questo nella settimana in cui il Vaticano è stato sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo per il siluramento del cardinale Angelo Becciu. E, probabilmente, la vicenda che ha per protagonista il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, è anche più grave del caso Becciu, almeno per quanto riguarda la posta in gioco per la Chiesa”.

Foto La Nuova Bussola Quotidiana.

IL CARD. ZEN VIENE A ROMA PER IL PAPA, CHE NON HA TEMPO PER LUI
di Marco Tosatti
Stilum Curiae, 27 settembre 2020

Ieri ho incontrato il cardinale Joseph Zen, che è venuto apposta da Hong Kong – una permanenza limitata a sole 120 ore, quattro giorni – per vedere il Pontefice regnante, e parlargli della Chiesa di Hong Kong.
Il cardinale, 88 anni, è ripartito questa mattina senza che il Pontefice regnante lo ricevesse. Se la qualità umana di una persona si vede anche dai dettagli, non so come si possa giudicare qualcuno – un capo – che non trova in quattro giorni mezz’ora per incontrare un anziano sacerdote, che a dispetto di qualche problema di salute decide per amore della Chiesa di sobbarcarsi un viaggio dall’altro capo del mondo. Capisco che ci siano persone che possano essere giudicate imbarazzanti, fastidiose, e così via. Ma mi sembra vagamente di ricordare che fra le opere di misericordia ci sia anche quella di sopportare le persone moleste. O quelle che ciascuno ritiene, soggettivamente tali. Ma evidentemente il Pontefice regnante in questi giorni era troppo occupato a decapitare collaboratori per ricevere un suo consigliere fedele ed anziano.

Qui abbiamo raccolto alcune delle cose dette dal cardinale durante l’incontro che ha avuto con qualche amico e collega a Roma. Sulla situazione cinese, e ad Hong Kong, non è molto ottimista: “Siamo oramai al fondo”, e teme qualche sviluppo drammatico nel prossimo futuro.

– Sono venuto per una cosa per Hong Kong. Per perorare la causa del nostro futuro vescovo.
– Da più di un anno e mezzo siamo senza vescovo, a Hong Kong. All’inizio c’era la buona idea di fare vescovo l’ausiliare, che è rimasto quando è morto il vescovo; un francescano gentile, ma anche coraggioso: mons. Joseph Ha Chi-shing.. Ha criticato il governo gentilmente, senza gridare.
– Si parlava di questo vescovo ausiliare come successione. Adesso invece dicono ci vuole uno che abbia la benedizione di Pechino, tirano fuori un prete, Peter Choi. Molti di noi non lo vedono bene. La comunità era divisa.
– A un certo punto hanno capito che non era una scelta conveniente e hanno detto: cerchiamo una terza persona. In questi giorni vedo, sospetto che l’altro gruppo stia tentando di mettere di nuovo in corso il secondo nome, cioè Peter Choi.
– Sono venuto con una lettera per il Santo Padre, per dirgli che se è così sarà un disastro per la Chiesa di Hong Kong, un disastro per decenni. Gli ho detto sono qui per tre-quattro giorni, se vuole chiamarmi…ma non sono stato chiamato. Ho consegnato la lettera che avevo scritto per il Papa al segretario personale, Gonzalo Aemilius. Capisco, sarà occupatissimo… Ho aspettato quattro giorni, di essere chiamato, ma non sono stato chiamato. Allora oggi riparto. Sarà orribile se fanno Peter Choi. Ridicolo che sia preferito solo perché piacerebbe a Pechino. Pechino è un tiranno.


Il cardinale Zen a Roma. “Ho chiesto udienza a Francesco, ma da Santa Marta neppure un cenno”
di Aldo Maria Valli
Duc in altum, 27 settembre 2020

