Coloro che ci tolgono e ci “concedono” libertà e diritti costituzionali come fossero nocciolini, sono degli inetti, devono essere mandati a coltivare i campi

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In questo tempo abbiamo visto le nostre libertà individuali e diritti costituzionali negati in modo dittatoriale. E coloro che sempre pontificano su democrazia, diritti umani, sacrosanta libertà l’hanno accettato senza batter ciglio. In cambio di della nostra sicurezza, ci dicono. Il baratto è proprio così: libertà in cambio di sicurezza. Ed è uno scambio per niente nuovo. Già lo filosofo Thomas Hobbes, nella sua teoria politica parlava di uno stato di natura violento ed aggressivo, dove gli uomini che lo abitano, per paura di essere uccisi vicendevolmente, si fanno la guerra tra loro e si uccidono: “Homo homini lupus”.

Al fine di preservare il genere umano e nella consapevolezza che in uno stato di guerra perenne è impossibile vivere, si rende pertanto necessaria l’istituzione della società civile, la quale ha il compito di garantire e preservare la sicurezza dei suoi cittadini. Ma non in cambio della loro libertà. La libertà non è merce di scambio e nessuno può metterci davanti alla scelta: morire come uomini liberi o vivere come schiavi.

Sul merito della questione abbiamo già parlato molto in questa rubrica. Adesso lascio la parola al Prof. Marco Brusati con un suo “social note” sul merito. E per chi non lo sapesse ancora: concordo al 100%, da quando ho memoria su cosa significa la libertà. Mia e altrui.

Trattano la nostra libertà come olive e patatine durante un aperitivo: una cosa da mangiare mentre si parla d’altro
di Marco Brusati
Marcobrusati.com, 26 maggio 2020

«Non ringrazierò mai chi mi restituisce la libertà. Semmai gli chiederò conto per avermela tolta»
Trattano la nostra libertà come olive e patatine durante un aperitivo: una cosa da mangiare mentre si parla d’altro. Ferme restando le disposizioni protettive, mascherine, guanti, disinfezioni, distanza e tutto quel che serve, non siamo ancora usciti di casa che leggiamo la prospettiva di ritornarci per altro tempo.
Non entro nel merito delle necessità, ma il tono con cui si parla di libertà mi impone una riflessione, perché il tono è sostanza, sia nella comunicazione, sia nella relazione e racconta come «ci» e «si» considera chi parla.
Nessuno pensi -o dica- di avermi restituito la libertà per grazia sua o per concessione dei guardiani del Palazzo. La libertà è, è stata e sarà sempre mia. Anche quando, per le più diverse ragioni, qualcuno me la toglie o se la prende, resta mia. Inalienabile. E chi la toglie, e chi la prende, e chi minaccia di prenderla e chi minaccia di toglierla deve sapere che di libertà si deve parlare con rispetto, delicatezza, persino con paura e timore, chiedendo permesso e per favore. Alla libertà altrui ci si deve sempre avvicinare come artificieri ad un ordigno da disinnescare. Perché chi tocca la libertà, deve renderne conto, prima o poi, nel merito delle scelte e nella misura delle stesse. La libertà è mia, è tua, è sua. La libertà è nostra, è vostra, è loro. Nemmeno Dio la tocca. E potrebbe.

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