Il Papa in Libano perchè si va dove c’è bisogno

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La libertà religiosa è uno dei temi che il Papa ha posto al centro del suo pontificato. Lo ha fatto in Francia, negli Stati Uniti, nei paesi dell’ America Latina e nell’ Occidente secolarizzato. Ma soprattutto lo ha fatto in Libano, nel Medio Oriente dove sembra che religione voglia dire contrasto. Invece Benedetto XVI ha portato due parole: comunione e testimonianza. Cioè dialogo ed identità. Libertà di essere se stessi per i cristiani, ma anche voglia di parlare con l’altro, riscoprire una alterità che serve a costruire una nuova società, quella che dovrebbe poter nascere dalla primavera araba, quella vera, quella che anche i cristiani devono contribuire a costruire per evitare la deriva di una libertà urlata che invece si trasforma in intolleranza. Lo ha detto in aereo il Papa e lo scritto nella Esortazione apostolica post sinodale. Un testo che traccia la linea di azione delle Chiese orientali, che pone la basi di una vera costruzione politica e sociale. Una politica terrena di pace che deve nascere dalla Giustizia in Dio e tra gli uomini. Sana laicità, dice Benedetto XVI nel documento per il Medio Oriente.

Una espressione che sembra assurda nel paese che è la culla di almeno 18 fedi e confessioni, ma un concetto necessario per un paese dove la guerra è stata “di religione” per decenni. La sana laicità è liberare la fede dalla politica, è arrivare alla completa libertà religiosa, culmine di tutte le libertà. Ci vuole coraggio per portare questi temi in una regione dove sembra che libertà sia una parola sconosciuta. Un paese segnato ancora dalle guerre, dove i grandi palazzi moderni si intrecciano con le rovine della guerra e la miseria di gente che non ha nulla da sperare. Un paese dove incontri un islamico che prega in ginocchio per strada a fianco ad un palazzo con le candele alle finestre per salutare il passaggio del Papa. E lui, anziano ma pieno di energia e di volontà dice subito che non ha pensato mai neanche un attimo a non fare questo viaggio: anzi, proprio dove c’è bisogno si deve andare. Nonostante un’atmosfera pesante per anniversari funesti come Sabra e Shatila e 9/11, e vicinissimi come gli atti violenti in Libia e anche in Libano nel pomeriggio di venerdì. Terrorismo e paura che si alimentano con la vendita delle armi “un peccato grave” dice il Papa. Importiamo idee dice Benedetto XVI. E il suo viaggio in Libano serve proprio a questo, a dimostrare che la pace è possibile solo se c’è dialogo.

E anche per questo ai cristiani il Papa dice che bisogna ricominciare dalla formazione, dalla purificazione della fede, dalla voglia di creare un mondo che sia degno di essere vissuto. Il viaggio del Papa in Libano è un messaggio chiaro, forte, la sua presenza è la volontà stessa di dire basta al fondamentalismo e alla incapacità di incontro che sempre fa scorrere sangue in Medio Oriente. Ecco che devono fare i cristiani, continuare ad esserci proprio come cristiani, non fuggire, non far dimenticare le parole che Gesù pronunciò in queste terre, ma insegnarle a tutti. Il viaggio inizia nel giorno della Esaltazione della Croce, il Papa lo ha ricordato prima di firmare Ecclesia in Medio Oriente. Ma la croce non ha senso senza la resurrezione. E’ questo il messaggio di Benedetto XVI che con dedizione e amore abbraccia tutti i libanesi e indossa la stola che gli regala, a sorpresa, il Patriarca Greco Melkita Lahm In molti cercano di dare una connotazione politica a questo viaggio, alle parole del Papa. Ma il messaggio è molto più alto. E’ un dono.

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