“Che disastro!” Il cardinale scrolla la testa e alza gli occhi al cielo, come per dire: “Signore, perché permetti tutto questo?”. Ma non è triste o sfiduciato. Anzi, è più combattivo che mai.
Il cardinale Zen, ottantotto anni compiuti lo scorso gennaio, ha sempre la stessa aria giovanile. L’udito sta diminuendo, e anche le gambe non funzionano più tanto bene, ma la verve è rimasta quella di sempre.
Ci vediamo a Roma, nelle ultime ore di un suo breve soggiorno (centoventi ore, quante gli sono state concesse dalle autorità di Hong Kong), motivato dal desiderio di incontrare il papa. Ma da Santa Marta, per l’anziano cardinale, neppure un cenno, neppure un saluto. Allora Zen ha consegnato a uno dei segretari particolari di Francesco una lettera, nella quale si occupa della questione del nuovo vescovo di Hong Kong. “Ormai da più di un anno e mezzo – dice – siamo senza vescovo. C’era l’idea di nominare monsignor Joseph Ha, l’ausiliare. Adesso invece salgono le quotazioni di monsignor Peter Choy, uno dei quattro vicari, troppo vicino a Pechino. Nella lettera avverto il papa: nominare Choy sarà un disastro.  Sono rimasto per il tempo consentito, ma da Santa Marta nemmeno un cenno”.
Lucidissimo, il cardinale Zen accenna anche all’accordo, tuttora segreto e scaduto pochi giorni fa, tra Pechino e Santa Sede. “Inconcepibile – dice – che sia rimasto segreto anche per chi si occupa da vicino di questi problemi. Non si può procedere in questo modo”. “Comunque a Pechino – aggiunge – non tutti vogliono la ratifica. C’è una componente del Partito che non vuole accordi: sono i più duri, quelli secondo i quali la Chiesa va semplicemente controllata e, se occorre, schiacciata, senza accordi di sorta. Xi Jinping ha molto potere ma anche molti nemici interni: lì la guerra tra bande non finisce mai”.
“Pensare di fare accordi con Pechino è folle. Non ci si accorda con il diavolo. Il diavolo lo si combatte e basta! La Chiesa non prende ordini dai governi, e questo vale ovunque”.
Spiritoso, brillante, sincero, il cardinale Zen parla con libertà e competenza. Un onore averlo potuto incontrare ancora una volta.  Un indomito difensore della fede e della Chiesa. Questa mattina è già ripartito alla volta di Hong Kong.

L’ultimo appello del cardinale Zen per la Cina e Hong Kong
di Riccardo Cascioli
La Nuova Bussola Quotidiana, 28 settembre 2020

Alla vigilia del rinnovo dell’accordo “segreto” tra Cina e Vaticano, il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, è stato quattro giorni a Roma nella speranza di poter incontrare il Papa per spiegargli le situazioni di Hong Kong e della Chiesa in Cina. Ma da Santa Marta non è mai venuta alcuna risposta. E alla Nuova Bussola Quotidiana dice: «Sono venuto per scongiurare la nomina di un vescovo filo-regime cinese a Hong Kong, sarebbe un disastro per i prossimi decenni». E sull’accordo con la Cina afferma: «Pensare di fare accordi con Pechino è folle. È come con il diavolo, non puoi dialogarci, o di qua o di là».
Un cardinale 88enne attraversa mezzo mondo per venire a Roma chiedendo di poter essere ricevuto dal Papa per una questione delicatissima, ma viene lasciato fuori della porta. È successo anche questo nella settimana in cui il Vaticano è stato sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo per il siluramento del cardinale Angelo Becciu. E, probabilmente, la vicenda che ha per protagonista il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, è anche più grave del caso Becciu, almeno per quanto riguarda la posta in gioco per la Chiesa.
Abbiamo incontrato il cardinale Zen a Roma sabato sera, quando ormai anche le ultime tenui speranze di una chiamata da Santa Marta erano svanite. Poche ore dopo si è imbarcato sull’aereo che lo ha riportato ad Hong Kong (da dove si collegherà sabato 3 ottobre in video conferenza per essere presente alla Giornata della Bussola). Cento ore gli erano state concesse in Italia, un permesso speciale per poter incontrare il Papa, e al ritorno nell’ex colonia britannica dovrà farsi l’ormai classico periodo di quarantena. Uno sforzo notevole, ma a casa torna con un pugno di mosche, il Papa non ha avuto tempo di riceverlo, lui è riuscito soltanto a consegnare una lettera a monsignor Gonzalo Aemilius, il segretario personale di papa Francesco.
Alla vigilia del rinnovo del tanto discusso accordo tra Santa Sede e Cina popolare sulla nomina dei vescovi, evidentemente nessuno deve disturbare il manovratore.
Ma non c’è solo la questione dell’accordo sino-vaticano sul tavolo: «Io sono venuto anzitutto per la diocesi di Hong Kong, per la nomina del nuovo vescovo», ci dice Zen. Potrebbe suonare strano mettere il problema della diocesi di Hong Kong davanti all’accordo per la Chiesa in Cina, ma la nomina del nuovo vescovo di Hong Kong sarà cruciale anche nel rapporto tra Cina e Santa Sede. «Sono preoccupato perché ci sono movimenti che fanno credere ci sia l’intenzione di scegliere padre Peter Choi. Sarebbe un disastro per la Chiesa di Hong Kong, un disastro di cui si pagherebbero le conseguenze per decenni». Il motivo è che mons. Choi è il nome gradito a Pechino.
Abbiamo raccontato lo scorso febbraio tutti i retroscena dietro la battaglia per la guida della diocesi di Hong Kong, che dal gennaio 2019 non ha un vescovo titolare. Sullo sfondo la prova di forza di Pechino per prendere il pieno controllo di Hong Kong malgrado l’accordo tra Cina e Regno Unito preveda l’autonomia del Territorio secondo il motto “Un Paese, due sistemi”; e l’accordo tra Cina e Santa Sede già menzionato. Ormai siamo a quasi due anni di stallo: inizialmente sembrava ovvia la nomina a vescovo dell’ausiliare Joseph Ha Chi-shing, ma il nome era fortemente sgradito a Pechino: ha dimostrato troppa simpatia per il movimento democratico che si ribella al colpo di mano del regime cinese.
La cosa rimane in sospeso finché nel febbraio scorso circola la notizia che la scelta sia ricaduta su uno dei quattro vicari della diocesi, monsignor Peter Choi Wai-man: nomina già fatta ma si aspetta per l’annuncio a causa del coronavirus. La sosta serve però alle autorità vaticane anche per rendersi conto che la nomina del filo-regime mons. Choi rischia di spaccare la Chiesa di Hong Kong. E il nome viene ritirato, ma per la nomina si cerca una terza figura.
A un certo punto, nei mesi scorsi, esce fuori il nome del vescovo di Macao, Stephen Lee Bun Sang, come probabile nomina. Ma anche questo nome tramonta. Ed ecco che ci sono segnali da Roma, per cui sembra certo il ritorno su monsignor Choi. Devono essere segnali ben forti e molto grande il pericolo di un vescovo come Choi, se il cardinale Zen, molto anziano e con problemi che gli rendono difficoltoso camminare, si è deciso a prendere un aereo e venire a Roma. È arrivato mercoledì, è riuscito a consegnare la lettera al segretario personale del Papa, e poi la lunga attesa, vana.
Se venisse nominato monsignor Choi – a parte la forte reazione che ci sarebbe nella maggioranza dei fedeli cattolici della diocesi – sarebbe la capitolazione definitiva della Chiesa davanti al potere politico cinese; significherebbe che l’accordo “segreto”, siglato due anni fa, in realtà dà mano libera al regine di Pechino. «Non bastano le buone intenzioni – dice il cardinale Zen -, bisogna capire le cose, bisogna conoscere i comunisti». Per questo voleva incontrare il Papa; spiegargli la situazione, appellarsi a lui perché scongiuri questo disastro per Hong Kong e per tutta la Chiesa. La nomina di un vescovo filo-regime, oltretutto in una diocesi che non rientra nel territorio a cui si applica l’accordo con la Cina, sarebbe un tragico segnale a tutto il mondo e anche ai fedeli cattolici.
Ma intanto si è rassegnati a vedere rinnovato l’accordo “segreto” tra Cina e Santa Sede: «A meno che prevalga l’ala sinistra del Partito comunista cinese – dice il cardinale Zen – che resta contraria a qualsiasi tipo di accordo: “Perché un accordo? Siamo noi che comandiamo e basta”, così ragionano». Ma è solo una differenza di strategia: «Il governo ha voluto che l’accordo rimanesse segreto, così possono imporre qualsiasi cosa dicendo che anche il Papa è d’accordo». Alla fine il risultato non cambia, decide il regime cinese e la Santa Sede è in silenzio.
«Non posso neanche giudicare l’accordo – prosegue Zen – perché non so cosa c’è scritto. Anche questo è incredibile: sono un cardinale cinese e non posso sapere che cosa la Santa Sede ha deciso per la Chiesa cinese». Ma in realtà quando si parla di accordo sino-vaticano, il cardinale Zen è un fiume in piena: «L’accordo riguarda la nomina dei vescovi: ebbene in due anni non c’è stata alcuna nomina nuova. In compenso, con il pretesto dell’accordo sono stati riconosciuti dalla Santa Sede sette vescovi scomunicati». Per non parlare dell’intensificarsi della persecuzione contro i cattolici, di cui abbiamo dato più volte conto: «È tornato il tempo delle catacombe», dice rassegnato Zen.
Quello del vescovo emerito di Hong Kong è un appello accorato, che vuole scongiurare una tragedia per la Chiesa intera: «Il comunismo non è eterno – dice ancora Zen – e quando cadrà si troverà che la Chiesa ha collaborato con questo regime disumano, non avrà più alcuna autorità morale». Non si possono fare accordi con questo regime: «Pensare di fare accordi con Pechino è folle. È come con il diavolo, non puoi dialogarci, o di qua o di là».
Le parole chiare del cardinale Zen risuonano forte e si deve sperare facciano breccia nelle stanze segrete di Santa Marta malgrado la porta sbattuta in faccia dal Papa al vescovo emerito di Hong Kong.

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